martedì 9 novembre 2010

Rifiuti solidi urbani: “Perché incenerire se si può recuperare?” - Proposte risolutive in chiave bioregionale e di ecologia domestica



"Non con l'incenerimento ma con il riciclaggio, e con la diminuzione della produzione dei rifiuti solidi urbani, si risolve il problema della monnezza in Italia" (Saul Arpino)

“Rifiuti: opzione zero!”. Negli ultimi trent'anni ed anche più ho costantemente combattuto per ottenere questo risultato... ho studiato le problematiche legate alla gestione dei rifiuti, con un’attenzione particolare ai pericoli derivanti dall’incenerimento ed alle alternative di non combustione più sicure e più sostenibili.

E qui ripeto che occorre far entrare nelle maglie della consuetudine culturale l’idea che “non esiste altro posto che questa Terra in cui possiamo vivere e di conseguenza è meglio mantenerla pulita” A volte esperimenti encomiabili son stati avviati, come ad esempio “il gioco della raccolta differenziata” proposto tempo fa nella scuola materna di Blera, ma sono iniziative sporadiche e senza risultati sostanziali. Tant'é che il riciclaggio é praticamente assente in tutti i comuni del Lazio e della Tuscia.

Eppure, come già scrissi inutilmente al Governatore del Lazio Badaloni prima, poi Storace e Marrazzo.... se non risolviamo il problema dei rifiuti a monte... nessun "termovalorizzatore" potrà salvarci, dico questo con tristezza... ma é la pura verità....

Se si facesse partire un sistema di recupero e riciclaggio al 100% dei RSU, ecco che l'economia troverebbe il volano di una ripresa immediata. Si creerebbero nuovi posti di lavoro, si risparmierebbe sulle materie prime, non sarebbe più necessario importare metalli qui da noi rari (come l'alluminio), etc. si risparmierebbe sulla costruzione di discariche che sono in fondo solo bombe ad orologeria... Eppure il primo passo, necessariamente deve essere quello della diminuzione nella produzione dei rifiuti, ritornando al sistema di riuso dei vuoti e alla proibizione degli involucri e degli imballaggi in plastica (tra l'altro anche in considerazione del continuo aumento del costo del petrolio e della sua crescente penuria)...

Insomma, suvvia.... serve uno scatto di reni e non l'accettazione dei termovalorizzatori che producono poca energia ad altissimo costo ed hanno il solo vantaggio di far sparire dalla vista i rifiuti, ma non le sostanze velenose che restano nell'aria o diventano polveri residue tossiche altamente inquinanti e che richiedono un trattamento ed una conservazione come quella delle scorie nucleari.

Perciò è importante partire dall’ecologia delle piccole cose, nella casa di ognuno. Cominciando da queste si possono sempre trovare successive forme di sensibilità ambientale e di educazione civica.

Ad esempio quanti scarti alimentari produciamo? Forse quegli scarti possono essere diminuiti se badiamo di più all’essenziale, in tutte le nostre piccole abitudini di ogni giorno, e magari prontamente riutilizzati in natura come compost o cibo per animali oppure anche per produrre semplice biogas.

A Roma con la situazione di Malagrotta al pieno, c’è il rischio di dover risolvere il problema dei rifiuti urbani (in perenne emergenza) con il sistema “terminator” berlusconico che porterà inevitabilmente alla creazione di una serie di nuove discariche ed inceneritori attorno alla capitale. Le province storiche diverranno una pattumiera gigante o terra bruciata, si tratta solo di scegliere se si vuole l’inceneritore o la discarica oppure il termovalorizzatore per la produzione elettrica (che funziona a RDF, ovvero mattonelle ricavate dai rifiuti).

E se vogliamo che la vita continui nel Lazio asfissiato dai fumi e dalle puzze non possiamo pensare di risolvere con questi metodi il problema dei RSU. L’incenerimento, già lo sappiamo, è fonte di inquinamento pesantissimo ed inoltre è diseducativo dal punto di vista della salvaguardia delle risorse.

Ed osserviamo quello che sta avvenendo nell'ecosistema.. ad esempio alle api, che a centinaia di miliardi, in tutti i continenti o sono trovate morte, o non ritornano più nelle arnie. All’inizio, qualche anno fa, sembrava una delle solite “fisiologiche” epidemie, dovuta a fattori ormai ben conosciuti, come la Varroa. Governi e istituzioni scientifiche hanno ignorato o sottovalutato le prime grida di allarme degli apicoltori. Poi, dal 2007, a partire dagli Stati Uniti, si è percepito che si trattava di qualcosa di ben più grave, per la quantità delle api scomparse e per i killer che potevano essere chiamati in causa: pesticidi, riscaldamento globale, onde emanate dai telefonini cellulari, Ogm, fumi, neoticonoidi presenti dentro i prodotti per la concia del mais, stress dovuto a molteplici altre fonti. Si è cominciato a percepire vera la “profezia” (attribuita ad Einstein) secondo cui: “Quando le api spariranno, all’umanità resteranno quattro anni di vita”. La scomparsa delle api può mettere profondamente in crisi non solo la produzione di miele o di fiori o di frutta, ma l’intero già precario equilibrio ecologico e biologico del pianeta.

Non si può continuare a tappar buchi aumentando sempre più la piaga dell’inquinamento. Da qualche parte occorre iniziare per fermarsi e lanciare un segnale positivo. Partiamo da noi stessi…. Per evitare il disastro tamponato ed imbellettato da nuovi impianti inquinanti occorre partire dalla consapevole e personale azione di ognuno di noi. Faccio esempi pratici: girare con una borsa per la spesa, rifiutare sacchetti superflui, reperire il proprio cibo direttamente dai produttori locali, interrompere l’uso smodato di elettrodomestici, lavorare con le mani, stare meno davanti al televisore e di più nei boschi…. magari a raccattar erbe commestibili!

La battaglia contro la produzione rifiuti e sprechi energetici deve partire dalla casa di ognuno, dalla consapevole e personale azione di ognuno di noi. Non posso far a meno di affermare che se non iniziamo da noi stessi il processo del “ritorno” all'ecologia profonda non decolla…

Paolo D’Arpini

Referente della Rete Bioregionale Italiana e portavoce di European Consumers Tuscia

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Il cardellino dallo splendido manto

intona nell’aria un melodioso canto.

Solitario, volò tra spini di cardo

rubandone i semi senza riguardo

proprio a colui che gli diede nome.

Poi vinto, alfine stanco,

si isolò al mondo

ponendo il suo nido sul ramo più alto.

(L'Aura)

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