martedì 28 febbraio 2017

Liberiamo la Rete dalle False Notizie (della censura) - No al disegno di legge Gambaro

Credo siate tutti già informati del grave tentativo  di mettere la museruola alla Rete.
Grandi manovre finalizzare a questo obiettivo sono già in corso in USA, Francia, Gran Bretagna, Germania. In Italia ci stano provando, oltre a quasi tutti i media-mainstream, anche un nutrito gruppo di parlamentari.
A seguito di una risoluzione del Consiglio d’Europa, la Senatrice  Gambaro (ex 5 Stelle, oggi con Verdini)  ha presentato un disegno di legge che appare come una vera e propria intimidazione nei confronti di tutto ciò che suona e risuona come antagonista, non conformista e comunque difforme dal “pensiero unico” dominante.

La “senatrice” Adele Gambaro: reclusione per i blogger

La WAC (Web Activists Community) e Pandora TV, d’accordo con la senatrice De Pin, invitano pertanto CHI voglia ancora difendere la libertà d’espressione e CHI ritenga che non c’è alcun bisogno reale di norme aggiuntive a quelle già esistenti, ad un incontro pubblico al quale parteciperanno famosi bloggers, parlamentari, giuristi, accademici e giornalisti.
Lo scopo è quello di avviare una discussione pubblica e di individuare un’azione coordinata di difesa e (se possibile) di controffensiva.

L’iniziativa sarà seguita minuto per minuto da Pandoratv.it. Tutti i principali canali tv, giornali e agenzie saranno invitati ad assistere.
L’incontro del 2 marzo non implica necessariamente adesione al WAC (cosa di cui saremmo ben lieti). Sarebbe tuttavia molto utile, in quella occasione, la vostra presenza e il vostro intervento. Ciascuno di voi è ormai voce autorevole del WEB italiano. E nessuno di noi, tutti insieme, è più al sicuro nel prevedibile sviluppo di questa vera e propria offensiva volta a imbavagliare tutto e tutti.


Cari saluti a tutti.
Giulietto Chiesa e Glauco Benigni

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DIBATTITO: “REGOLAMENTAZIONE DELL’ONLINE – NO A PROPOSTE LIBERTICIDE”
NELLA SALA ISMA DEL SENATO (PIAZZA CAPRANICA) -  GIOVEDI 2 MARZO DALLE ORE 11:00
L’incontro è aperto al pubblico, ma sarà necessario accreditarsi scrivendo la propria volontà e i propri dati al seguente indirizzo: contatti@pandoratv. it

lunedì 27 febbraio 2017

Spirito... come sintesi fra intelligenza e coscienza


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Seguendo un filone di "spiritualità laica", possiamo definire lo  Spirito come una  sintesi fra coscienza ed intelligenza, non è un pensiero., anche se, in termini descrittivi  analitici, non possiamo fare a meno di utilizzare i pensieri nel tentativo (per altro futile) di evocarne la natura. Questo perché  il processo descrittivo  rende lo "spirito" un oggetto della mente. Anche chiamandolo  “spirito” resta un concetto, una immagine. E sappiamo che l'immagine mai può sostituire o realmente rappresentare e convenire quel che è la "sostanza".  

Tutto ciò che è all’interno della coscienza è un oggetto della Coscienza. Forse è meglio precisare che il termine Coscienza, pur che rappresenta quanto voglio significare, venga qui sostituito da “Consapevolezza” poiché noi occidentali e soprattutto “cristiani” tendiamo a considerare la coscienza come una qualità morale. Si dice “fare l’analisi di coscienza” come se questa coscienza fosse un aspetto dell’anima. Lasciamo anche da parte la considerazione materialista per cui la coscienza è il risultato di processi cerebrali, che è una spiegazione “scientifica” assunta in quanto si ritiene che la nostra capacità di analisi (intelligenza) sia susseguente al processo chimico delle cellule che si comunicano dati. Tutto ciò è la conseguenza del nostro ritenerci il corpo quindi questa considerazione non ci consente di andare “oltre” per percepire lo spirito, in quanto substrato e matrice. Anche qui il termine "percepire" non è propriamente corretto, poiché chi è che percepisce e cosa viene percepito? 

E’ evidente che tutto si svolge all’interno della Coscienza, la coscienza osserva se stessa e comprende se stessa. Intelligenza e coscienza sono la stessa cosa e in verità sono la nostra vera natura.  In qualsiasi modo  consideriamo  noi stessi, una anima un corpo, una mente… non siamo quello poiché  l'Io non puoi essere un oggetto della conoscenza.  L'Io  è la conoscenza stessa che  nel processo conoscitivo assume  la forma di soggetto oggetto e conoscenza. Fermiamoci comunque al “sentire” interno, quel sentire definito “io”  e che è in verità pura coscienza. 

Prima di pensare “io sono questo o quello” se ci si ferma al nudo Io..  ci si rende conto che  questa identità assoluta  è priva di qualsiasi attributo.. E’ semplicemente consapevolezza.Qualsiasi opinione o descrizione di tale "entità", appartiene all’ego, inizialmente può essere accettata come base  di confronto sulle idee, ma se osserviamo con gli occhi dello “spirito”, che tutti ci accomuna, scopriamo che l’opinione è solo un attaccamento, un riflesso condizionato,  di cui potremmo anche liberarci se vogliamo avanzare in consapevolezza. 

L’opinione  è una proiezione mentale,  un meccanismo  proiettivo del proprio identificarsi con un set di pensieri e credenze. Dal punto di vista dello "spiritualità laica" non ha importanza sforzarsi per sancire la supremazia della propria opinione. Si esprime l’opinione come un gesto, come una naturale e spontanea affermazione della persona che noi “incarniamo”. Quella persona è un personaggio nella commedia della vita, è giusto che si esprima ma non è necessario che prevalga. 

Quando si comprende la complementarietà di ogni aspetto e forma dell’esistente ci si limita a svolgere la propria funzione, nel modo più accurato, senza sentirsi né responsabili né portatori di un messaggio superiore.  Si porta avanti “l’opinione” come se fosse un lavoro da svolgere ma senza sentire che i risultati di tale lavoro ci appartengono. Insomma si compie un “dovere” con distacco…. 

Secondo i grandi saggi l’opinione è  un  automatismo della percezione individuale. Insomma l’opinione è sempre e comunque parziale ed incapace di riferire un’interezza. Ma se almeno fossimo in grado di interpretare ogni opinione come un tassello del pensiero universale, cercando di integrarla nell’insieme del conosciuto, forse così stiamo mettendo in pratica quel “sincretismo spirituale” auspicabile per il superamento delle ideologie e delle religioni precostituite.  Unica discriminante dovrebbe essere la qualità della sincerità e del distacco egoico in cui l’opinione viene espressa.

Ed in fondo perché attaccarsi o  farsi condizionare da qualsiasi opinione? Una volta capito che tutte le opinioni sono solo aspetti esteriori del nostro sentire, della nostra educazione, del nostro bagaglio genetico, etc. etc. Come si può ritenere che una qualsiasi opinione, pur ben espressa o motivata, possa influire sui nostri comportamenti o convincimenti, in antitesi con noi stessi? 

Se noi ci riconosciamo nell’opinione espressa da qualcun altro vuol dire semplicemente che quella cosa stava già dentro di noi, l’abbiamo riscoperta. Se invece non ci tocca.. lasciamola andare come l’abbiamo incontrata. Una piccola similitudine: quando  ero un adolescente, forse all’età di 13 anni, confessai al prete della mia parrocchia che non riuscivo ad accettare il fatto che esistessero inferno, paradiso, limbo.. che vengono considerati “eterni” contemporaneamente alla realtà eterna del dio stesso. Se dio è eterno ed infinito come possono coesistere più eternità separate e contrapposte? Il prete mi disse che dovevo credere a quanto affermavano le scritture perché quella è la parola di dio ed è un “mistero della fede”. Ovvio che non gli diedi retta e continuai a meditare e riflettere sulle cose secondo il mio criterio di ricerca e non basandomi sull’opinione del prete o sui dettami delle scritture. Infatti se un dogma religioso è solo “strumentale” allora non vale nemmeno la pena di considerarlo, esso non è nemmeno etichettabile come “opinione” (che già di per se stesso è un termine “riduttivo”) ma possiamo definirlo “imbroglio speculativo” teso alla  propagazione e giustificazione di un "credo". 

Ciò avviene quando si mente sapendo di mentire e quando si ragiona in termini di affermazione del proprio pensiero, come spesso avviene nelle "prediche" religiose (di qualsiasi religione)!Ed anche  l'insegnamento morale ed etico  non ha senso  finché non si è centrati nello Spirito, ovvero in se stessi. Allorché si riconosce la "spiritualità" (ovvero Coscienza ed Intelligenza), come la propria natura, non c’è pericolo di compiere il male, poiché se stessi e il tutto che ci circonda e ci compenetra coincidono. 

Gli altri non sono realmente "altro" da noi, sono solo forme diverse della stessa sostanza,  e  quindi come potremmo nuocer loro? Nella Coscienza ed Intelligenza ogni nostra azione è compiuta al fine del beneficio comune. Ciò avviene anche se all’osservatore esterno può apparire che ci sia una intenzionalità personale nell’azione del saggio laico.Ma tale  "pensiero" (positivo o negativo)  non influisce sull'onestà, sincerità e perseveranza nel praticare il bene comune, che è la caratteristica della “spiritualità  laica”, che   deve comprendere anche il lasciare agli altri la libertà di pensare a modo loro. Infatti   non possiamo usare la laicità per continuamente controbattere su punti che a noi sembrano ledere tale principio… 

Insomma dovremmo essere laici persino nei confronti della laicità. Ed in sintonia con questo predicato ognuno di noi dovrebbe occuparsi della propria  auto-conoscenza e lasciare agli altri esseri (umani o non umani) di fare la parte che ad ognuno compete!Tutti tendiamo alla perfezione,  seguendo le nostre  propensioni e tendenze innate, in un apparentemente lunghissimo  iter, che non ha inizio né fine. Nell'osservazione empirica questo processo si manifesta come singoli fotogrammi che noi dichiariamo separati, perché osservati nel contesto dello spazio tempo e con il senso di alterità e consequenzialità. 

Ma il film è lo stesso, contemporaneo, e ci siamo tutti dentro…  Come dicono alcuni filosofi possiamo chiamarlo sogno o gioco (lila) che si svolge tutto nella Coscienza. Il sognatore diventa tutti i personaggi e gli eventi del sogno. Avviene così, senza scopo e nella gioia. Allo stesso tempo questo sogno è irreale perché è solo un processo nel divenire. Diventa però reale appena siamo “consapevoli” che noi siamo "quello" in ogni suo aspetto immanente e che siamo anche aldilà di "quello" in quanto pura Consapevolezza trascendente.

Paolo D'Arpini  - Comitato per la Spiritualità Laica

domenica 26 febbraio 2017

L'etica non è taoista...


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L'etica appartiene al ragionamento e quindi al cervello logico mentre la felicità è connaturata nell'inconscio, quindi fa parte del cervello analogico. L'Uomo, come tutti gli altri animali è felice di vivere per sua propria natura..

Vediamo cosa dicono i recenti studi scientifici basati su tecnologie, dette ‘Brain imaging’, che permettono di vedere quali parti del cervello si mettono in funzione maggiormente durante certi pensieri, parole e azioni. Da queste ‘mappe del cervello’ risulta che il pensiero razionale e il linguaggio attivano nella maggior parte dei casi l’emisfero sinistro, che e’ simile a un computer, in quanto accumula i dati delle esperienze in memoria e li ripete su richiesta. La parte destra del cervello e’ attivata dalla musica, dal linguaggio non-verbale, che e’ fatto di intonazioni della voce, sguardi, gesti, mimica facciale, ecc. e dalla creatività, che è la combinazione originale di elementi presenti in natura…

Purtroppo nella società moderna, soprattutto in seguito al predominio della scienza razionalista (ed ella cultura maschilista) ha preso il sopravvento la parte giudicativa della mente, da qui il grande passo avanti delle religioni monoteiste, della arroganza dell'uso nei confronti delle altre creature e della natura. In tal senso è illuminate la lettura de "Il Limite dell'Utile" di Battaille.  

Ma  ad una prima analisi superficiale appare strano che anche il così detto "animalismo" e "veganesimo" facciano parte di un ragionamento.  A dire il vero,  malgrado si pongono in opposizione (apparente) con la sopraffazione maschilista e patriarcale, in realtà ne sono un contraltare paritario. Da una parte si opprime considerandolo un proprio diritto e dall'altra si difende in considerazione della propria "superiorità"  ideologica (etica).

Nel Hua Hu Ching è detto: "Agli altri esseri comuni spesso si richiede tolleranza. Per gli esseri integrali non esiste una cosa come la tolleranza, perché non esiste nessuna cosa come le altre. Essi hanno rinunciato a tutte le idee di individualità e ampliato la loro buona volontà senza pregiudizi in qualunque direzione. Non odiando, non resistendo, non contestando. Amare, odiare, avere aspettative: tutti questi sono attaccamenti. L'attaccamento impedisce la crescita del proprio vero essere. Pertanto l'essere integrale non è attaccato a nulla e può relazionarsi a tutti con una attitudine non strutturata."

Nel taoismo, che non è propriamente una religione e nemmeno una filosofia, ma una forma di naturalismo vissuto senza enfasi, si indica l'astenersi dagli eccessi, sia in positivo che in negativo, come un naturale atteggiamento di vita. Si comprende il bene ed il male ma non si predilige né l'uno né l'altro. Il bene (yang) ed il male (Yin) sono i due aspetti del manifestarsi della esistenza su questa terra. Ed è per questa ragione che i taoisti irridevano il buon Confucio che da razionalista convinto spingeva per un'etica sociale e politica, mentre essi si limitavano a permanere nella propria natura originale. Rispettando le propensioni naturali, non acquisite quindi per convenienza utilitaristica....

La felicità è la nostra vera natura, affermava Osho, e la ricerca della felicità è un modo per oscurarla e nasconderla. Infatti in un antico proverbio calcatese si dice "Il meglio è nemico del bene"...  poiché perseguendo l'ipotetico meglio non si vive il bene che è a portata di mano. Prova ne sia anche a livello legislativo la continua immissione di leggi nella società che non fanno altro che rendere la giustizia sempre più cavillosa ed impraticabile.

Forse andrebbe recuperato il fantastico ed il poetico  anche nella nostra vita sociale e produttiva. ..Quella poeticità, che nel mondo antico caratterizza la forma dell’interrogarsi dell’uomo sul reale e sul senso delle proprie esperienze, è spia significativa di una ORIGINARIA CONCORDIA tra una spontanea accettazione dell'altro (non semplicemente etica) e la felicità innata  che con la razionalità  finisce con l’essere dimenticata.  

Occorre superare il  distacco che ha portato quasi a naturalizzare il conflitto tra  poesia e  retorica, e ciò senza voler efficientemente promuovere ed affermare e ri-pensare la verità della gioia  in quanto risultato di una  concezione "etica".

“L’uomo che non voglia far parte della massa non ha che da smettere di essere accomodante con se stesso; segua piuttosto la propria coscienza che gli grida: ’sii te stesso! Tu non sei certo ciò che fai, pensi e desideri ora’. Ogni giovane anima sente giorno e notte questo appello e ne trema; infatti presagisce, rivolgendo il pensiero alla sua reale liberazione, la misura di felicità destinata dall’eternità; felicità che non riuscirà mai a raggiungere se incatenata dalle opinioni e dalla paura. E quanto assurda e desolata può divenire l’esistenza senza questa liberazione! Nella natura non c’è creatura più vuota e ripugnante dell’uomo che è sfuggito al suo genio e ora volge di soppiatto lo sguardo a destra e a sinistra, indietro e ovunque. Un tale uomo alla fine non lo si può neppure attaccare: è solo esteriorità senza nucleo, un marcio costume, pitturato e rigonfio, un fantasma agghindato che non può ispirare paura e tanto meno compassione.” (Friedrich Nietzsche)

Paolo D'Arpini


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sabato 25 febbraio 2017

Cambiamenti in casa PD - E' tempo di Speranza!?


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*Il personaggio più interessante emerso in questo nuovo post-8 settembre, di cui il Governo Gentiloni di compromesso nazionale rappresenta il 'momento' di Bari, è certamente Roberto Speranza, non solo x il nome.*

E' un dirigente politico a tutto tondo, la cui mancanza di telegenìa RAPPRESENTA PERFINO UN VANTAGGIO in termini di capacità raziocinante.

*Un oratore, ma niente affatto rétore, COME QUELLI DI UNA VOLTA, quando parlavano: pacati, ma incisivi e PROFONDI, per la capacità di argomentare e persuadere una platea qualificata.... Che in politica, il pubblico, non è mai indifferenziato .*

E' di alta 'scuola': evidentemente una radice era rimasta nell'antico humus, pur nell'ubriacatura MONDIALE del TOTALIBERISMO ANGLO-SAXON, il cavallo di Troia che scardinò le difese d' EuRoma, *onde Noi tutti diventammo Enea, COL PADRE ANCHISE SULLE SPALLE , per rifondarla in un 'altrove' soltanto temporale.*

*Tanti purtroppo, l' hanno avuta distrutta 'nello spazio', in questi anni che Goya dipingerebbe ancora CON LAS PINTURAS NEGRAS a la 'Quinta del Sordo'.*

*SOLO OGGI LO SCRIBA, CHE LE AMMIRAVA CON COMPULSIVA INGORDIGIA TANTI ANNI FA, FORSE PRESAGA, PUO' BEN COMPRENDERE L' ANGOSCIA DEL GIOVANE CAMPIONE 'LIBERAL' - *---diciamolo al materiale dattilografo che ne zavorra le colonne piombate.


E ne comprende PIENAMENTE il senso.

*Che tutto si dichiara nell' Opera Summa, del Genio senza tempo: " LE FUCILAZIONI DEL 3 MAGGIO 1808 ", dove i semplici e rozzi campesinos de Castilla, CHE COMBATTEVANO CON SACRA FEROCIA A DIFESA DELLA SACRA TERRA PATRIA, LA SPAGNA, CONTRO LE ORDE DELL' AGGRESSIONE PLUTOCRATICA, vengono eretti AD EROI DEL MITO GRECO, col candido bagliore delle camice ESPLOSIVE, sbattuto in faccia ai 'fucilatori meccanici...'*

PICASSO LO RIFUSE PER LA GUERRA DI COREA !!!

*Ma vale anche per l' eroica Armata della Santa Fede, Stalingrado, i Vietminh e i Vietcong, per Cuba, l'Algeria, la Siria Nostra....*

Gianni Caroli - 
gianni_caroli@fastwebnet.it

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P.S.

*ROBERTO SPERANZA D' ITALIA, *PERCHE', CON IL COLLASSO MILITARE, POLITICO, ECONOMICO, DEL IV° B.R.EICH, E' STATA OBBLIGATORIAMENTE RIAPERTA QUELLA 'VIA NAZIONALE' CHE PALMIRO TOGLIATTI, IN ANALOGA CIRCOSTANZA, APERSE PROPRIO NELLA NAPOLI OCCUPATA, CON UN CELEBRE DISCORSO AL CINE "MODERNISSIMO", MAGGIO 1944, CHE RIFIUTAVA OGNI "MODELLO UNIVERSALE".

Adesso, come GOYA, l'abbiamo appreso anche a nostre spese.


venerdì 24 febbraio 2017

Porno Gay News - Le "checche" dell’informazione scomoda


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Il singolare silenzio mediatico (al netto delle fugaci apparizioni televisive del cappottino arancione iscritto ad un circolo cul-turale, a sua insaputa) sulla porno gay news Unar – al secolo Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali del Dipartimento Pari Opportunità (o, se preferite, a questo punto giunti, delle Opportunità tra Pari) – non fa specie.

Di quante notizie veniamo privati dalla laboriosa macchina dell’insabbiamento giornalistico di sistema, non ci rendiamo neanche più conto. Basta essere professionisti di provata onestà intellettuale e, soprattutto, cittadini desiderosi di contribuire alla crescita autentica e responsabile del vivere civile, che, a cura dei lenoni della disinformazione, scatta l’oscuramento (quando non il vilipendio).

E’ il caso, per fare un esempio eclatante, di Enrica Perucchietti tanto impegnata su una materia attuale e inquietante, come quella dei cosiddetti transgender, quanto oscurata!

Cosa vi spaventa di più di questa ideologia gender?
L'evidente tentativo di mutazione antropologica e di cancellazione di ciò che è natura viene divulgato come una rivendicazione di diritti delle minoranze. Lo trovo una strumentalizzazione di battaglie lecite e nate in modo spontaneo, poi cooptate dal potere. L'intenzione evidente è di sradicare l'identità sessuale per rendere fluida la sessualità e a-morfo l'individuo. Se fosse una semplice rivendicazione per i diritti gay non staremmo qua a parlarne. Invece si sta tentando di cancellare il dimorfismo, sradicare l'identità sessuale e omologare gli individui in un clima di crescente intolleranza e violenza contro chi semplicemente biasima questo processo. Dall'altra si sta creando un clima di totalitarismo dei "buoni sentimenti" teso a uniformare le menti in un pensiero unico: chi pensa e si esprime fuori dal coro viene accusato di essere omofobo in una plateale caccia alle streghe. Si avvicina l'introduzione dello psicoreato immaginato da Orwell: non si potrà più nemmeno pensare fuori dal coro”. (tratto da un’Intervista a Enrica Perucchietti, autrice di Unisex: il genderismo come arma di manipolazione di cui segue in allegato un ricco estratto)

Tutto torna e tutto si spiega!

E’ per occultare queste cose che, senza alcun pudore, con sfrontatezza arrogante si industriano nei machiavelli più ignobili per controllare e soffocare la libertà di espressione garantita in qualche misura dalla rete. Per fortuna qualcosa si muove e non mancano forti ruggiti.

Vogliono privare i cittadini della libertà di espressionescrive senza mezzi termini Marcello Foa nella denuncia del tentativo di stampo fascista in atto, per incaprettare ancora più di quanto non lo sia già il sistema dell’informazione. E aggiunge con tanto di foto “a destra il testo del disegno di legge presentato pochi giorni fa, a sinistra il decreto sulla stampa fascista del 1923 


​ 

E, per fortuna, non è solo!

Si, diciamolo alto e forte, è in atto un tentativo di instaurare una dittatura strisciante, fintamente umanitaria, pedagogica ma sottilmente isterica, intollerante, censoria verso la “trascurabile maggioranza dei popoli” che non appartiene alle minoranze protette e ai migranti clandestini”, gli fa eco Marcello Veneziani.. E aggiunge: “È il momento di reagire in modo deciso e composto, a partire dalla denuncia sistematica di ogni episodio”…..a partire – aggiungiamo noi, associandoci volentieri - dalle chicche, anzi, pardon, volevamo dire le checche, dell’informazione scomoda di cui parlavamo all’inizio!

Adriano Colafrancesco - adrianocolafrancesco@gmail.com

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giovedì 23 febbraio 2017

La scissione del PD, le manovre del governo e i compiti del proletariato


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Per non finire cotto a fuoco lento, Renzi ha convocato il congresso del PD, puntando alle elezioni anticipate. La forzatura ha accelerato la lotta intestina di questo puntello sociale dell’imperialismo, intronato dalla batosta referendaria del 4 dicembre.

Nella decomposizione del PD si riflette la crisi di egemonia - dunque di direzione politica e di consenso - della grande borghesia italiana. Tale crisi si approfondirà, poiché si va a indebolire un caposaldo del suo potere politico e della strategia filoatlantica ed europeista.

Con la scissione la maggioranza renziana del PD porterà avanti una linea neocentrista, conservatrice e antioperaia, ma con una minore influenza fra le masse e sui sindacati aventi base di massa.

Una parte della squalificata minoranza socialdemocratica tenterà di ricucire con i Fratoianni e i Pisapia per resuscitare il cadavere del centro-sinistra, che tanti danni ha causato ai lavoratori, e continuare a spacciare illusioni sulla possibilità di riformare l’imperialismo e le sue istituzioni.

La situazione politica e la mancanza di leggi elettorali omogenee mantengono in vita il debole governo Gentiloni, che continuerà ad applicare le controriforme (Jobs Act etc.) e a salvaguardare gli interessi dei vandali dell’alta finanza. 

Quanto reggerà? I giochi non si decideranno solo nel congresso PD, ma sul Colle, oltre Tevere e a Bruxelles, in attesa delle elezioni in Francia e Germania e dell’evolversi della situazione negli USA.  

Sullo sfondo i vertici di marzo con i capi della UE e il G7 di maggio a Taormina, in vista dei quali per i gruppi dominanti della borghesia non si deve muovere foglia, pena l’ulteriore marginalizzazione dello sfibrato imperialismo italiano.

L’immobilismo ha però il fiato corto. Con la fine del bipolarismo le prospettive per il teatrino della politica borghese sono quelle di una minore governabilità e di una maggiore instabilità politica, mentre perdura la stagnazione economica (le stime del PIL sono sotto l’1%) e rimangono irrisolti i gravi problemi finanziari delle banche italiane. 

In questo quadro si inserisce la “manovrina” da 3,4 mld, imposta dalla UE e fatta propria dal governo Gentiloni. I suoi effetti andranno a sommarsi con quelli della lunga stagione dell’austerità che ha devastato la sanità, la scuola e i trasporti pubblici, peggiorato le condizioni di vita di milioni di lavoratori. E anticipano quelli della prossima legge di bilancio  da 20 mld, un’altra terribile mazzata, che non troverà più l’attenuante della “flessibilità”. 

Ci attende un periodo in cui i nodi verranno al pettine, assumendo la forma di conflitti di classe aperti. Come prepararci ad affrontarli? Quali compiti abbiamo di fronte?
Anzitutto, la classe operaia e le masse popolari non devono lasciarsi trascinare nelle beghe dei politicanti borghesi e piccolo borghesi. 

L’interesse degli sfruttati non sta nell’attendere gli eventi, come vorrebbero i nemici dell’unità e della lotta della classe operaia. Dobbiamo invece approfittare della crisi del PD per scalzare fra le masse l’influenza del riformismo e delle varie facce della socialdemocrazia, rompendo la passività, l’attesismo, la pace sociale che predicano gli opportunisti di tutte le risme per aiutare la fatiscente oligarchia.

La situazione chiama alla ripresa di un’azione indipendente di classe, alla riorganizzazione delle nostre forze, fuori dai logori schemi socialdemocratici e parlamentaristi.

E’ necessario metterci risolutamente sulla via dell’unità e della lotta per la difesa intransigente dei nostri interessi rivendicando misure incisive volte a scaricare il debito e la crisi sulla testa dei capitalisti, dei ricchi, dei parassiti, dei corrotti. 
Ciò deve tradursi in mobilitazione e organizzazione, nella moltiplicazione degli scioperi e degli organismi di lotta (Comitati, Consigli, etc.) per sviluppare l’opposizione al governo oligarchico e pretesco di Gentiloni e aprire la strada al cambiamento rivoluzionario della società. 

Contro l’offensiva capitalistica che massacra e umilia gli operai  - in Fiat non c’è più nemmeno il diritto di andare al cesso! – contro la reazione politica e le minacce di guerra imperialista, è più che mai necessaria l’unità di lotta dal basso, l’organizzazione di classe, e assieme ad essa un vasto fronte che organizzi tutti gli sfruttati e gli oppressi, con la classe operaia alla sua testa. 

E’ ora di uscire dall’incubo sociale del neoliberismo e dell’austerità, ma anche dal disastro del capitalismo, che ci riserva solo miseria, regressione sociale, ignoranza e guerre di rapina. 

Ci vuole una rottura rivoluzionaria con questo sistema moribondo, ci vuole un governo operaio e degli altri lavoratori sfruttati, la sola vera alternativa di potere.  La classe operaia potrà assolvere questo compito storico solo con la direzione del suo Partito comunista, il partito rivoluzionario e indipendente del proletariato che dobbiamo costruire per sconfiggere la borghesia e conquistare il socialismo!


Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia

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mercoledì 22 febbraio 2017

Emiliano, il pescivendolo. Nella radicata tradizione dei “masanielli”

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Retroscena dietro retroscena, si arriva alla bocchetta del “suggeritore”. Lì si scopre che il melodramma emiliano era tutto stabilito sin dall'inizio. Dall'accordo del “pesce fresco” stipulato la settimana scorsa a Roma, allorché il berlusca ha accolto l'invito ad incontrare riservatamente Emiliano: appuntamento a cena in un’abitazione romana, quattro coperti a tavola padroni di casa compresi. Il Cavaliere desiderava avere notizie fresche sul Pd, se  si stava davvero avviando alla scissione, ed era parso sollevato dalle parole dell’interlocutore: «E comunque io non me ne andrò mai», aveva detto lapidario Emiliano. E così è stato, lui resta a fare da stampella al rottamatore, facendo la parte del finto concorrente interno, il candidato alternativo,  "ma  di appoggio”. 

 Che penoso teatrino quello messo in mostra dal masaniello emiliano. Giravolte, contorsioni e piroette per arrivare al "coup de théâtre" finale con la presentazione della sua candidatura alla segreteria. Ma come si può  pensare di dare ancora credito a persone simili, la cui unica preoccupazione è quella di crearsi una platea, incuranti di ciò che il paese sta subendo da troppo tempo per causa loro, nonché di aver assestato il colpo definitivo alla loro residua credibilità e serietà?.. 

Anche un uomo dabbene capirebbe che la candidatura dell'emiliano è una farsa, una pulcinellata. La cosa penosa è che, fra il tempo perso dall'altro ambizioso toscano a fare protagonismo in una campagna referendaria ed in un prosieguo sordo e cieco alla risposta dei cittadini alla medesima, tutti hanno dimenticato che il nostro Paese è privo di un reale governo.  Mentre il partito di maggioranza relativa continua a definirsi di centro sinistra, nonostante le nefandezze che ha prodotto nei 1000 giorni guidati dal guappo toscano. 

"Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? 
Quamdiu etiam furor iste tuus nos eludet? Quem ad finem sese effrenata iactabit audacia?"

Fino a che punto deve giungere questa politica, se così vogliamo ancora chiamarla? Mi chiedo infine quale sia il reale tornaconto di questo novello pescivendolo che, guarda caso, è stato “benedetto” dal Berlusca: “Emiliano vincerà, ha le carte giuste” ... Lo scrive La Repubblica edizione barese, mica il Giornaletto di Saul...

Paolo D'Arpini




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martedì 21 febbraio 2017

Pakistan - La minoranza pagana Kalash sfruttata a scopi turistici


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Le valli della catena dell'Hindu Kush (letteralmente: "distruttore di indiani", per la difficoltà di superamento dei suoi alti passi) appaiono così aspre e brulle da farle ritenere inospitali. Invece, da tempi immemorabili, tra queste gole rocciose e impervie, lavorate per millenni dall'erosione eolica e dalle acque di torrenti impetuosi, vive un' etnia le cui origini sono tuttora avvolte nel mistero.

I Kalash sono individui dall'aspetto indoeuropeo caratterizzati da lineamenti fini, nasi sottili,occhi e capelli spesso chiari e dal carattere gioviale.

La valle è abitata da un antico e magico popolo, i Kalash.

Una volta li chiamavano Kafiri, che in arabo vuol dire "infedele", e occupavano il Kafiristan, regione dell'Afghanistan oggi ribattezzata Nuristan. Tra le varie teorie formulate da etnologi e antropologi sulle origini dei Kalash,la più suggestiva è quella che li vuole eredi dei disertori dell'armata di Alessandro il Macedone il quale, dopo essersi spinto sino all'Indo nella sua campagna del 325 a.C. prese la decisione di ritornare in patria. Decisione non da tutti condivisa; infatti, alcuni soldati che si erano uniti a donne locali, per nulla attirati dall'intraprendere la faticosa marcia di ritorno, decisero di restare.

Essi vivono una vita di clan dalle abitudini ancestrali legate ai ritmi della natura. La loro esistenza si basa su un'economia strettamente agricola, integrata in parte dall'allevamento di ovini e animali domestici.


Da qualche anno, i loro villaggi sono stati raggiunti dall'elettricità e dotati di cisterne per l'acqua potabile. Le regole politiche sono ispirate ad una forma antichissima di democrazia che in qualche modo ricorda le città-Stato della Grecia antica: il consiglio dei tredici magistrati che viene eletto dagli uomini adulti regge per un anno le sorti del villaggio, amministra la giustizia, veglia sul rispetto del diritto consuetudinario; a sua volta, il consiglio elegge un suo rappresentante che ha compiti esecutivi e contemporaneamente rappresenta il villaggio nell'assemblea plenaria di tutte le tribù nella quale si decidono i problemi collettivi, dal pascolo alla difesa, alla vendita del bestiame.


La comunità dei Kalash è un mondo fatto di sorrisi, di dignitosa povertà, di grande fierezza e di immensa ospitalità.

Da questo mitico momento si entra in un mondo in cui per millenni nulla sembra essere cambiato: né la natura delle vallate piene di boschi che ricordano certe strette e verdi valli svizzere, né le tecniche o le abitudini di vita, né la complessa religione.

La lingua il Kalashwar è solo parlata e la totale assenza di testi scritti che possano rappresentare dei solidi punti di riferimento su cui le nuove generazioni possano contare fa si che molti si convertano all'Islam per poter studiare, per non essere emarginati nella loro terra, nella loro valle.

I Kalash mantengono una cultura unica e misteriosa che ha almeno 4mila anni di storia. 
Per la festa della primavera (Joshi) le donne sfoggiano abiti e monili diversi dal quotidiano, mentre gli uomini, vestono come i musulmani, uniche differenze: una cintura di stoffa colorata tenuta ad armacollo e qualche piuma di uccello appuntata sul tondo berretto in lana.

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L'abito delle donne kalash è di cotone nero ricamato a vari colori con disegni geometrici a greche; al collo portano centinaia di collane fatte con perline di vetro o di plastica coloratissime. Sul capo invece, troneggia una stola che scende sulle spalle composta da conchiglie, bottoni di madreperla e piastrine metalliche.
Più la donna è ricca e più prezioso è il suo kopas (così si chiamano questi copricapi).

Alcune di loro, specie le ragazze nubili si tingono le mani con l'henné e in occasione di feste come questa, usano un pesante trucco, dall'effetto simile a tatuaggi. Incontrandosi due donne kalash si baciano tre volte sulle guance e sulla mano destra.
La festa offre parecchi spunti di colore - gli abiti più belli e le acconciature più elaborate.

Ciò che più colpisce è lo spirito di socialità col quale gli abitanti di ciascun villaggio accolgono gli ospiti dei villaggi vicini; si abbracciano, si scambiano calorose strette di mano e sorridono spesso, denunciando un carattere allegro e mite.

Nella festa Joshi le danze si protraggono, senza un attimo di sosta, per tutta la giornata fino a notte inoltrata. Intanto, a valle, si cuoce il pane per il giorno seguente. Anche il secondo giorno è all'insegna di canti e danze; inoltre appaiono i kasi, gli anziani, coloro che, in mancanza di testi scritti, hanno il compito di raccogliere la tradizione orale e di tramandarla di generazione in generazione.
A turno, con le loro luccicanti tuniche, si pongono al centro della scena e rievocano l'epopea del popolo kalash. Bashara Khan, uno dei capi-villaggio, brandendo un lungo bastone ricoperto d'argento avuto in eredità dal nonno, esorta il suo popolo a rispettare le tradizioni e a non piegarsi alle tentazioni del mondo, il vero grande pericolo per l'integrità della cultura kalash.

Tra il 1895 ed il 1898, l'emiro di Kabul, Abdur Rahman, scatenò una guerra ferocissima contro questi infedeli che avevano ai suoi occhi due torti fondamentali: erano, appunto, infedeli e avevano velleità indipendentistiche.


L'emiro afghano risolse il problema in modo radicale e particolarmente cruento: li sterminò quasi tutti.

I kasi, titolo che viene dato a coloro che raccolgono la tradizione orale e la tramandano, passando di casa in casa, di villaggio in villaggio, sostengono che l'assalto dei nemici alla loro libertà per costringerli a rinunciare alla loro religione, è stato continuo per secoli. Per questo dovettero spostarsi poco alla volta sempre più lontano ed in luoghi sempre più appartati sino a quando un dehar, un veggente, nel corso di una trance vide una divinità che gli parlò: "Io, disse, lancerò tre frecce nel cielo, saranno di tre colori, una rossa, una gialla ed una nera. I tre figli dell'ultimo capo Kalash, Rumboor, Birir e Bumburate dovranno andare a cercarle e costruire un paese che porterà il loro nome e così vivranno in pace in mezzo agli dei".

I tre giovani percorsero le montagne dal fondo delle valli alle cime innevate, e, finalmente, trovarono le tre frecce nelle valli che scendevano a raggiera come un fiore per incontrarsi nella valle del Chitral.

Forse leggendaria è la loro origine. Nel 327 a.C. Alessandro il Grande con il suo immenso esercito passò per questi luoghi in un'epica marcia di conquista verso l'India. Alcuni suoi soldati, incantati dalla bellezza dei luoghi, decisero di rimanere; i Kalash sarebbero loro discendenti.

Di certo c'è, per ora, che, varcata la porta magica, si entra in un mondo popolato da Dei il cui padre e Di-Zao (nel pantheon greco è Dias-Zeus) ed il cui messaggero è il dio Balumain, i cui simboli il sole, la luce ed il cavallo sono gli stessi di Apollo; Dei che pretendono di essere adorati almeno tre volte l'anno con complessi riti purificatori della durata di svariati giorni ciascuno, durante i quali si compie il sacrificio di molte capre.

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I Kalash, gli ultimi infedeli nel cuore dell'Islam, non più di 4mila uomini schiacciati tra la minaccia dei Talebani e gli interessi economici di Karachi.


Molto prima dei turisti che oggi scendono dalle jeep con le macchine fotografiche spianate, quasi andassero a un safari, i primi europei a scoprire l'esistenza del popolo Kalash, abbarbicato sulle montagne impervie dell'Asia, furono gli hippie in cerca dell'anima che migravano come formiche verso l'India, alla fine degli anni '60.


La Kalash Indigenous Survival Programme è un'organizzazione che lavora per le indigenti persone Kalash: "...ancora oggi ci atteniamo alla nostra cultura, alle convenzioni e tradizioni ma a causa di varie ragioni sia il nostro popolo, sia la nostra cultura s'indeboliscono sempre più e senza immediati provvedimenti sarà troppo ritardi per fermarne il declino.


Con questo scopo e per migliorare le condizioni di vita è nata, alla fine del 1998, la KISP e questi sono alcuni dei nostri sforzi: abbiamo iniziato a tenere seminari nazionali ed internazionali per presentare il popolo Kalash e per lottare per i nostri diritti, come pure abbiamo organizzato una campagna locale e nazionale sull'unità consapevole fra le maggioranze e le minoranze del Pakistan. Stiamo sostenendo due piccoli ospedali a Rumboor e Birir e più di 5000 mille persone hanno avuto benefici con i medicinali gratuiti. Stiamo sostenendo studenti alcuni dei quali presso i collegi di Peshawar...".

Il governo pakistano, un tempo nettamente ostile ai Kalash, oggi invece ne utilizza il territorio in tre modi: come attrattiva turistica (nei poster della compagnia di linea ci sono le donne kalash in costume tipico), come cuscinetto per i profughi che arrivano a frotte dall'Afghanistan, martoriato da 20 anni di guerra civile, e infine come luogo dove i grandi proprietari di hotel stanno costruendo senza infrastrutture".


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(Fonte: Ereticamente)

lunedì 20 febbraio 2017

Scissione PD, conseguenza delle "primarie aperte"


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Tutto cominciò il dì in cui  Bersani, per dare una dimostrazione di "apertura democratica" acconsentì ad indire le "primarie aperte", ovvero aperte a chiunque pagasse 2 euro ai seggi, contestualmente all'espressione della preferenza. La prima volta gli andò bene ma fu costretto a "rinunciare" per l'impossibilità di formare un governo (a causa della dabbenaggine dimostrata da Grillo) nelle successive primarie  il "rottamatore" (in finta concorrenza con i due bolsi Civati e Cuperlo) trionfò e prese tutto il cucuzzaro.  Il risultato fu  ottenuto perché  a votare ci andarono  tutti quelli che avevano un interesse a sostenere renzi. Ovvero forzaitalioti ed ex democristiani  e frotte di extracomunitari, di picciotti, di "simpatizzanti" di varia estrazione e natura cooptati all'occorrenza.  Così renzi fu eletto segretario e subito dopo si sostituì a Letta alla  Presidenza del Consiglio, senza passare dalle urne (ricordate il celebre  detto "Stai sereno Enrico" prima del calcio in c.?). 

Da allora le malefatte di renzi non si contano più... in due anni di malgoverno egli riuscì a fare un numero "ridicolo" di riforme  che hanno cambiato lo scenario politico ed economico del paese... Senza volerle menzionare tutte ricordo la soppressione dei diritti dei lavoratori, l'eliminazione del voto provinciale, la politica filo bancaria e armaiola a tutto scapito dei servizi, etc. Per fortuna le riforme peggiori, quelle costituzionali e quella sulla legge elettorale "italicum" sono state bocciate rispettivamente dal popolo, con il recente referendum,  e dalla consulta. 

Malgrado le bocciature, ed i risultati meschini raggiunti in questi anni, renzi ha ancora la faccia tosta di riproporsi a guida del paese. La sua caparbietà giunge sino al punto di preferire la frantumazione del partito nel quale si è incistato -come fa il cuculo ponendo le sue uova nei nidi altrui. In verità  il PD è risultato il nido ideale per il cuculo  Renzi. 

Ed avendo eliminato ogni opposizione, con la "shis sione", egli  finalmente può congiungersi  apertamente al suo predecessore e partner  Berlusconi. In fondo non ha più bisogno del PD gli basterà il  "Partito della Nazione". Renzi ritiene che la sua alleanza con i media, le banche e le multinazionali (e l'appoggio del cavaliere)  sarà sufficiente a garantirgli il seggio supremo.  

Male fecero i cattivi consiglieri che convinsero Bersani & soci a svolgere ‘primarie aperte ai non iscritti’  ed ora se ne vedono le disastrose conseguenze. 

Piango, da tesserato del PD,  e non so più a quale santo votarmi. Qui si tratta di passare dalla padella alla brace... 


Paolo D'Arpini


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Tantrismo... se il sesso aiuta la causa (spirituale)!



Nei testi che trattano di tantrismo abbiamo spesso letto che individui speciali, dotati di un’autentica potenzialità spirituale, riuscivano sovente a convertire altri esseri umani (ovviamente di sesso opposto) proprio grazie ad un’abile utilizzo delle loro potenti capacità sessuali. Queste persone speciali (grandi yogi, o mahasiddha) erano in grado di ottenere risultati davvero strabilianti, tramite le pratiche tantriche di cui erano perfettamente padroni, risultando così vincenti nel rapporto sessuale e affettivo, tanto che i loro partner (spesso al femminile, ma talvolta anche al maschile) arrivavano così ad una sorta di venerazione che poi, una volta che essi stessi raggiungevano la vera comprensione del Dharma, sublimavano in una comune Coscienza unica. 

Alcune di queste storie  sono spesso state davvero promozionali per l’illuminazione delle persone che ebbero tali esperienze (in quanto un individuo realizzato ha sempre principalmente a cuore la redenzione e la salvezza degli altri esseri, portandoli poi alla conoscenza del Dharma) si può perciò capire quanto mai utili possano esser state quelle esperienze (e quindi, anche quelle di tipo sessuale).

Poiché, di solito, il sesso è già di per sé una forte attrattiva e una potente calamita che spinge le persone fuori di sé per farle aggrappare fisicamente e mentalmente ad un altro individuo di sesso opposto (o almeno, questo è ciò che avviene in natura nella maggior parte dei casi), il cosiddetto sesso sacro è usato dalle persone illuminate per far dirigere le persone ‘normali’ verso la spiritualità. Questi esseri illuminati, proprio per attirare gli esseri ‘ordinari’ verso il Dharma, diventavano delle ‘esche’, al fine di poter essere afferrate dalle menti delle persone ottenebrate ed abituate a trattare con i consueti fenomeni ‘normali’ del mondo ordinario (samsara). Quindi, proprio come veri bodhisattva, essi scendevano nei meandri della vita di tutti i giorni e utilizzavano la loro abilità nelle arti amatorie per far innamorare i rispettivi partner occasionali.

    I mahasiddha indiani e tibetani (e probabilmente anche cinesi) usavano tutta lo loro potente virilità per riuscire a far innamorare particolari donne che poi, quando erano ben emancipate, diventavano a loro volta delle ‘realizzate’ che poi andavano a caccia di determinati uomini, per ripetere tutta la faccenda… (0vviamente, in tutto ciò giocava anche e soprattutto il ruolo del karma, dato che solo persone con elevati meriti virtuosi potevano essere avvicinate dai bodhisattva, per la loro redenzione). Così, tutte quelle persone che venivano attratte dall’amo del bodhisattva, normalmente, diventavano a loro volta individui speciali dotati di forte capacità intuitiva per comprendere il Dharma e proseguire così l’apostolato.

   Bisogna dire, comunque, che questa sorta di iniziazione tramite l’approccio sessuale, o almeno tramite il rapporto affettivo, non fu soltanto una prerogativa dell’Induismo e del Buddismo. Vi sono innumerevoli esempi, più o meno approfonditi o rivelati in modo parziale, anche in altre religioni. Già nell’antico Cristianesimo possiamo leggere che Licia, una giovane fanciulla che era al seguito dei discepoli e dei seguaci di Gesù Cristo, fece innamorare di sé un giovane centurione, al fine di convertirlo alla ‘fede’, e grazie alle sue ‘grazie’, a quanto sembra vi riuscì… 


E nell’Islam, ai devoti musulmani che applicano bene la religione e le regole del Corano, viene promesso che dopo la loro morte essi potranno arrivare in un celestiale paradiso, delizioso e pieno di felicità, abitato da disponibilissime e bellissime vergini chiamate ‘uri’, che sanno bene come ricompensare i baldi giovani che hanno meritato quel paradiso… Vi sono comunque tanti esempi, per cui non serve che io ne faccia un elenco. Basta saper sfogliare i testi sacri e si scoprirà che la sessualità, se usata a fin di bene, è una magnifica ‘leva’ per poter aprire la porta del cuore, e quindi per approdare alle sponde del Nirvana.

   D’altronde, nel Buddismo, il sesso non è mai esplicitamente vietato. Al contrario, noi troviamo che viene solo raccomandato di ‘non fare sesso scorretto’, il che significa che vi sono circostanze, periodi e persone in cui e con le quali il sesso NON si deve fare. Ed è facile capire quali siano le persone, le circostanze e i periodi in cui bisogna astenersi dal fare sesso. Sono tutte quelle volte in cui il sesso produce dolore e sofferenza. Cioè, quando si fa soffrire qualche persona a causa del voler ricercare il nostro personale piacere e quindi, ogni volta che si provoca un dolore nella mente di un’altra persona. Facilmente si capisce, perciò, quali siano le occasioni e le persone con le quali bisogna astenersi dal fare sesso. In tutte le altre occasioni, quando la natura e l’altra persona (il partner, o coloro da cui essa dipende) sono permissive e consenzienti fino in fondo, allora possiamo utilizzare il sesso per provare, e far provare gioia e felicità.

  Oggigiorno, sembra che le cose che riguardano la sessualità non siano più così facili, e forse nemmeno così utili e vantaggiose. La morale sociale e religiosa più imperante è che il sesso può essere fatto solo dopo il matrimonio ed a scopo procreativo. Qualche eccezione la legge la consente a persone adulte consenzienti che abbiano comunque la decenza di farlo in luoghi privati ed appartati. Ma, quanto agli effetti ‘emozionali’ e psi-cologici che i rapporti sessuali hanno sulla sfera sociale, la cosa viene lasciata al caso o solo alla maturità individuale delle singole persone. Benchè vi sia un numero crescente di ‘sessuologi’ che blaterano intorno alla sessualità, nelle istituzioni pubbliche e sociali il sesso è e resta sempre un ‘tabù’, anche a causa di una continua ‘degenerazione’ delle coscienze che, ai giorni nostri, sono davvero ridotte allo stato pre-animale.

  Forse, ed è appunto questa la conclusione del mio discorso, oggigiorno nemmeno la religione e la spiritualità possono più redimere il sesso e farlo tornare alla sua funzione di sacralità. Se, continuamente, nella Chiesa Cattolica moltissimi sacerdoti e alti prelati sono accusati, e spesso anche condannati, per i loro immorali atti sessuali perpetrati nei confronti di ingenui giovani e donne che frequentano oratori e sacrestie, ciò sta a significare che la funzione di sesso sacro si è profondamente ‘trasformata’. Mancando un vero spirito di redenzione e salvezza dell’anima nei riguardi dei nostri simili, oscurati dalla loro ignoranza di ‘come le cose veramente sono’, quei religiosi di qualunque tipo che oggi sono così invischiati nelle passioni del sesso, purtroppo cadono nella egoistica trappola del mero sfogo personale. Ecco quindi perché, alla fine, essi vengono travolti totalmente, restando imprigionati alle passioni solo per il loro piacere personale, e non certo per un atto di compassione e tenerezza verso gli ingenui succubi delle loro turpi manifestazioni.

   Purtroppo, questo mistero del ‘sesso-sacro’ rimane oscuro ed ignoto ai profani, dato che esso si svela e viene totalmente compreso solo dopo l’illuminazione. Infatti, è solo quando si è compreso che ‘siamo tutti un’unica realtà, che è possibile sentirsi e ‘inter-relarsi’ come se fossimo tutti ‘un solo corpo’. A quel punto, così come ognuno sa bene come far emergere il piacere dal proprio corpo, manipolandolo senza alcun bisogno di creare disturbi in altre persone, a quel punto, si sarà in grado di far sorgere il piacere in altre persone, pensandole e trattandole come se fossero il nostro stesso corpo. Però questo è il segno e la caratteristica di chi ha superato il limite egoistico della persona comune, ed è in grado di usare il sesso allo steso modo di ogni altra capacità umana, se e quando è usata allo scopo altruistico per aiutare e non nuocere agli altri 

   Questo significa che, al giorno d’oggi, in cui il sesso è spesso considerato quasi come una violenza fatta su qualche altra persona, di solito ignorante in materia ed educata soltanto a non essere usata come sfogo degli altrui istinti animaleschi, è molto meglio applicare la ‘via della rinuncia’. Alla luce di questo, i bodhisattva contemporanei hanno dovuto riadattarsi e riprogrammarsi. Oggi non è più possibile (se non in particolari e rare circostanze) gettare l’esca della sessualità tantrica per far abboccare le coscienze. Oggi è necessario saper utilizzare meglio gli altri ‘mezzi-abili’, che sono la dialettica, la metafisica, una buona capacità di convinzione, il carisma (quando c’è) e una grande compassione mentale che sia in grado di espandere il suo amore per gli esseri, perché non vuole più vederli soffrire e vuole portare le loro menti sulla via della saggezza consapevole e dell’illuminazione.


Alberto Mengoni