martedì 26 gennaio 2016

Per non tornare all'aborto clandestino...



Tra tante notizie leggo pure che ''i bisturi in Italia non tagliano più''. L'allarme arriva dalla Acoi, l'Associazione dei Chirurghi Ospedalieri Italiani che ha ricevuto segnalazioni da migliaia di medici in tutta Italia. La ''mediocre qualità'' dei bisturi utilizzati ha conseguenze sia estetiche (perché il taglio perde la famosa precisione chirurgica) sia infettive. 

Ecco, in tempo di diritti e di ricordi, voglio renderne pubblico uno mio, personale e molto attuale, anche se sono trascorsi 38 anni.

La legge sulla IVG è la Legge 22 maggio 1978, n.194 (generalmente citata come "la 194"). 

Era la vigilia di Pasqua nell'aprile del 1979 quando andai ad abortire e non avevo ancora figli: ne avevo parlato prima con mio marito e mio padre, quest'ultimo non sapeva -ma forse sì- la gravità del suo male, tanto che morì dopo un mese: lasciarono a me la scelta sul da farsi, non entusiasti che potesse nascere un bambino, in quel momento...

Ero la prima figlia, ed ero da sola, perché entrambi i miei genitori erano figli unici, mio padre, Osvaldo Goracci, aveva 56 anni: stava per mancare l'amore grande di mia madre e noi tre sorelle. Dopo peripezie inaudite e code chilometriche, con la raccomandazione dell'amica dell'amica, nonché segretaria di un noto professore del Policlinico di Roma, obiettore di coscienza ma abortista in clinica privata, riuscii ad essere inserita per quel 14 aprile.Avevo paura ma ero troppo presa dal chiudere quel momento e concentrarmi sugli ultimi tempi drammatici della malattia di mio padre.Mi ritrovai con una decina di donne circa, in uno stanzone degno di una stalla, senza un minimo tratto di ambiente sereno. Ci fecero scegliere subito se volevamo l'anestesia locale o completa. Solo una scelse quella modalità, prendendosi la briga di rimanere a dormire su uno di quei letti da carcerato, senza lenzuola con un unico bagno già lordo di sangue alle 8:30 del mattino e privo di carta igienica, fino alla sera.

Quando fu il mio turno, il ginecologo mi fece aprire le gambe, e cominciò con le iniezioni, poi cacciò un urlo e disse che gli strumenti che gli avevano dato erano sporchi. Io ero gelata come fossi morta, diventai anche ironica e non so cosa gli dissi, lui espresse il suo rammarico e le scuse e continuò l'operazione.Fui buttata di peso letteralmente su quel materasso a strisce marroni e fondo color "crema", dopo due ore forse, chiesi di andare al bagno (e ormai erano finiti tutti gli interventi) ma non trovavo le mie pantofole. Una delle infermiere me le tirò e riprese a parlare con le sue colleghe nella stanza dell'infermeria. Quando mio marito venne a riprendermi nel pomeriggio con un suo cugino per portarmi a casa, svenne alla vista di quel posto, da fuori... Aspettai che rinvenisse per tornare a casa e fare la Pasqua.Fui fortunata perché dopo solo due anni ebbi il primo figlio, tanto desiderato. Ho marciato come tante donne per avere e dare il diritto al divorzio e all'aborto anche se allora non ero sposata e non avevo necessità di non mettere al mondo un figlio ma ritenevo giusto e indispensabile dare questa possibilità a chi la chiedeva...

Leggere ora di questi "tagli" nella Sanità, mi addolora e preoccupa tantissimo: anche in questo modo condivido le notizie. 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.