mercoledì 27 aprile 2016

Sathya Sai Baba e l'attuazione del proprio dharma "ordinario"



L’umanità aspira per tendenza naturale ad uscire dalla sofferenza del mondo. L’attitudine fa parte del nostro DNA e il processo si chiama illuminazione.

L’uomo si pone numerosi interrogativi sul mistero della vita, ma non trova risposte e quando scopre che esiste qualcuno in grado di fornirle si precipita ai suoi piedi. Per nostra fortuna ogni tanto compare sul pianeta una guida capace di indicare la giusta strada per uscire dalla trappola il più in fretta possibile.

Non sempre la guida compare sul pianeta sotto forma di un grande condottiero spirituale. Mille personaggi, sotto le vesti di poeti e filosofi, confortano il genere umano lungo il pellegrinaggio della vita.

Queste guide – Sathya Sai Baba ne è stato un esempio – sono dotate di poteri straordinari unicamente per attirare la nostra curiosità. Sai Baba è stato chiaro: “I miracoli sono il mio biglietto da visita. Io vi do ciò che chiedete affinché un giorno mi chiediate ciò che sono venuto effettivamente a dare”.

Il ricercatore spirituale sa che il compito del maestro illuminato non è quello di risolvere i suoi problemi quotidiani con interventi eccezionali, ma di riportare a galla un insegnamento che si tramanda di generazione in generazione per conservare l’equilibrio dell’universo. L’equilibrio si mantiene semplicemente rispettando la Legge naturale del dharma.

Il ripristino del dharma, il fare ciò che va fatto in rapporto alla natura delle cose, è lo scopo della discesa sul pianeta delle grandi anime.

Questa convinzione induce a fare una considerazione. Che cos’è importante: il maestro che giunge per confortarci e guidarci oppure quello che insegna; i miracoli che compie per facilitare la nostra vita o i metodi per aderire alle verità metafisiche?

La risposta è scontata. Il maestro resta nel mondo cinquanta o cento anni, mentre il suo insegnamento sopravvivere diversi secoli. Chi ha la fortuna di vivere al tempo di una guida illuminata può sperare che egli lo accolga sul suo treno, ma chi non riuscirà a salire avrà, in ogni caso, l’opportunità di capire che cosa bisogna fare per vivere convenientemente la vita.

I discepoli che salirono sul treno del Buddha si realizzarono; coloro che restarono fedeli a Gesù, trovarono la via del Regno. Ogni maestro illuminato carica sul suo treno quanti più devoti può, ma non abbandona gli altri alla mercé del destino. L’insegnamento che lascia, infatti, in eredità al mondo conduce rapidamente alla meta.

Non si pensi dunque di doversi incollare ad un maestro o di doversi etichettare a tutti i costi col suo nome. Non è questo che Egli vuole e insiste: “Abbandonate il mio nome  la mia forma e puntate all’Assoluto”. All’Assoluto si punta riconoscendo che alla base della creazione c’è il Sé universale, che noi siamo quel Sé e che la sua legge si chiama dharma.

Che cos’è il dharma? Si tratta di una Legge cosmica che prevede ciò che deve essere fatto in modo naturale come risposta ad un evento. Può essere dunque definito come il naturale comportamento operativo di un individuo.

Il maestro discende dunque sul pianeta per indurre ogni uomo ad aderire alla Legge del dharma.

La  devozione ad un nome o ad una forma, qualunque essa sia  è del tutto secondaria.  Ciò che il maestro illuminato propone al di fuori del dharma serve, infatti, soltanto per rendere più appetitosa la colazione. I segnali colorati richiamano semplicemente l’attenzione dell’uomo verso una certa direzione, ma il maestro illuminato diventa universale soltanto quando in Lui riconosciamo la Legge naturale che fa della vita ciò che è.

Giancarlo Rosati


Fonte: http://redazionevita.altervista.org/listae.htm

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