lunedì 13 febbraio 2017

Cultura illuminista e filosofia (politica) empirica


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Nel secolo XVIII la cultura illuminista cercò di rifondare il pensiero
umano sui fondamenti della ragione invece che su quelli della presunta
verità rivelata delle religioni (le cui chiese, d'altronde, la
elaboravano come cosa propria).


Dal punto di vista logico i limiti del pensiero teologico sono
evidenziati dal dogmatismo, un metodo con il quale si può sostenere
che il sole ruoti attorno alla terra, le stelle siano fatte di una
misteriosa "quintessenza" e si muovano su sfere cristalline
invisibili, mentre il mondo intero sarebbe costituito da quattro
sostanze fondamentali, come terra, acqua, fuoco ed aria, assieme a
molte altre teorie dotate del fondamentale difetto della
inverificabilità ed infalsificabilità (per i pignoli, la
verificabilità è applicabile solo ai fenomeni particolari e non alle
leggi generali, mentre la falsificabilità è stata evidenziata da
Popper come criterio generale necessario ad evitare la qualifica di
"indeterminazione": se una tesi non è falsificabile il suo valore di
verità è condannato alla indeterminatezza).


Da un punto di vista applicativo i limiti del pensiero religioso
venivano invece evidenziati dalla sua incapacità alla realizzazione: i
comandamenti cristiani enunciano il divieto di uccidere e rubare,
mentre gli esseri umani hanno continuato a farlo esattamente come
prima, e non solo come eccezione bensì anche come metodo sistematico
di gruppo. come dimostrato dalla infinita serie delle guerre tra
nazioni.


Di fronte a tale fallimento non si può dire che i filosofi illuministi
non si siano impegnati attivamente, proponendosi di cambiare l'intera
interpretazione del mondo, ed esplorando con cura le basi razionali di
tutti i campi del sapere, per elaborare nuovi concetti di "verità",
"felicità", "legge" indipendenti dalla teologia.


Sarebbe bastato, a dire il vero, la semplice adozione del metodo
scientifico galileiano, successivamente sviluppato ancora da Newton,
il quale fonda la ricerca della verità sul continuo confronto tra
teoria ed esperienza osservativa: solo gli esperimenti possono dirci
se una tesi sia da confermare oppure no, e tutto entro i limiti della
precisione fino ad allora sviluppata, producendo quindi "verità" per
loro natura provvisorie, in quanto suscettibili di modifica
determinata da eventuali risultati successivi.


Tale metodo è eccellente, ma il suo dominio di applicazione è
limitato, e risulta palesemente difficile estenderne l'impiego ai
fenomeni sociali, all'etica ed all'estetica (la quale ultima, per
fortuna, non ne ha bisogno, potendo ognuno determinare a modo proprio
cosa consideri bello e cosa no, senza per questo troppo interferire
con l'esistenza e la libertà altrui).


Il prolifico (scrisse moltissimo) Voltaire era un teista, dunque
accettava l'esistenza di dio, considerandolo tuttavia un essere puro e
perfetto che non interviene in alcun modo nel mondo, le cui
caratteristiche possono essere conosciute solo attraverso la ragione,
lasciando agli umani il compito di comprendere la vita e quale sia il
"modo giusto" di vivere (probabilmente avrebbe potuto andare d'accordo
con Spinoza, con i taoisti ed i buddhisti).


In sostanza il suo metodo per costruire una nuova idea di uomo e
società umana fu quello di sviluppare il ragionamento a partire da
postulati iniziali ritenuti universalmente accettabili, tenendo
presente che comunque il postulato non è un dogma, poiché può essere
cambiato se si evidenzino motivi per farlo, mentre il dogma,
espressione di obbligatoria fede eterna, non lo può.


Il metodo è attraente, e per molti versi intellettualmente interessante.
Ma anche in questo caso il fallimento è dato dalla sua applicabilità
concreta. Per quanto ogni singolo uomo possa costruire pazientemente
una sua visione filosofica razionale, e confrontarla con quella
altrui, il risultato sociale di questa operazione è moto scarso,
tant'è vero che l'umanità continuerà, nei secoli successivi, a
dichiarare ufficialmente l'adesione a sistemi etici puntualmente
contraddetti dalla prassi, e valga nuovamente l'esempio dell'omicidio
e del furto, i quali, assieme alle guerre (sintesi di gruppo delle due
nefaste attività) non sono affatto scomparsi né regrediti dai costumi
umani.


Quanto alla tolleranza, tanto invocata da Voltaire, non c'è bisogno di
ricordare quanto essa sia storicamente sopravvissuta.


Anche Kant, pure egli teista razionalista, riteneva che si dovesse
ridefinire l'uomo, le sue funzioni e i suoi comportamenti,
assoggettandolo all'analisi minuziosa della ragione, e nel suo spirito
metodologico innovatore simpatizzò fortemente con la Rivoluzione
Francese, o perlomeno con i suoi ideali. Ma neppure il suo pensiero
critico è riuscito ad imprimere una svolta sostanziale al
comportamento umano, e l'etica ufficialmente proclamata ha continuato
a rimanere sulla carta, come il libretto di istruzioni di un altro
prodotto, diverso dalla raffinata e complessa biomacchina umana.
Lodevole il tentativo di Karl Marx di rivedere completamente la
filosofia dell'essere umano e delle dinamiche sociali, demistificando
numerosissime contraddizioni determinate dalla falsità di classe delle
ideologie dominanti, ma siamo passati dal XIX al XXI secolo senza
vedere la nascita della liberazione socialista nè la scomparsa della
violenza umana.


E' intervenuto anche Nietsche, prefigurando l'avvento del "superuomo",
libero da ogni dogma aprioristico e capace di sviluppare da sè l'etica
del proprio modo di vivere, e nonostante la tenacia della sua critica
anche in questo caso gli ormai 117 anni dalla sua morte non ci hanno
mostrato benefici superomistici.


Inevitabile, a questo punto, che la memoria corra allo scetticismo
dimostrato fin nell'antichità da Platone, il quale ammise
esplicitamente che i suoi sistemi etici e sociali ideali erano
probabilmente irrealizzabili da parte dell'umanità reale,
autoqualificandosi così come semplice speculatore teoretico, e
indicando dunque con felice preveggenza il destino futuro della
filosofia, quello di costruire discorsi astratti, una sorta di
enetertainement intellettuale, eventualmente a volte gradevole, poichè
tutti, tanto o poco, amano immaginare come "dovrebbero" (il
condizionale è d'obbligo) funzionare le cose (di solito: "come piace a
me"; ma siamo 7 miliardi di teste, dotate di una varietà di pensiero e
azione sbalorditiva).


In breve, ho appena qualificato la filosofia come una sorta di arte
letteraria, antica espressione dell'estetica intellettuale.


Nel frattempo la cultura europea ha prodotto un nuovo filone di
pensiero, a partire dalla prospettiva medica terapeutica di Sigmund
Freud, che è risultata efficace in alcuni casi individuali (ben
venga), ma la cui incidenza sociale complessiva, come al solito, non
ha intaccato le linee direttive fondamentali della società umana,
conflittuale in varia misura come e forse anche più di prima.


Rimane superstite la possibilità realistica di considerare gli esseri
umani per come è osservabile che siano: membri di una specie biologica
animale, con tutte le caratteristiche del caso, alle quali dopotutto
sembra inutile ribellarsi puerilmente.


E se guardiamo le cose da questo punto di vista comprendiamo che forse
abbiamo da imparare qualcosa di utile da Konrad Lorentz, John Maynard
Smith, Desmond Morris, Richard Dawkins, e tutti gli altri che hanno
cercato di comprendere come funziona la natura, di cui facciamo parte,
così com'è, non come si "vorrebbe che sia".


Vincenzo Zamboni



Integrazione filosofica nel concreto


La filosofia espressa dall'Unione Europea è quella della "stabilità
dei prezzi" (Trattato di Lisbona), ma, oltre a trattarsi di una scelta
arbitraria operata al di fuori delle regole democratiche (cosa che
deve indurre l'Italia a dichiarare nulli i trattati, in quanto
incostituzionali), il confronto con la realtà dei fatti mostra che si
tratta di una menzogna, una filosofia finta per una politica falsa e
bugiarda.


Se, infatti, i prezzi fossero stabili lo dovrebbe essere anche quello
della merce lavoro, che non dovrebbe essere soggetta a tiranniche
politiche padronali finalizzate all'abbassamento del costo del lavoro.
Se i prezzi fossero stabili dovrebbe esserlo anche il costo del
denaro, invece di trovarsi soggetto alle fluttuazioni provocate dai
mercati, dalle agenzie di rating, dal terrorismo mediatico sullo
"spread" e dai ricatti espliciti della Bce ("vi concediamo denaro a
patto che facciate le riforme che vogliamo noi").


Se i prezzi fossero stabili dovrebbe esserlo anche il costo dello
stato, che non dovrebbe aumentare tasse, prelievi ed accise per poter
pagare debiti detestabili fraudolenti.


Se i prezzi fossero stabili non dovrebbe esistere il fenomeno di
svendita e privatizzazione dei servizi, che fa pagare di più acqua,
sanità ed altri generi di pubblica necessità.


I politici dell'europeismo debbono essere tutti arrestati e processati
per i loro delitti e le loro frodi, tra le quali la menzogna continua
su cui hanno fondato la loro intera criminale azione contro i popoli.

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