lunedì 14 marzo 2016

USA. Tira un brutto vento... (di guerra)



Attualmente circolano con antipatica insistenza sui mass media di regime numerose voci e discussioni riguardo ipotetiche nuove guerre, che assomigliano peraltro tutte e ovunque patetiche dichiarazioni sull'aria fritta. Il tempo passa, e nelle dinamiche dell'epoca siamo passati da un presuntuoso tentativo di impero mondiale ad un pianeta nuovamente bipolare, sicché gli Usa, vertice decisionale del capitalismo occidentale, sono sempre meno in gradi di agire internazionalmente a modo loro. 

In Siria si sono definitivamente impantanati in un vicolo cieco senza uscita, dell'Iran neanche si parla più, riguardo la Libia si farnetica continuamente senza
organizzazione né piano né prospettive. Man mano che declina la capacità di intervento espansionista all'estero vengono progressivamente meno i profitti dell'economia di guerra, e le contraddizioni da affrontare si scaricano sempre di più all'interno dei confini. 


Ciò comporta che la destra americana sa di avere ormai esaurito i tempi d'oro, e di trovarsi di fronte ad un groviglio di gatte da pelare progressivamente sempre più problematiche e difficilmente risolvibili, dal momento che anche i cittadini americani
sono oltre un dato limite individui umani che si stufano quando vengono sistematicamente derubati e truffati. Pertanto tentano pubblicitariamente di distogliere l'attenzione mediatica prospettando guerre fattibili sempre di più solo sulla carta, tanto "governare è far credere", come accortamente osservava Machiavelli. 


Lo scopo di queste campagne di guerra, meramente propagandistiche, è strumentale
ricerca di consenso. Ma il cittadino medio percepisce sempre di più che il nemico è in casa nostra, perché non si chiama Libia né Siria bensì crisi economica indotta da classe politica corrotta, fraudolenta e traditrice. 


Il fatto che Obama possa permettersi di criticare pubblicamente come inutile, anzi fallimentare, l'infame guerra di Libia del 2011, assieme alla crescita di consensi per il candidato Bernie Sanders, un senatore che votò contro gli interventi militari e contro il Patriot Act, sono indici di lenta ma evidente emersione della parte critica dell'opinione pubblica Usa, che per forza di cose è destinata a crescere, di fronte ad una crisi capitalista che erode da troppo tempo la condizione della classe media. 

E nel frattempo, i mass media mainstream sono sempre più in affanno nel tentativo di
coprire le sterminate colpe della banda criminale Bush-Cheney-Rumsfeld-McCain-Clinton riguardo la creazione U$A di eserciti terroristici stranieri come Al Quaeda e I$I$. 


La guerra del Vietnam finì quando i membri del Congresso si resero conto di non
essere più in condizione di riuscire ad imporre tasse al popolo per coprire le spese di guerra. 
E' abbastanza verosimile che gli Stati Uniti stiano ora entrando in una fase interna molto simile a quella di allora. Va anche aggiunto che la delirante citazione di presunti "piani A, B, C, D....." di intervento in Libia o altrove è una pratica del tutto ridicola per la sua palese illogicità. 

In guerra i piani non si annunciano in pubblico, si eseguono a sorpresa. Quella cui siamo di fronte non è che pubblicità di quart'ordine, da piazzisti di saponette in crisi per gli invenduti non richiesti da nessuno. In breve, i politici di regime cercano di prendere per il culo la gente, distraendola e spaventandola fin che il gioco riesca, mentre si grattano la testa chiedendosi " e ora che cavolo facciamo?".

Vincenzo Zamboni

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