giovedì 22 febbraio 2018

L'Uno diventa i molti nel gioco del divenire

"Nella coscienza non dualistica esiste solo l’Uno, senza un due, per cui ogni cosa presente, passata o futura, è considerata la manifestazione di quell’Uno e non può essere altri che Quello." (Saul Arpino)
Ecologia profonda, spiritualità laica ed il mistero della "Presenza" nell'Uno


Nel gioco del Divenire l’Uno si proietta nel riflesso della mente e si percepisce come separato – questo processo è definito esteriorizzazione - ma allo stesso tempo sempre è in atto la spinta inversa, ovvero del consapevole "ritorno" all’Unità primigenia. Alcuni aspetti dello stesso Uno (che definiamo entità o persone) si manifestano come  separati e diversi  -così appare nello specchio della mente- per espletare la “commedia” della creazione.  

Questa dualità di pensiero “consente all’Uno di percepire se stesso”. Il che significa che ai fini del gioco cosmico le parti antagoniste (gli opposti) sono necessarie.L’ignorante  di Sé non può scegliere, perché sospinto da  una forza misteriosa in lui riposta che lo muove secondo le predisposizioni e qualità incarnate, una sorta di agire automatico che ha però la parvenza della manovra volontaria, derivante dalla sensazione che noi definiamo “libera scelta”. Ma pur essendo apparentemente risultante dal nostro “arbitrio” l’azione compiuta e le sue conseguenze sono in verità una semplice proiezione della forza energetica dell’Uno.

Il conoscitore dell’Uno, che è l’Uno stesso in Coscienza, e quindi aldilà di ogni senso di limitazione, e privo della nozione di “meglio” o “peggio” “giusto” o “sbagliato”, non "sceglie", ed in effetti cosa e come potrebbe scegliere se è lui stesso presente in ogni cosa?Il problema dell’incongruenza di tali affermazioni è solo nella mente del “cercatore”, il quale viene “invitato” ad esercitare disciplina ed autocontrollo per compiere il “ritorno a casa”, sia in senso biologico che spirituale, egli perciò ritiene che le opere, le pratiche, da lui portate a termine siano funzionali a quel “ritorno”, in effetti son solo “un segnale” del ritorno ed assolutamente non propedeutiche ad esso.

E poi definirlo “ritorno” è alquanto fuorviante –essendo un termine adatto alla mente duale che ritiene di concludere un percorso- infatti come si può “tornare” a ciò che si è? Ma nella condizione presente non possiamo far a meno, utilizzando il linguaggio che è una forma di condivisione e comunicazione nella dualità, di esprimerci “assurdamente" nel voler riconoscere quel che sempre siamo stati e sempre saremo.Resta il fatto che la consapevolezza non duale, essendo incomunicabile a parole, può essere trasmessa solo in forma "empatica" (noi diremmo anche “amore” o “compassione”), tale "empatia" è la costante e reale natura dell’Uno quindi non può esserne mai interrotto il flusso.

Lo stato del Conoscitore e l'empatia da lui emanata, verso le sue stesse forme, non è dispensazione o favore dall’Uno ai molti… è il semplice permanere nella propria natura, totalmente ed assolutamente Una e perciò indistinguibile, e che non può essere suddivisa in “gradi”. In tal senso la presenza del "Conoscitore" della realtà viene paragonata alla Presenza dell'Uno. E chiunque entra consapevolmente in quella Presenza in essa viene assorbito e riconosce se stesso. Questo è il grande mistero della Presenza.

Paolo D’Arpini
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