lunedì 11 aprile 2016

Pollan Michael: "La memoria è nemica dello stupore"



La memoria è nemica dello stupore, che non alberga in altro luogo che non sia il presente. Ecco perché, a meno che non si sia bambini, lo stupore dipende dalla dimenticanza, cioè da un processo di sottrazione. Di solito pensiamo alla droga come a un’esperienza aggiuntiva: spesso si dice che le droghe “distorcono” la percezione normale e aumentano e dati sensoriali (“aggiungendo” le allucinazioni, per così dire) ma potrebbe essere vero il contrario, cioè che il loro compito sia quello di togliere alcuni filtri che la coscienza normalmente interpone tra noi e il mondo. 

Perlomeno, fu questa la conclusione raggiunta da Aldous Huxley nel 1954 il “Le porte della percezione”, resoconto dei suoi esperimenti con la mescalina. Secondo Huxley, la droga (estratta dal peyote, il fiore di un cactus del deserto) disattiva la “valvola riducente” della coscienza, la sua definizione della facoltà ordinatrice di ogni giorno della mente conscia. La valvola riducente fa sì che non siamo schiacciati dalla “pressione della realtà”, ma ha un prezzo, perché il meccanismo ci impedisce di vedere la realtà come veramente è. Le intuizioni dei mistici e degli artisti derivano dalla loro speciale capacità di spegnere la valvola di riduzione della mente. Non sono certo che qualcuno di noi abbia mai percepito la realtà “come veramente è” (come faremmo a saperlo?), ma Huxley è convincente nel descrivere lo stupore che si verifica quando riusciamo a sospendere il nostro consueto modo verbale e concettuale di vedere. (E’ assolutamente sincero quando scrive della bellezza delle pieghe di un tessuto, di una sedia da giardino e di un vaso di fiori: “Vedevo quello che Adamo aveva visto al mattino della sua creazione: il miracolo, momento per momento, della nuda esistenza.”) 

Credo di avere compreso il concetto di “valvola riducente della coscienza” di Huxley, ma nella mia esperienza il meccanismo sembra leggermente diverso. Mi immagino la coscienza comune più come un imbuto  o, meglio ancora, come la strozzatura di una clessidra. In questa metafora, l’occhio della mente è in equilibrio tra passato e futuro, e decide quali, tra gli innumerevoli granelli dell’esperienza sensibile, passeranno attraverso la stretta apertura del presente ed entreranno nella memoria. Lo so, la mia metafora presenta qualche problema, primo fra tutti che alla fine tutta la sabbia scivola sul fondo della clessidra, mentre gran parte dei granelli dell’esperienza non superano mai la soglia del nostro interesse. Ma perlomeno rende l’idea che il ruolo principale della coscienza è eliminatorio e difensivo: mantenendo l’ordine percettivo, ci impedisce di essere travolti... 

Pollan Michael 



(Stralcio da "La botanica del desiderio")

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