giovedì 22 settembre 2016

Dopo il No al Referendum costituzionale urge la formazione di un nuovo progetto politico


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In un recente articolo di Antonio Pileggi sul Referendum costituzionale, l’autore sosteneva che bisogna “conoscere per votare” parafrasando un detto di Einaudi “conoscere per deliberare”. Ed è proprio a proposito di queste citazioni che mi è venuto di fare chiarezza sulla situazione storica in cui fu scritta la nostra Costituzione e quella in cui ci troviamo oggi.

Il sapiente don Benedetto (Croce) ha più volte ripetuto che se vuoi capire l’essenza di un Paese devi conoscere bene la sua storia e forse noi, cari compagni di strada di questo NO al Referendum, non abbiamo fatto abbastanza attenzione alla realtà in cui viviamo, o forse è successo solo al sottoscritto che imperterrito vi annoierà con le sue osservazioni, vista l’età non posso fare molto altro e mi scuso per la prolissità.

La Costituzione del 1947 fu dibattuta e concordemente* scritta in un momento particolarissimo della nostra storia da un gruppo di personaggi che eccezionalmente rappresentavano la nostra popolazione * (in realtà ci furono delle problematiche sull’approvazione dell’articolo 7 per la opposizione di “giustizia e libertà” e di altre componenti della sinistra tra cui alcuni del PCI ai quali ultimi Togliatti lasciò libertà di coscienza ).

Il momento era particolare perché:
- avevamo combattuto e perso malamente una guerra dichiarata improvvidamente dal regime fascista.
- La guerra, oltre ai morti sui fronti delle operazioni, aveva portato morte e distruzione sul territorio nazionale  attraversato in tutta la sua lunghezza da eserciti in guerra tra di loro, bombardamenti sulle grandi città,  deportazioni ed una furiosa guerra civile soprattutto nel centro-nord del Paese.

La particolarità era anche dovuta al fatto che l’esercito vincitore (gli alleati) erano stati ricevuti, man mano che risalivano lo stivale, con acclamazioni e gioia dalla grande maggioranza della popolazione; con il chè le organizzazioni partigiane e i fuoriusciti politici che si erano opposti al regime fascista ed avevano collaborato con gli alleati risultavano anche loro i vincitori della guerra ed i naturali protagonisti dei futuri governi.

Si andava cioè accreditando come rappresentanza politica un gruppo di persone che nei precedenti venti e più anni era risultata fortemente minoritaria nella rappresentazione del Paese. La eccezionalità era dovuta alla attività del regime fascista! Era stato infatti quest’ultimo che, del tutto inconsapevolmente, aveva selezionato intellettuali, politici, scienziati, giornalisti etc che, contrari al regime furono imprigionati, si esiliarono in altri Paesi o rimasero silenti rinunciando a posizioni talvolta prestigiose o alla propria libertà in difesa irrinunciabile delle proprie idee. Questo gruppo non rappresentava dunque la media della classe dirigente italiana ma ne era una eccezione per l’alto attaccamento alle proprie idee, valore morale e, per molti ,  livello intellettuale.

Sono queste le ragioni per cui una popolazione con forti connotazioni di avversione per la struttura dello stato, familista e inserita piacevolmente nelle braccia della Chiesa Cattolica elesse un gruppo di politici, che evidentemente non la rappresentava nel suo sentire più profondo, i quali scrissero una delle più avanzate Costituzioni Democratiche del mondo!

Gli estensori della costituzione dimenticarono, molti volutamente, di raccomandare e specificare nel dettaglio al futuro governo la immediata emissioni di leggi e regolamenti per assicurare  la sussistenza della Costituzione e cioè assicurare che si praticasse l’educazione ai fini della Costituzione. Pare infatti fortemente improbabile che i costituenti non conoscessero il più importante provvedimento da prendere, a detta di Aristotele, per proteggere il più a lungo possibile una Costituzione: “le leggi più utili e approvate da tutti i membri della città non saranno di nessuna utilità se tutti i cittadini non saranno stati abituati ed educati come la Costituzione richiede (La politica – libro V°).

Poi ci fu il confronto con il Paese reale, con le ambizioni del PCI che, nella speranza di allargare l’elettorato a lui favorevole, condivise la decisione di non fare un processo al Fascismo e accettò di lasciare immutati, salvo eccezioni, gli organi di comando degli uffici pubblici. Gli interessi degli industriali, quelli della Chiesa e, cosa più importante: la guerra fredda e quindi il divieto USA di far partecipare il PCI a decisioni di governo crearono concrete difficoltà all’applicazione completa della Costituzione.

Gli italiani hanno una lunga tradizione di “abilità” politica per cui la DC ed i suoi alleati si accordarono con il PCI per consultarsi solo nel caso di eventi particolarmente importanti. Per il resto si divisero alcune aree di influenza in cui operare senza competizione ed avviarono la ricostruzione del Paese con risultati oltremodo soddisfacenti. Purtroppo la situazione, che avrebbe dovuto essere transitoria, si cristallizzò e quello che era stato un sistema intelligente per non intralciarsi divenne una gabbia in cui fiorirono i mali peggiori.  

L’imperativo USA di non collaborare con i comunisti impedì ogni tentativo di sbloccare lo “status quo”; la conferma più evidente ne fu “l’affaire Moro”.  Al comando del Paese restarono a rotazione sempre gli stessi DC per una quarantina di anni quasi si trattasse di un regime.
 Nel frattempo lo sviluppo industriale aveva inurbato una gran parte della popolazione contadina in immense periferie lasciate per lo più al degrado ed all’abbandono e questo non favorì la crescita civile ed il livello di conoscenza delle masse, facilitata in questo aspetto, da una gestione delle scuole con sempre minor selezione del personale e basse retribuzioni

Poi, inaspettatamente, arrivò  MANI PULITE e niente fu come prima!

Un imprenditore di bell’aspetto, che era cresciuto via via di importanza, prima nel settore edile, con prestiti di dubbia provenienza, e poi  nelle TV con appoggi consolidati nell’ambiente craxiano che gli permisero di diventare il secondo monopolista TV del Paese, decise di “scendere in politica”.

La verità è che trovandosi in gravi difficoltà economiche per le forti esposizioni con le principali banche italiane decise di entrare in politica, su consiglio dello stesso Craxi,  per cercare di salvarsi dal certo fallimento.

La scomparsa dei maggiori avversari politici coinvolti negli scandali di mani pulite, la sua indubbia capacità di conquistare il pubblico, la forza d’urto delle sue televisioni, la sempre più alta impreparazione dell’elettorato coltivata con attenzione dalle cosiddette TV commerciali (RAI non immune da questa colpa), i contatti più o meno diretti con la criminalità organizzata, l’ottima organizzazione promozionale cui contribuirono i suoi esperti di pubblicità, favorirono una vittoria a tutto campo.

Da quel momento abbiamo avuto una popolazione sempre meno informata, prima contenta in base alle informazioni ricevute tramite i mass media e poi sempre più ..zata in conseguenza della pesante situazione economica venutasi a creare per il crollo dei prestiti ai consumatori in USA, e per una serie di errori sempre più gravi da parte dei governanti nel curare lo sviluppo del Paese; se si vuole essere più precisi: con l’assenza totale di interventi a favore dello sviluppo.  Le opposizioni, sia pure con minore responsabilità, non fecero molto meglio.

Ora,  questo Referendum potrà trovare una prevalenza del NO per la concomitanza di tutte le aree politiche che avversano Renzi e probabilmente anche la nuova legge elettorale dovrà subire delle modifiche; ma cosa faremo dopo? Atteso che la grande maggioranza degli italiani non è d’accordo sul nostro pensare e non è neanche interessata a questo Referendum? A cosa miriamo? che piano progettuale possiamo sviluppare? Con quali conseguenze prevedibili e con quale vantaggio per i cittadini?

Un progetto politico deve basarsi su una visione a media e lunga programmazione; deve concentrarsi su un ristretto gruppo di attività da portare in campo legate alla “visione”, trovare i compagni di strada e l’area di attuazione. 

Giuseppe Brizzi bbrizzi@live.it

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