venerdì 13 maggio 2016

Tasse ed opere di bene - 8 per mille? Meglio destinarlo alla Chiesa Ortodossa...



Tempo di dichiarazione dei redditi, tempi bui. La sfiducia verso il nostro sistema fiscale è ai massimi storici, malgrado la ritornante litanìa del chierichetto toscano (Premio Faccina di Bronzo 2016) in merito ad una immaginaria riduzione delle tasse. Né aiuta il tormentone quotidiano di “Striscia la Notizia”, che implacabilmente ogni sera aggiunge nuovi concreti elementi all’inchiesta che documenta le angherìe verso quei contribuenti che hanno avuto la sfortuna di acquistare anche soltanto un muro. Attenzione, non facciamoci trarre in inganno: la colpa non è dei singoli funzionari che si inventano fantastiche valutazioni degli immobili acquistati, ma del potere politico che impone loro di recuperare una cifra X dal controllo degli atti di compravendita. 
È un altro regalo degli americani: si chiama “direzione per obiettivi”, e consiste nell’imposizione – dal vertice di una qualunque azienda ai propri uffici periferici – di specifici obiettivi di bilancio, da raggiungere tassativamente ed in periodi stabiliti. Obiettivi che il capo dello stabilimento periferico (privato o pubblico, di natura fiscale o sanitaria o scolastica o di qualunque altro tipo) riverbera naturalmente sui capi-settore dipendenti, ciascuno dei quali deve dunque ottenere, nell’anno, determinati risultati. E se non ci sono le condizioni oggettive per ottenerli, se – nel nostro caso – il mercato immobiliare di un dato territorio non consente di raggiungere il traguardo prefissato, al vertice non interessa. Gli obiettivi devono essere raggiunti, senza se e senza ma.
Spero che questo meccanismo sia chiaro a Ricci, e che questi alzi il tiro. L’inchiesta di “Striscia la Notizia” dovrebbe spostare la sua attenzione: dai funzionari locali (i quali in fondo sono dei poveri cristi che devono portare il pane a casa) al vertice dell’Agenzia che assegna gli obiettivi e, più su, al Ministero delle Finanze che, a sua volta, impone alla dipendente Agenzia delle Entrate di far quadrare il cerchio, di ricavare da quest’assurda politica di cosiddetti controlli un gettito che equivalga a quello di una piccola “patrimoniale”. Patrimoniale che – e ritorniamo al punto di partenza – non può essere ufficialmente varata, perché altrimenti il Vispo Tereso avrebbe maggiori difficoltà a sostenere di aver diminuito le tasse. In altre parole – come da antico detto popolare – il pesce puzza dalla testa.
Cambiamo argomento, ma sempre in tema di dichiarazione dei redditi. Il MEF (Ministero dell’Economia e delle Finanze) – nella sua immensa bontà – ha predisposto una dichiarazione dei redditi pre-compilata, che gran parte dei contribuenti (si parla addirittura di trenta milioni di soggetti!) potrebbe utilizzare direttamente e con il miraggio di una benevola semplificazione della documentazione da allegare. Chi crede nella generosità del Ministero di Via Cernaia farà bene ad approfittarne. Agli increduli, consiglio di fare come per il passato, magari ricorrendo all’assistenza di un consulente smaliziato.
Un’ultima riflessione, relativa alla quota-parte delle nostre tasse che possiamo destinare a soggetti che hanno la nostra stima: nel campo politico (il 2 per mille), nel campo sociale e culturale (il 5 per mille), nel campo religioso (l’8 per mille). Naturalmente, ove non si specificasse nulla, questa non trascurabile percentuale delle nostre tasse – complessivamente l’uno e mezzo per cento – rimarrebbe nelle capaci casse dell’Agenzia delle Entrate.
Ebbene, quest’anno voglio rendere pubbliche le mie “destinazioni”. Il mio 2 per mille andrà a Fratelli d’Italia - Alleanza Nazionale, anche se continuerò a votare per Salvini, perché mi sembra il più deciso contro l’invasione migratoria. Il mio 5 per mille andrà alla LAV, la Lega Anti Vivisezione, perché sono un animalista convinto. Il mio 8 per mille, infine, non andrà alla Chiesa Cattolica, maalla Chiesa Ortodossa (ufficialmente: Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia ed Esarcato per l’Europa Meridionale).
Due parole per spiegare, se mai ce ne fosse bisogno, il perché di quest’ultima scelta. Il fatto è – se non vogliamo girarci attorno – che non mi riconosco più in questo Papa che predica pervicacemente, ossessivamente, asfissiantemente la cosiddetta “accoglienza”. Un’accoglienza che non è soltanto pio soccorso verso chi soffre, e che – in una normale ottica buonista – andrebbe accolto provvisoriamente, aiutato, rifocillato e poi rimandato a casa sua nel momento in cui cessasse il pericolo. No, non è solo un nobile esercizio di umana pietà, quello di questo Pontefice, ma il disegno lucido, preciso di accogliere permanentemente tutti i migranti (e non solo i profughi), di integrarli (fingendo di ignorare che la gran parte dei musulmani non vuole farsi “includere”), di farli diventare – loro e/o i loro figli – cittadini italiani ed europei con pari diritti rispetto a noi e ai nostri figli, osteggiando in maniera scientifica l’esistenza degli Stati nazionali, con le loro regole, con le loro frontiere (i “muri”), con la loro identità etnica, antropologica, culturale, linguistica e – anche se la cosa non sembra interessargli soverchiamente – religiosa.
Ecco: a questo disegno io mi sento del tutto estraneo. Anzi, lo considero un disegno concepito contro di me, contro i miei figli, contro la mia patria e contro tutte le patrie; in nome di un’utopia mondialista che, aprendo le porte dell’Europa a chiunque voglia entrarvi (anche soltanto “in cerca di una vita migliore”), pone oggettivamente le premesse per la nostra distruzione come popolo, come cultura, come civiltà.
E non mi si dica che esagero. I dati statistici sono inequivocabili: gli europei sono 700 milioni, gli africani sono un miliardo, gli asiatici 4 miliardi. Soltanto fra trentacinque anni, nel 2050, gli europei scenderanno a 600 milioni, gli africani saliranno a 2 miliardi, gli asiatici a più di 5 miliardi. Se solo il 10% degli afro-asiatici (ma saranno molti di più) decideranno di venire in Europa per cercare “una vita migliore”, ci sommergeranno letteralmente. Di fronte a questi numeri – che il Papa conosce bene – auspicare un’Europa «ove essere migrante non sia delitto» significa auspicare la fine dell’Europa.
E allora – in umiltà ma non in silenzio – scelgo di non contribuire all’«obolo di San Pietro», ma di dare il mio contributo alla Chiesa Cristiana Ortodossa. Una Chiesa in tutto e per tutto simile alla Cattolica, tranne che per due particolari: il suo rispetto per gli Stati Nazionali, e il suo rifiuto di riconoscere la primazìa assoluta del Vescovo di Roma. La mia non è ancora un’apostasia, ma una semplice presa di distanza, una manifestazione d’insofferenza. Così, laicamente, com’è mio costume.
In fondo – ritornando all’argomento – anche la dichiarazione dei redditi può essere occasione per qualche riflessione che vada oltre l’ordinaria amministrazione.

Michele Rallo 

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