giovedì 26 maggio 2011

"LOTTA PER LA SUCCESSIONE ALLA GUIDA DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE" - di Daniele Carcea




E' giusto che a sostituire DSK alla guida del FMI sia un'altra volta un europeo, un'altra volta un francese, o meglio una francese?

Dominique Strauss-Khan alla fine si è dovuto dimettere dall'incarico di direttore del Fondo monetario internazionale.

Le accuse e i capi di imputazione sono troppo pesanti perché lui possa continuare a dirigere una delle organizzazioni finanziarie più importanti al mondo.

L’FMI infatti, è l’organizzazione che interviene quando un Paese, si trova in grandi difficoltà economiche: cioè non riesce a pagare più i suoi creditori, prevalentemente banche e non riesce a trovare altre forme di credito per finanziarsi, insomma rischia la bancarotta.

Quando il Fondo Monetario Internazionale (FMI) interviene pone delle ferree condizioni che lo Stato deve accettare per poter attingere al prestito, altrimenti questo gli viene negato.

Per essere chiari il FMI si sostituisce al governo del Paese in difficoltà nella gestione della sua economia e delle sue finanze, Paese che viene praticamente commissariato e automaticamente dovrà sottoporsi ad un programma di risanamento lacrime e sangue, che vede fra i suoi punti fondanti: rigore di bilancio, taglio della spesa pubblica, diminuzione dei salari, aumento della pressione fiscale.

Per alcuni critici del FMI, esso anziché aiutare il Paese in difficoltà lo strangola:

favorendo politiche antiprotezionistiche e di liberalizzazione, permette di fatto l’ingresso nel Paese, delle multinazionali, pronte a mettere le mani sui pozzi petroliferi e sui giacimenti di materie prime, in combutta spesso con i dittatori a capo di questi Paesi, il tutto condito da una sana distruzione ambientale.

Strauss-Khan, oltre a dare un taglio meno cinico al FMI, si è rivelato un grosso difensore degli interessi dell’Europa, all’interno del FMI, infatti si offrì immediatamente nel gennaio del 2010 di aiutare la Grecia, ancora prima che l’unione Europea, si mettesse d’accordo per scegliere una strategia condivisa, lui e Trichet fecero forti pressioni sulla Germania, per convincerla ad attuare il piano salva-Grecia.

Nel corso degli ultimi anni è stato percepito un certo malumore da parte dei Paesi asiatici, nei confronti dell’iper-attivismo verso l’Europa di Strauss-Khan.

L’irritazione per questo interventismo a favore dei Paesi europei del FMI ha unito Stati Uniti e Asia e già questo ha comportato una diversa distribuzione delle quote di capitale del fondo, dove l’Europa ha lasciato spazio alla Cina.

Attualmente è in atto un duello Asia-Europa per la successione a DSK, infatti all’orizzonte sta emergendo la candidatura di qualche personalità appoggiata dall’oriente del mondo e dai Paesi emergenti guidati dai soliti BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) e dintorni, che stanno facendo sentire la propria voce anche sulla necessità di maggiore rappresentanza al top management del FMI, perché l’economia mondiale non è più quella del dopoguerra, ma nemmeno quella della fine del secolo scorso.

Per la Cina probabilmente i tempi non sono ancora maturi, per chiedere il vertice del FMI, poiché la sua valuta il renminbi non è ancora convertibile e i il mercato dei capitali finanziari è ancora chiuso, ma se andrà avanti nelle riforme di apertura finanziaria, si candiderà senz’altro per il prossimo turno.

In questo momento, in pole position c’è il il ministro delle finanze francese Christine Lagarde. I Paesi del sud-est Asiatico puntano invece sul ministro delle Finanze di Singapore, Tharman Shanmugaratnam, per gli amici Tharman, ma difficilmente i francesi molleranno l’osso.


Daniele Carcea

carceada@interfree.it

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