lunedì 19 novembre 2012

Per una opposizione alla politica di aggressione alla Siria e alle masse medio orientali.



In Siria, facendo leva su iniziali mobilitazioni di dissenso contro il governo, si è scatenata da subito una iniziativa di intromissione e di manomissione di quelle stesse proteste da parte delle principali potenze imperialiste mondiali e dei più totalitari regimi della regione. Un’attività che si è concretizzata con il finanziamento, l’armamento ed il supporto militare di presunti rivoltosi, per la maggior parte mercenari ed a militanti islamici provenienti da altri paesi.
Per tale via le ragioni della protesta sono state completamente stravolte e riassorbite in un uno scontro geopolitico la cui posta è innanzitutto la ricolonizzazione della Siria da parte dei suoi vecchi dominanti francesi in primis ed occidentali in genere e tramite questo primo passaggio preparare l’ulteriore aggressione all’Iran. L’altro obiettivo, non meno importante è di sferrare un colpo definitivo alle istanze di cambiamento espresse dalle rivolte arabe in tutto il mondo arabo, come è avvenuto già con l’aggressione alla Libia. Un progetto che non esclude nessuna soluzione: tanto una caduta del regime attraverso l’ulteriore armamento dei rivoltosi; una balcanizzazione della Siria in diverse aree semistatuali, quanto un’aggressione militare diretta da parte degli eserciti gestita in condominio dalle principali potenze occidentali e dalle petromonarchie dell’area. Un’aggressione che però è già in atto attraverso le manovre diplomatiche, l’embargo, l’invio di istruttori militari e la fornitura di armamenti super specialistici ai presunti rivoltosi, la creazione di governi fantoccio totalmente succubi delle potenze che li sponsorizzano da poter insediare alla eventuale caduta del regime.
Il sostengo ad Israele nella sua nuova aggressione militare alle masse palestinesi a Gaza, come in precedenza alla repressione delle masse in rivolta in Bahrain, è la dimostrazione di quanto stiano a cuore i pretesi diritti umani alle potenze occidentali, e quanto siano effettivamente sensibili all’oppressione dei popoli.
In questo progetto di ricolonizzazione della Siria e di un suo eventuale smembramento è in prima fila il governo italiano e le principali istituzioni dello stato. In particolare il ministro degli esteri si distingue per una linea aggressiva e militarista che tradisce le mire imperialiste e colonialiste del nostro governo. Ancora una volta l’Italia, come già avvenuto nella vicenda libica, si candida ad essere la portaerei delle potenze occidentali per una micidiale aggressione diretta innanzitutto contro le masse siriane e quelle arabe in generale per assecondare la sete di profitti e di rapina del grande capitale di cui è espressione questo governo.
Tale aggressività in politica estera è semplicemente l’altra faccia della altrettanto micidiale politica interna di questo governo che, anche in questo caso con il sostengo di tutti i partiti istituzionali, sta sferrando un attacco inaudito alle condizioni di vita e di lavoro dei proletari italiani con un crescendo di militarizzazione e di repressione, non a caso gestito da poliziotti provenienti dalle esperienze delle precedenti missioni militari all’estero.
In tale contesto il compito degli attivisti contro la guerra non può essere quello di sostenere una improbabile mediazione tra le parti in lotta, tantomeno accodarsi, sia pura in maniera camuffata, al sostegno di un regime change, che nei fatti significa sostenere i progetti di aggressione alla Siria. Il nostro compito fondamentale è denunciare e ostacolare in tutti i modi possibili questa politica guerrafondaia e neocolonialista, sia dando vita a mobilitazioni specifiche contro l’intromissione nelle vicende siriane e la minaccia di un’aggressione diretta alle masse di questo paese, ma soprattutto inserendo nelle nostre piattaforme contro la politica interna del governo italiano e dei suoi sodali europei la tematica della lotta contro la politica imperialista delle istituzioni italiane come unitario progetto finalizzato alla difesa dei profitti e al rafforzamento del dominio capitalistico.
Su tali tematiche pensiamo che gli attivisti contro la guerra debbano organizzare una campagna coordinata di denuncia e puntare ad una prima significativa mobilitazione nazionale che renda evidente l’opposizione alle politiche imperialiste del nostro governo e delle istituzioni italiane.
Attivisti napoletani contro la guerra  

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