lunedì 17 ottobre 2011

Viterbo - Tavola rotonda sui cinque conclavi viterbesi e su Santa Rosa

"Apparizione di Santa Rosa ad un papa eletto a Viterbo"

Successo della Conferenza sui Conclavi Viterbesi del 14 ottobre 2011

Viterbo - Grande successo di pubblico alla conferenza “I Cinque Conclavi Viterbesi”, tenuta da Giovanni Faperdue, e organizzata da Archeotuscia Onlus. Lo storico, autore anche di un libro “I Conclavi Viterbesi”, ha ripercorso tutta la storia di Viterbo nel suo periodo più fulgido che va dal 1255 al 1281.

Ventisei anni durante i quali sono accaduti i fatti più salienti e più importanti della storia di questa città. Una storia meravigliosa che però, come ha sottolineato Faperdue, purtroppo per noi non è stata a lieto fine. Tutto ha inizio con la venuta a Viterbo di papa Alessandro IV, che muore qui il 25 maggio del 1261, e innesca la serie di conclavi che segnerà per Viterbo, primati positivi e negativi.

Tra i positivi il termine Conclave che è un neologismo coniato a Viterbo, quando i cardinali furono “clausi cum clave” (chiusi a chiave) nel Palazzo Papale; poi quelli negativi del tetto scoperchiato, del conclave più lungo della storia (due anni e nove mesi) e quello sacrilego della violazione della stanza del conclave.

Un’irruzione di esagitati che non passerà inosservata, ma che punirà severamente i cittadini di Viterbo con un interdetto, lanciato sulla città dal vescovo Filippo, che durerà ben oltre quattro anni e, a parere di Giovanni Faperdue, avrà il potere di cambiare il carattere dei viterbesi. Infatti, l’interdetto prevedeva queste punizioni: 1)Erano vietate le sacre funzioni; 2) Le chiese importanti erano chiuse; 3) Rimanevano aperte solo le chiese parrocchiali; 4) In queste però c’era una procedura di messa a lutto che prevedeva per tutti gli altari la privazione degli arredi sacri, delle croci, delle statue dei santi, delle immagini sacre, e di tutti gli altri oggetti sacri che giacevano sul pavimento in modo disordinato.

Le statue ed i simboli che non si potevano rimuovere erano coperti da un lenzuolo nero, come ad impedire qualsiasi richiesta di intercessione; 5) Le campane era state calate a terra e giacevano anche loro sul pavimento della chiesa; 6) I preti che celebravano la messa lo dovevano fare in gran segreto. Era permessa la presenza solo di due chierici. 7) Le nozze si celebravano nei cimiteri, senza alcuno sfarzo di vestiti e di invitati; 8) I morti si dovevano seppellire, a lume spento, in aperta campagna come se si trattasse di carogne di animali, senza esequie e cerimonie religiose; 9) Erano vietate le feste, le riunioni, i giochi di qualunque genere, il parlare a voce alta o comunque il gridare; 10) Non ci si poteva cibare di carne; 11) Era solennemente vietato radersi la barba e vestire in modo troppo elegante; 12)

Tutto e tutti dovevano testimoniare con il comportamento e con l’aspetto, di essere profondamente addolorati di aver provocato la collera celeste. Queste regole erano ferree poiché il papato in quel periodo di storia, aveva in mano due poteri, quello spirituale e quello giurisdizionale. Un’altra notazione di rilievo è stata fatta dal Faperdue quando ha messo in evidenza che, Urbano IV, il primo papa eletto a Viterbo, viene incoronato nella chiesa di S. Maria in Gradi il 4 settembre del 1261. Un giorno molto legato alla nostra patrona. Infatti, nello stesso giorno tre anni prima avviene la solenne traslazione del corpo dalla chiesa di Santa Maria in Poggio al Cenobio di San Damiano, e lo stesso giorno qualche secolo dopo, nel Martirologio Romano, sarà dedicato alla nostra Santa patrona. Questa per Faperdue è la firma di Santa Rosa, sul trasferimento della curia papale a Viterbo.

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