lunedì 30 novembre 2015

Parigi - Déjà vu e coincidenze strane - "L'intelligence a volte non è molto intelligente"



Déjà vu n.1 - I "buchi" nell'intelligence
Dopo Parigi ci hanno raccontato che i servizi francesi avevano avuto diverse segnalazioni sugli attentati imminenti, ma che "non sono riusciti a collegare le informazioni" in modo da riuscire a prevenirli.
Dopo l'11 settembre ci hanno raccontato che CIA, FBI, NSA eccetera avevano ricevuto diversi avvisi sugli attacchi imminenti, ma che non avevano saputo "connect the dots" (collegare i puntini).
Soltanto un imbecille può credere che i servizi occidentali fra i più esperti al mondo (quelli francesi e quelli americani) siano talmente imbranati da non saper prevenire un attacco che è stato ampiamente annunciato da soffiate di ogni tipo. E' molto più probabile, invece, che tutte queste informazioni siano state ignorate intenzionalmente (come nel noto caso di Coleen Rowley, la whistleblower dell'FBI), proprio perchè si voleva che gli attentati andassero in porto.
Fra l'altro, sia gli americani che i francesi si sono curiosamente dimenticati di punire, licenziare, o perlomeno sospendere dal servizio coloro che avrebbero commessi questi errori clamorosi. Come se le vite dei loro concittadini, perdute a causa di questi errori, non contassero nulla.

Déjà vu n.2 - L'attacco alle nostre libertà
Subito dopo gli attentati di Parigi, ci hanno racconato che "l'Islam ci attacca perchè odiano i nostri valori di libertà e democrazia".
Subito dopo l'11 settembre ci hanno raccontato che gli islamici hanno organizzato gli attentati alle Torri Gemelle "perchè odiavano l'occidente con i suoi valori di libertà e democrazia".
Peccato che in ambedue i casi i presunti esecutori di questi attentati fossero dei caproni da discoteca che giocavano d'azzardo, bevevano alcol e sniffavano coca direttamente dalle chiappe delle prostitute con cui passavano le loro serate. Tutte abitudini che con l'Islam hanno ben poco a che fare.

Déjà vu n.3 - Appello all'unità nazionale
Due giorni dopo gli attentati di Parigi, l'intero parlamento francese cantava in coro l'inno nazionale, con la mano sul cuore, per richiamare i propri concittadini a quel "senso di unità nazionale" che fa così tanto comodo a chi governa, per rafforzare le proprie posizioni e tacitare i suoi oppositori.
Due giorni dopo gli attentati dell'11 di settembre, l'intero parlamento americano cantava in coro l'inno nazionale davanti a Capitol Hill, per richiamare i propri concittadini a quel "senso di unità nazionale" che fa così tanto comodo a chi governa, per rafforzare le proprie posizioni e tacitare i suoi oppositori.

Déjà vu n.4 - Perdità di libertà
A ruota del richiamo all'unità nazionale, seguiva a Parigi un forte restringimento delle libertà personali, nel nome della "sicurezza collettiva", con estensione dello stato di emergenza ai prossimi tre mesi. Presumibilmente rinnovabili ad libitum.
A ruota del richiamo all'unità nazionale, seguiva in America un forte restringimento delle libertà personali, nel nome della "sicurezza collettiva", con la proclamazione dell'infame "Patriot Act". Che fu poi rinnovato con l'altrettanto infame Patriot Act 2.

Déjà vu n.5 - Minaccia batteriologica
Quasi a rafforzare questo senso di "pericolo imminente" - che giustificava in pieno le nuove norme restrittive - dopo i fatti di Parigi il primo ministro Valls ha dichiarato che "i terroristi potrebbero disporre di armi chimiche e batteriologiche", in grado di scatenare gravi epidemie nelle più grandi metropoli del paese.
Un mese dopo gli attentati dell'11 settembre, l'America ha vissuto un lungo periodo di paranoia, grazie ai famosi "attacchi all'antrace". Perpetrati contro politici (curiosamente democratici), contro giornalisti (curiosamente dubbiosi della tesi governativa) e contro gente comune, si sarebbe poi scoperto che il ceppo di antrace utilizzato per terrorizzare la popolazione proveniva da un laboratorio militare governativo.

Déjà vu n.6 - Futuro minaccioso
Non appena si è calmata la prima ondata di paura, in Francia, i governanti si sono affrettati a far sapere alla popolazione che "probabilmente andremo incontro ad altri attacchi del genere, nel prossimo futuro".
Dopo l'11 settembre, per anni, Dick Cheney è andato avanti a ripetere come un mantra che negli Stai Uniti "a new terrorist attack is not a matter of if, but only a matter of when" (un nuovo attacco terroristico non è questione di se, ma soltanto una questione di quando).
Per loro fortuna, il nuovo attacco gli americani lo stanno ancora aspettando. Ma intanto sono quindici anni che se la fanno sotto dalla paura, e si sono completamente dimenticati di richiedere indietro le libertà che gli erano state tolte dopo l'11 settembre.
E come se il cacciavite delle libertà personali girasse da una parte sola: si stringe molto facilmente, ma poi a smollarlo non ci riesce più nessuno.

Déjà vu n.7 - Ebrei avvisati in anticipo
Il giorno dopo gli attentati di Parigi, il Times of Israel ha scritto: "Proprio venerdì mattina, i funzionari di sicurezza della comunità ebraica in Francia sono stati informati di una possibilità molto concreta di un grave ed imminente attacco terroristico nel paese." (*)
Pochi giorni dopo l'11 settembre, su Haaretz compariva la notizia, mai smentita, che alcuni dipendenti della Odigo di New York (una società di telecomunicazioni israeliana, con sede a Tel Aviv) erano stati avvisati di non andare a lavorare quel giorno alle Torri Gemelle.

Che dite, saranno tutte coincidenze?”

Massimo Mazzucco


* Curiosamente, la prima frase dell'articolo del Times of Israel è stata poi cambiata, da "Proprio venerdì mattina" a "Da alcuni mesi". Ma l'articolo originale nel frattempo era stato memorizzato dall'implacabile web archive. (http://www.timesofisrael.com/in-france-defense-experts-see-parallels-to-israel/   https://web.archive.org/web/20151114222324/http://www.timesofisrael.com/in-france-defense-experts-see-parallels-to-israel/)

Una coincidenza è una coincidenza, due coincidenze sono un indizio, tre coincidenze sono una prova...

1) gli attentatori per una ragione o per l'altra generalmente non ne escono mai vivi
2) sono sempre "già noti alle autorità"
3) e per finire, signore e signori, ecco a voi, gli immancabili, i ritrovabili, gli indistruttibili...PASSAPORTI IGNIFUGHI !! 


domenica 29 novembre 2015

Pensioni e lavoro e le proposte di Tito Boeri



Dovrebbe essere divenuto evidente quali siano gli interessi in gioco, per chiunque segua anche solo distrattamente, il conflitto sempre più serrato tra il governo (con esso tutta la casta politico burocratica parassitaria) ed il presidente dell’INPS prof. Tito Boeri.

Boeri non è un politico (ecco perché ha avanzato tali proposte ed è inviso ai politici) ma è probabilmente persona dotata di buon senso e di una morale, e di fronte alla montagna di iniquità, sperequazioni e privilegi che si è trovato di fronte in seguito al suo incarico istituzionale, ha cercato dapprima sommessamente e poi in maniera sempre più determinata di avanzare proposte correttive, che andassero incontro alla maggioranza della popolazione, che negli anni passati, e soprattutto in quelli recenti (leggasi riforma Fornero) è stata molto penalizzata, mentre altre categorie sociali minoritarie non sono state neppure sfiorate dalla crisi e da quelle “correzioni” che la crisi stessa avrebbe dovuto rendere necessarie. Ha ad esempio proposto riduzioni di appena l’8 fino al massimo del 12 per cento per le pensioni cosiddette d’oro, cioè oltre i 5mila euro mensili, quasi tutte frutto di generose elargizioni e concessioni di stato o delle regioni autonome, mai proporzionate ai versamenti previdenziali effettuati, per poter utilizzare le risorse derivanti da questi interventi a favore delle fasce sociali più deboli e penalizzate, quali ad esempio gli ultra55enni senza lavoro e senza pensione (che peraltro nessuno in questo paese si è degnato di censire, non sapendo neppure quanti siano).

In pratica di fronte a vistose ingiustizie nel trattamento previdenziale, e di fronte ad una povertà che è solo agli inizi ma che si può immaginare in prospettiva quanto si potrà aggravare (peccato che i nostri politici, cinici avidi e corrotti, non vedano oltre la punta del proprio naso), Boeri ha semplicemente proposto dei correttivi modestissimi che graverebbero solo su chi ha ricevuto privilegi eccessivi in passato e che potrebbero riequilibrare e compensare parzialmente la situazione, attualmente troppo sbilanciata.

Il governo e la casta di parassiti (che costituiscono un corpo unico, quando si tratta di difendere i loro interessi) hanno respinto al mittente tutte le proposte, con cinismo e spregiudicatezza, a volte bleffando, facendo finta di accoglierne una porzione insignificante, ma solo per il gioco dei media, per il teatrino della politica, per guadagnare tempo contando come al solito sulla memoria corta e l’ignoranza degli italiani, in attesa di eventi che li possano distrarre.

Se non si fanno degli esempi efficaci, in quest’epoca di predominio mediatico dell’immagine, non si capisce il senso e soprattutto le proporzioni delle pur prudenti ed appena accennate proposte correttive di Boeri.

Per usare una metafora che rendere bene l’idea, è come se Boeri avesse chiesto ad un obeso ed ingordo di rinunciare, dopo un pasto di 14 portate, alla terza razione di dessert cui è abituato, dicendo che il ricavato della sua rinuncia avrebbe fornito il pane e companatico per una famiglia priva di reddito da lavoro e priva di pensione (grazie alla Fornero), e questi, con tutti i suoi consimili, gli avesse risposto che piuttosto l’avrebbe data al suo cane (che si suppone più intelligente di lui, e che quindi non gradirebbe perché nociva per la sua salute), perché  è un diritto acquisito avendo versato i contributi. In realtà è vero che ha versato i contributi, ma in misura ridotta in seguito a sfacciati privilegi, e siccome non esistono pasti gratis, quei privilegi li sta pagando qualcun altro, e chi se non “pantalone”? Cioè chi lavora onestamente ed il frutto del suo lavoro gli viene sottratto gradualmente, progressivamente ed inesorabilmente fino a livelli insopportabili? Sia con la pressione fiscale e previdenziale e sia con un sistema finanziario e monetario criminale e truffaldino (quanti ad esempio si sono visti dissolvere i propri risparmi investiti in alcuni fondi e banche?).

I politici ed i burocrati, che sono stati i beneficiari di questo sistema avido e corrotto, non sono altro che i maggiordomi ed i servi (secondo gerarchie interne) dell’alta finanza internazionale, che da decenni sta portando avanti un disegno di concentrazione nelle proprie mani di tutta la ricchezza prodotta, lasciando solo quanto necessario per sopravvivere a chi lavora onestamente, in modo che sia costretto ad impegnarsi sempre di più e sempre più a lungo (fino alla morte, possibilmente senza riscuotere neppure la pensione) nel lavoro e nella produzione, in un circolo perverso che favorisce solo il parassitismo, le rendite da posizione dominante.

Chi non ha ancora capito che le cose stanno così, cioè che si tratta di un’orditura pianificata tesa a conservare il potere ed accumulare tutta la ricchezza prodotta, mi spiace per lui ma si sta facendo ingannare dalle mistificazioni in atto, e magare ne diventa pure complice, ultimo anello della catena, in cambio di un piatto di lenticchie.

Chi non si schiera a favore delle proposte di Tito  Boeri è parte del gioco ed ha preso posizione, si suppone in cambio di privilegi (due piatti di lenticchie?) o di promesse future (sulle quali farebbe bene a dubitare), spero lo faccia almeno con un minimo di consapevolezza delle ripercussioni. Queste ultime temo siano alquanto sottovalutate, perché solo uno sprovveduto (reso tale dall’avidità) può pensare che alla lunga, quando la popolazione sarà ridotta sul lastrico, possa essere domata con la forza, con le unità antisommossa che il leviatano europeo sta predisponendo ed addestrando. 

La Storia non ha insegnato nulla a queste indegne persone di potere?
Possibile che non capiscano che sarebbe meglio rinunciare al terzo dessert a fine pasto per distribuire pane e companatico a chi non c’è l’ha, per perpetuare un minimo di pace sociale? O temono che costituirebbe un pericoloso precedente? Che metterebbe a repentaglio tutto il loro apparato e sistema di dominio?

La popolazione tutta, appena divenuta consapevole, dovrebbe schierarsi a favore di Boeri e delle sue proposte correttive, che sono veramente il minimo che si dovrebbe realizzare per porre almeno parziale rimedio all’iniquità dominante nel sistema previdenziale italiano.

Nella peggiore delle ipotesi, quantomeno si renderanno evidenti gli schieramenti in gioco e le dissimulazioni, da un lato i parassiti e dall’altro i parassitati, le zone di grigio sono infinite (l’ambiguità e l’ambivalenza è tipicamente italica), ma col tempo si renderanno più riconoscibili.

Di Claudio Martinotti Doria - claudio@gc-colibri.com

sabato 28 novembre 2015

"...il tempo (di) quinon valeniente.." Poesia surreale di Ferdinando Renzetti



il tempo (di) quinon valeniente

il paradiso dei calzini solo la lavatrice sa dove si trova perché e’
lei che ce li manda.

così andava cantando quinon al risveglio del mattino mentre infilava
un paio di colorati calzini a righe spaiati.

quinon valeniente, ragazzo francese. gira litalia

con un vecchio furgone, lunghi dreads biondi,

occhi verdi, larghi pantaloni chiari di fustagno con grandi tasche
laterali, maglioncino girocollo di lana naturale. trascorre le sue
giornate tra alberi e prati giocando con le clave rimanendo spesso in
equilibrio sul nastro elastico e suonando il didigeridoo.

lavora la lana, borse e coperte che cuce ai bordi con fili grossi e spessi.

ripete spesso:

sono ricco in virtù della quantità di oggetti

di cui posso fare a meno!

se apri la tua mente,

chiudi bene il rubinetto!

se contribuiamo consapevolmente

alla comunicazione tra di noi si stabilisce

una fiducia reciproca.

e’ il grado zero della libertà!


come sono_come suono_come risuono

vedo_guardo_sento_suono_sono


dopo di che fai asciugare i semi

e conservali in un luogo asciutto


sono semplicemente qui

ho poche prospettive da raggiungere

sento il mio corpo pesare verso terra

sento il mio respiro farsi leggero verso il cielo

il paesaggio cellulare e’ tranquillo

ascolto e respiro



Ferdinando Renzetti - f.renzetti@casediterra.it




Post Scriptum

curve ellittiche per funzioni modulari

la cura della terra
a piedi nudi
felice per quello che sei


.le
ntezza
il futuro migliore
e' crearlo



venerdì 27 novembre 2015

USA e NATO complici dei terroristi turchi...



L’abbattimento da parte della Turchia di un aereo russo impegnato nelle operazioni contro i gruppi terroristi jihadisti, che stanno devastando lo stato siriano laico, ha fornito una nuova prova – se ancora ve ne fosse bisogno – delle complicità e del sostegno di cui godono questi gruppi da parte della stessa Turchia, di varie monarchie oscurantiste del Golfo Arabico, ed anche da parte di paesi occidentali membri della NATO.

Da più di un anno una “coalizione” di oltre 60 paesi afferma di combattere il cosiddetto Stato Islamico (o ISIS, o Daish, come lo chiamano gli Arabi), ma nel frattempo lo Stato Islamico ha continuato ad espandersi tranquillamente in vaste aree dell’Iraq centro-settentrionale e della parte orientale della Siria, a testimonianza del fatto che le azioni della “coalizione” erano fatte più che altro pro-forma, senza intaccare  le basi e la rete logistica dei terroristi fondamentalisti sunniti.

Come spiegare altrimenti che enormi carovane di autobotti cariche di petrolio, visibilissime nel deserto, abbiano continuato a viaggiare indisturbate dalle zone petrolifere controllate dall’ISIS verso la Turchia, dove il petrolio viene rivenduto, fornendo a Daish un introito di milioni di dollari al giorno con cui alimenta la sua guerra santa? Come spiegare che le colonne di Daish abbiano traversato il deserto siriano per centinaia di kilometri per attaccare Palmyra (dove sono stati barbaramente massacrati archeologi, funzionari governativi, soldati prigionieri, e fanaticamente distrutti siti archeologici millenari) senza che nessun aereo della coalizione li attaccasse? Forse il fatto che lo stesso figlio del Presidente turco Erdogan, Bilal, è impegnato nel traffico del petrolio di contrabbando c’entra qualcosa? (1)

D’altra parte come meravigliarsi dell’inefficacia della “coalizione” se ne fanno parte noti finanziatori del terrorismo come l’Arabia Saudita, dominata dalla setta oscurantista “wahabita”, come il Qatar, protettore dei “fratelli Musulmani” e di vari gruppi estremisti islamici, come gli USA che si sono vantati di avere creato in Iraq il movimento fondamentalista sunnita in funzione anti-iraniana (così come avevano finanziato i mujaheddin afgani in funzione anti-russa e creato l’originaria Al-Queda in collaborazione con Bin Laden e con i Sauditi)?

Ma non esiste solo Daish. Nel sud della Siria agiscono formazioni armate appoggiate da Israele che poi cura i loro feriti in ospedali israeliani come testimoniato di recente anche da una giornalista australiana. Nel nord della Siria decine di migliaia di combattenti, in gran parte non siriani, ma provenienti da 90 diversi paesi, infiltratisi dal confine turco ed armati ed addestrati dalla Turchia (come denunciato anche da giornalisti turchi, incriminati per questo come “traditori”) hanno occupato la provincia di Idlib e cercano di avanzare verso sud. Varie formazioni jihadiste (quello che resta del cosiddetto Esercito Libero Siriano spacciato per “moderato” dalla stampa occidentale, Al-Sham e altre) si sono unite sotto la direzione di Al-Nusra (sezione siriana di Al-Queda) formando Jaish Al-Fatah (noto anche come “Esercito della Conquista”). Sono appoggiati da membri dei “Lupi Grigi” turchi (formazione fascista cui apparteneva anche l’attentatore del papa, Alì Acga). Il capo di questa organizzazione si è vantato davanti a giornalisti dell’agenzia Reuter di aver personalmente ucciso uno dei piloti russi del jet abbattuto, sparandogli vigliaccamente mentre scendeva col paracadute ed era impossibilitato a difendersi.

Si capisce quindi la rabbia dei Turchi quando il deciso intervento russo, sviluppato in piena sintonia con il governo e l’esercito siriano, ha cominciato a rovesciare la situazione militare sul campo infliggendo una serie di sconfitte a tutti i gruppi terroristi. Si capisce la provocazione dell’abbattimento dell’aereo russo, il cui scopo è quello di dare un “avvertimento” mafioso ai Russi, ma anche quello di coinvolgere la NATO, di cui la Turchia è uno dei più importanti membri. La NATO, questa sciagurata alleanza militare (2), divenuta sempre più aggressiva e avventurista (dalla Yugoslavia, alla Libia, fino alla pretesa di mettere le mani anche sull’Ucraina destabilizzata dal colpo di stato di Piazza Maidan) si è dimostrata sensibile agli appelli di Erdogan, avvicinandoci sempre più pericolosamente ad un possibile scontro globale (la Terza Guerra Mondiale, della cui possibilità si è accorto anche il Papa). Il Premio Nobel per la Pace Obama, che appare sempre più come un debole fantoccio, incapace di frenare i “falchi” americani (tra cui si distingue anche la candidata alla presidenza Hilary Clinton), dichiara che la Turchia ha il “diritto di difendersi” (ma da chi, visto che la Russia è impegnata contro i gruppi terroristi e la Turchia dovrebbe essere formalmente sua alleata, se in realtà non fosse essa stessa complice attiva del terrorismo?).

In questo quadro si iscrivono anche gli orribili attentati di Parigi che costituiscono un altro avvertimento alla Francia (ed a tutta l’Europa) di non “cambiare campo” e di non schierarsi più decisamente contro il terrorismo, come finora solo la Russia ha fatto schierandosi decisamente a fianco di coloro che combattono sul campo i jihadisti (il governo Assad e quello di Bagdad, l’Iran ed il movimento libanese Hezbollah, oltre ai Kurdi).

Le responsabilità di Hollande e del suo pessimo ministro degli Esteri Fabius sono grandi per aver anteposto in passato (come del resto tutti i paesi della NATO) il progetto di una defenestrazione del Presidente siriano Assad ad una lotta efficace al terrorismo (che faceva comodo perché indeboliva Assad). Oggi, di fronte ad una attacco portato al cuore della Francia, Hollande sembra voler cambiare in parte politica e tratta con Putin. Anche in Italia, dopo anni di forsennata campagna mediatica contro il “dittatore” Assad (preceduta da analoga campagna contro il “dittatore” Gheddafi, i cui esiti nefasti sono ormai sotto gli occhi di tutti visto lo stato miserando in cui si trova la Libia) sta cambiando qualcosa. Alla deputata siriana Maria Saadi ed alla direttrice della TV siriana è stato permesso di venire in Italia e di essere intervistate, e di avere colloqui con esponenti italiani (specie di 5 Stelle). Il deputato di 5 Stelle Manlio Di Stefano ed altri esponenti di 5 Stelle hanno chiesto la fine delle sanzioni alla Siria ed il riallaccio delle relazioni diplomatiche interrotte con quel paese di cui eravamo il maggior partner commerciale europeo. Se sono rose fioriranno, ma il cammino è irto di ostacoli.

Vincenzo Brandi - brandienzo@libero.it




giovedì 26 novembre 2015

Ragione ed istinto... etica e felicità.. logica ed analogia.. maschile e femminile

Etica e felicità... L'etica appartiene al ragionamento e quindi al cervello logico mentre la felicità è connaturata nell'inconscio, quindi fa parte del cervello analogico. L'Uomo, come tutti gli altri animali è felice di vivere per sua propria natura...
Il sentire naturale: "L'etica è logica, la felicità è analogica..."
Vediamo cosa dicono i recenti studi scientifici basati su tecnologie, dette ‘Brain imaging’, che permettono di vedere quali parti del cervello si mettono in funzione maggiormente durante certi pensieri, parole e azioni. Da queste ‘mappe del cervello’ risulta che il pensiero razionale e il linguaggio attivano nella maggior parte dei casi l’emisfero sinistro, che è simile a un computer, in quanto accumula i dati delle esperienze in memoria e li ripete su richiesta. La parte destra del cervello è attivata dalla musica, dal linguaggio non-verbale, che è fatto di intonazioni della voce, sguardi, gesti, mimica facciale, ecc. e dalla creatività, che è la combinazione originale di elementi presenti in natura…

Purtroppo nella società moderna, soprattutto in seguito al predominio della scienza razionalista (ed ella cultura maschilista) ha preso il sopravvento la parte giudicativa della mente, da qui il grande passo avanti delle religioni monoteiste, della arroganza dell'uso nei confronti delle altre creature e della natura. In tal senso è illuminate la lettura de "Il Limite dell'Utile" di Battaille. 

Ma  ad una prima analisi superficiale appare strano che anche il cosiddetto "animalismo" e"veganesimo" facciano parte di un ragionamento.  A dire il vero, malgrado si pongono in opposizione (apparente) con la sopraffazione maschilista e patriarcale, in realtà ne sono un contraltare. Da una parte si opprime considerandolo un proprio diritto e dall'altra si difende in considerazione della propria "superiorità"  ideologica (etica).

Nel Hua Hu Ching è detto: "Agli altri esseri comuni spesso si richiede tolleranza. Per gli esseri integrali non esiste una cosa come la tolleranza, perché non esiste nessuna cosa come le altre. Essi hanno rinunciato a tutte le idee di individualità e ampliato la loro buona volontà senza pregiudizi in qualunque direzione. Non odiando, non resistendo, non contestando. Amare, odiare, avere aspettative: tutti questi sono attaccamenti. L'attaccamento impedisce la crescita del proprio vero essere. Pertanto l'essere integrale non è attaccato a nulla e può relazionarsi a tutti con una attitudine non strutturata".
Nel taoismo, che non è propriamente una religione e nemmeno una filosofia, ma una forma di naturalismo vissuto senza enfasi, si indica l'astenersi dagli eccessi, sia in positivo che in negativo, come un naturale atteggiamento di vita. Si comprende il bene ed il male ma non si predilige né l'uno né l'altro. Il bene (yang) ed il male (Yin) sono i due aspetti del manifestarsi della esistenza su questa terra. Ed è per questa ragione che i taoisti irridevano il buon Confucio che da razionalista convinto spingeva per un'etica sociale e politica, mentre essi si limitavano a permanere nella propria natura originale. Rispettando le propensioni naturali, non acquisite quindi per convenienza utilitaristica...

La felicità è la nostra vera natura, affermava Osho, e la ricerca della felicità è un modo per oscurarla e nasconderla. Infatti in un antico proverbio calcatese si dice "Il meglio è nemico del bene"...  poiché perseguendo l'ipotetico meglio non si vive il bene che è a portata di mano. Prova ne sia anche a livello legislativo la continua immissione di leggi nella società che non fanno altro che rendere la giustizia sempre più cavillosa ed impraticabile.

Forse andrebbe recuperato il fantastico ed il poetico  anche nella nostra vita sociale e produttiva... Quella poeticità, che nel mondo antico caratterizza la forma dell’interrogarsi dell’uomo sul reale e sul senso delle proprie esperienze, è spia significativa di una ORIGINARIA CONCORDIA tra una spontanea accettazione dell'altro (non semplicemente etica) e la felicità innata  che con la razionalità  finisce con l’essere dimenticata. 

Occorre superare il  distacco che ha portato quasi a naturalizzare il conflitto tra  poesia e  retorica, e ciò senza voler efficientemente promuovere ed affermare e ri-pensare la verità della gioia  in quanto risultato di una  concezione "etica".

“L’uomo che non voglia far parte della massa non ha che da smettere di essere accomodante con se stesso; segua piuttosto la propria coscienza che gli grida: ’sii te stesso! Tu non sei certo ciò che fai, pensi e desideri ora’. Ogni giovane anima sente giorno e notte questo appello e ne trema; infatti presagisce, rivolgendo il pensiero alla sua reale liberazione, la misura di felicità destinata dall’eternità; felicità che non riuscirà mai a raggiungere se incatenata dalle opinioni e dalla paura. E quanto assurda e desolata può divenire l’esistenza senza questa liberazione! Nella natura non c’è creatura più vuota e ripugnante dell’uomo che è sfuggito al suo genio e ora volge di soppiatto lo sguardo a destra e a sinistra, indietro e ovunque. Un tale uomo alla fine non lo si può neppure attaccare: è solo esteriorità senza nucleo, un marcio costume, pitturato e rigonfio, un fantasma agghindato che non può ispirare paura e tanto meno compassione.” (Friedrich Nietzsche)
 Paolo D'Arpini e Vittorio Marinelli - Rete Bioregionale Italiana
Fonte: http://www.terranuova.it/Blog/Riconoscersi-in-cio-che-e/Il-sentire-naturale-L-etica-e-logica-la-felicita-e-analogica

mercoledì 25 novembre 2015

Il giubileo di Roma comincia a Bangui con Samba-Panza


 

L’annuncio che il Papa Francesco darà inizio al Giubileo, domenica 29 novembre 2015, alcuni giorni prima che a Roma, aprendo la “Porta Santa” della Cattedrale di Bangui, nella Repubblica Centrafricana, nell’ombelico del Continente Nero, sta portando all’attenzione mondiale questo quasi sconosciuto paese. Al suo arrivo a Bangui il Papa sarà accolto dal “presidente di transizione” che è una donna, Catherine Samba-Panza, laureata in legge nell’Università di Parigi II. La Repubblica Centrafricana ha una superficie doppia di quella dell’Italia e una popolazione di poco meno di 5 milioni di abitanti, in rapida crescita, la cui principale fonte di reddito, oltre all’agricoltura, è l’esportazione di diamanti e di legname pregiato. 

La popolazione è molto povera perché è stata soggetta a continue invasioni e sfruttamento e violenze sia dai paesi vicini sia dalla Francia che, alla fine dell’Ottocento, aveva costituito una provincia coloniale Ubangi-Chari. Nel 1910 la zona era stata inglobata nell’Africa Equatoriale Francese in cui si erano precipitate le imprese private che producevano e esportavano cotone e diamanti. Durante la seconda guerra mondiale, quando la Francia venne occupata dai nazisti, nell’Africa Equatoriale Francese si rifugiò la Francia Libera, quella parte dell’esercito francese, guidata dal generale De Gaulle, che combatté al fianco degli Alleati contro la Germania ed ebbe l’onore di entrare per prima nella Parigi liberata nel 1944.

La Repubblica Centrafricana ottenne l’indipendenza nel 1960 e fu afflitta da lunghi periodi di instabilità dovuti a scontri fra etnie locali; nel 1965 prese il potere il colonnello Bokassa, bizzarro e megalomane dittatore che si proclamò “imperatore” nel 1972, sostenuto dalla Francia che aveva interesse a proteggere le imprese impegnate nello sfruttamento delle risorse naturali del paese: nel 1979 Bokassa fu sostituito da vari presidenti in lotta fra loro fino al gennaio 2014 quando assunse la presidenza la signora Samba-Panza, in attesa di nuove elezioni.

La Repubblica Centrafricana è uno dei paesi che non ha accesso al mare e confina a nord col Chad, ad ovest col Cameroon, a sud col Congo e con la Repubblica Democratica del Congo e a est col Sud Sudan e col Sudan. La Repubblica Centrafricana è una specie di grande altopiano con foreste e savane, ricche di biodiversità, e si trova nello spartiacque dei bacini idrografici di due grandi fiumi, l’Ubangi che fa da confine fra la Repubblica Centrafricana e la Repubblica Democratica del Congo, e il Chari. Su alcuni degli affluenti sono state costruite delle dighe e delle centrali idroelettriche.

La Repubblica Centrafricana è coinvolta in un importante problema ecologico. Al nord del paese si trova il Lago Chad, che “appartiene” agli stati del Niger, della Nigeria, del Chad e del Cameroon; il lago Chad è stato uno dei più grandi laghi di acqua dolce, portata da numerosi fiumi fra cui il Chari, che compensano la continua evaporazione di acqua dovuta all’intensa radiazione solare; nel 1960 il lago, poco profondo, aveva la superficie di 25.000 chilometri quadrati (cento volte superiore a quella del Lago Maggiore in Italia) e le sue acque irrigavano i campi dei popoli vicini e consentivano attività di pesca. Per aumentare le rese agricole i prelevamenti di acqua per irrigazione si sono fatti sempre più intensi e questo, insieme all’evaporazione aumentata a causa dei mutamenti climatici, ha fatto diminuire la superficie del lago, oggi ridotta a 2.500 chilometri quadrati, il che compromette la sopravvivenza di milioni di persone, oltre ad alterare l’intero ecosistema della zona a sud del Sahara. I paesi che condividono la superficie del lago e la Repubblica Centrafricana hanno costituito una Commissione per il Lago Chad che da anni studia come è possibile evitarne la scomparsa e restituirgli almeno una parte delle acque perdute. Una delle proposte prevede di trasferire una parte delle abbondanti acque dei fiumi che attraversano la Repubblica Centrafricana e che adesso vanno verso sud, nel fiume Ubangi e poi nel fiume Congo e infine nel mare, dirottandola attraverso una sistema di condotte e canali verso nord, nel bacino del fiume Chari e quindi nel Lago Chad. La soluzione sarebbe facilitata dal fatto che i fiumi del bacino del Congo scorrono ad una altezza di un centinaio di metri superiore a quella del lago e quindi una parte delle acque scorrerebbe verso il lago Chad in discesa, per gravità, in un flusso continuo. Da questo flusso di acque in discesa sarebbe anche possibile recuperare energia idroelettrica da utilizzare in parte per i servizi dei nuovi canali e in parte per dare vita a attività minerarie e industriali.

Il progetto di questa gigantesca opera di ingegneria idraulica per ora è fermo non tanto per i costi o per le difficoltà tecniche, quanto per i possibili rischi ambientali. Gli indubbi vantaggi economici, per l’agricoltura, l’allevamento e la pesca, e quelli ecologici del ritorno delle acque nel lago Chad, potrebbero essere annullati da modificazioni negativi dell’intero ecosistema con danni per l’agricoltura del Centrafrica. Sulla natura non si può intervenire con leggerezza e senza precauzioni.
C’è da sperare che il messaggio di solidarietà, di pace e di misericordia portato dal Giubileo che si aprirà in questo poverissimo paese lo aiuti a liberarsi delle divisioni, dai conflitti e dallo sfruttamento delle sue risorse e possa mettere le sue grandi ricchezze naturali al servizio dello sviluppo umano degli abitanti.

Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it

martedì 24 novembre 2015

Alcuni ebrei ortodossi auspicano il dissolvimento dell'entità sionista d'Israele


Algèrie Patriotique: Assistiamo negli ultimi giorni ad una ripresa delle ostilità contro la popolazione della Cisgiordania: Più di una ventina di morti e diversi feriti. Il numero è destinato a crescere. Quale la sua reazione a tutto questo?
Rabbino Ahron Cohen: Noi restiamo orripilati di fronte a questo spargimento di sangue per ogni dove. L’unica vera soluzione per porre termine a tutto questo sarebbe un accordo per la dissoluzione pacifica e totale dello Stato illegittimo conosciuto col nome di “Israele” e la sua sostituzione con un governo che sia accettabile per i Palestinesi. Al momento questo è solo un sogno. E tuttavia, più l’idea circolerà in seno alla comunità internazionale, prima finirà con l’essere considerata come la sola strada da seguire.
AP: Mahmoud Abbas ha minacciato di rompere gli accordi di Oslo davanti all’Assemblea Generale dell’ONU, dopo che la bandiera palestinese è stata issata per la prima volta sul frontone dell’organizzazione. Cosa succederebbe se l’Autorità palestinese desse seguito alle sue minacce?
 RAC: Non possiamo prevedere nulla. Ma io spero che questo sia un passo ulteriore verso la dissoluzione dello Stato di Israele, come ho già detto prima.
AP: Il suo movimento è conosciuto per la sua posizione di radicale opposizione all’esistenza dello Stato di Israele. Perché pensate questo?
RAC: In poche parole, dal punto di vista della legge religiosa ebraica, uno “Stato” contraddice la nostra fede in ragione della condanna del popolo ebraico all’esilio e all’impossibilità di avere un proprio Stato. Crearlo è stata una ribellione contro la volontà dell’Onnipotente. Da un punto di vista umanitario, noi ci opponiamo con tutte le forze all’atto di colonizzazione di un paese che ha già un suo popolo e al fatto di privare questo popolo della libertà, delle sue risorse e del suo habitat.
AP: Il conflitto israelo-palestinese ha fatto colare tanto sangue, e anche tanto inchiostro e saliva… ma senza approdare ad una ipotesi di soluzione. Che cosa secondo lei potrebbe porre termine al conflitto?
 RAC: Credo di avere già risposto a questa domanda. Posso solo aggiungere che il sionismo è stato agli esordi totalmente respinto dalla maggioranza del popolo ebraico, da laici e capi religiosi. Purtroppo il successo della spettacolare propaganda dei sionisti è riuscita a rovesciare la situazione.
AP: Quali iniziative intendete intraprendere per favorire una migliore comprensione tra i due popoli, palestinese e israeliano?
RAC: Occorre diffondere il messaggio del nostro movimento, Neturei Karta (*), secondo cui il giudaismo e il sionismo nazionalista laico sono due concetti incompatibili.
                                                                                 
Una manifestazione di Neturei  Karta per la liberazione della Palestina

AP: Le vostre iniziative hanno finora avuto sufficiente eco?
RAC: Poco eco, ma efficace, e sempre più diffuso.
AP: Vi sono manifestazioni in tutto il mondo di cittadini di confessione ebraica che si svolgono senza che i media dominanti ne parlino. Come spiega questo black out?
RAC: A causa dell’incredibile peso e dell’influenza esercitata dalla lobbie sionista che diffonde l’idea falsa che antisionismo equivalga ad antisemitismo, al fine di soffocare ogni voce dissonante…
AP: Perché si punta il dito contro la comunità mussulmana ogni qualvolta vengono commesse delle azioni antisioniste in Francia o altrove?
RAC: Ancora una volta, ciò si deve alla propaganda sionista e alla sua influenza

Intervista di Mohamed El-Ghazi di Algèrie Patriotique

(*) I guardiani della città. Neturei Karta è formata da un gruppo di ebrei haredim ultra ortodossi, radicalmente antisionisti, che auspicano lo smantellamento dello Stato di Israele

lunedì 23 novembre 2015

Terrorismo e la sfida per la supremazia nelle sette religiose di origine semitica




Le tre religioni monolatre, di comune origine, si odiano. Per forza: sono la stessa religione, che cambia vestito e belletto. Giudaismo, cristianesimo, islamismo sono la stressa cosa, hanno un dio in comune, sono fratelli di un padre solo e di varie madri di dubbia moralità. Ciascuna con colline, montagne, Everest di mattanze codificate, più o meno dichiarate, mascherate, rinnegate a parola, inculcate fin da piccoli da pedofili della mente e dello spirito. Chissà perché non si studiano religioni alternative quali animismo, scintoismo, buddismo, paganesimo soprattutto… 

Tanto per incominciare, religione deriva dal latino religare, legare le mani (di solito dietro la schiena). La dice lunga sulla natura delle religioni monolatre.

Ciascuna ha la coscienza sporca. Ciascuna è stata usata per mascherare conquiste, distruzioni, macelli. 

Ma quello che è successo in Francia è altro.

E’ stato un atto di terrorismo maomettano. I maomettani sono per lo più arabi, neri, indonesiani, malesi. Tutte etnie che hanno dovuto subire, in vari tempi, la conquista europea ed occidentale, del colonialismo tutt’ora in atto (con altri metodi, ma vivo e vegeto).

I maomettani non hanno tecnologia che non sia comprata dall’occidente. Hanno solo la tecnologia del loro corpo. Possono usare solo armi “bianche” (nel senso di provenienza”), e la logica chiamata del "kamikaze". Cosa che mi fa imbufalire come un dente cariato. I kamikaze erano altro, ben altro, lo ho detto mille volte. Erano “shin pu”, vento divino. Seguivano la morale ferrea del bushido, come i samurai. Lottavano da militari contro militari. In giapponese non esiste neppure una parola che identifichi quello che fanno i terroristi maomettani: devono usare una frase sul tipo “farsi esplodere per atto di terrorismo”, o simile.

I maomettani e le altre popolazioni sottomesse dall’islam sanno che in uno scontro frontale sarebbero cancellate. Anche senza l’intervento yankee. Se l’Europa lo decidesse, faremmo neri i loro cieli. Cancellazione, fine, kaputt. Aria pulita.

Purtroppo i poteri forti, intrisi del verbo sionista, hanno sparso a quattro mani il loro veleno sull’Europa. Hanno sparso la "democrazia". Imbelle. Debosciata. Timorosa. Peggio di uno struzzo che infila la testa nella sabbia per non vedere le realtà scomode che infrangono decenni di falsa propaganda, di stravolgimenti della storia, di falsificazioni scientificamente volute ed imposte. La realtà, sorella della storia vera, pone gli attorucoli da avanspettacolo di quart’ordine che oggi si atteggiano a politici di fronte ad una realtà semplice e non eludibile.  

I piccoli vermi "democratici" biascicano di integrazione come panacea. Curiosa posizione verso chi dichiaratamente non vuole farsi integrare. Biascicano di dialogo, dimenticandosi che il dialogo presuppone due soggetti. Oggi ci sono solo bavosi monologhi, neppure più ridicoli, ma solo, in uno slancio di pietà, patetici e miserandi.

L’Italia... meglio non parlarne, per carità di patria. Siamo uno sfacelo, siamo da fiera di paese, da bancarella delle occasioni. Con tutto ciò, nel furore servile di compiacere al padrone, dopo gli USA siamo la nazione con il maggior numero di militari all’estero, in quelle che l’ipocrisia imperante definisce “missioni di pace”.



Europa islamizzata? 


Nell'attacco maomettano in Mali sono stati lasciati  liberi solo quelli che sapevano recitare il corano. Come volevasi dimostrare.

Estratto da una lettera di Fabrizio Belloni


domenica 22 novembre 2015

Roma. Quel giubileo è sconveniente... per ovvie ragioni



Stretti nella morsa delle guerre imperialiste e del terrorismo jihadista – due fenomeni che si alimentano a vicenda – i lavoratori sfruttati e gli strati popolari vivono in un clima di allarme, di militarizzazione della vita sociale, di tensione.
A peggiorare la situazione, l’imminente inizio del giubileo straordinario, tradizionale mezzo papalino per rimpinguare le casse vaticane e far apparire l'adesione di “masse sterminate di popolo” a una Chiesa cattolica che invece è, in Italia come altrove, in seria crisi di vocazioni e consensi.
Il giubileo rappresenta un rischio altissimo per la popolazione, tant’è che nessun esponente governativo ha escluso l’ipotesi che il terrorismo antipopolare possa colpire in occasione di questo evento, per la sua valenza simbolica. 
Il piano contro i droni e l’apparato militare messo a sorvegliare gli “obiettivi sensibili” sono misure, pagate con i tagli delle spese sociali, che non limitano il pericolo per la massa dei cittadini. Non nutriamo alcuna fiducia nei capi di questo apparato che hanno dimostrato in diverse occasioni inettitudine e disprezzo dei diritti dei lavoratori, oggi sotto duro attacco.
Lo svolgimento del giubileo - che durerà un lungo anno con enormi costi di gestione puntualmente scaricati sulle spalle dei lavoratori (il Vaticano non ci mette un euro) - è un atto d’irresponsabilità, imprevidenza e presunzione da parte della monarchia assoluta vaticana e del governo italiano, che può comportare conseguenze disastrose. Il dissenso verso questa scelta è ampio.
I parassiti, i ricchi albergatori e commercianti, i politicanti borghesi che respingono l’annullamento del giubileo, giustificandolo con la “delusione dei fedeli” (che già disertano le udienze papali blindate), difendono solo voraci interessi economici, dimostrando la più totale subalternità alla politica di immagine del Vaticano, l’indifferenza per i pericoli, i disagi e la miseria in cui vivono le masse popolari. Altro che “misericordia”!
Renzi e gli esponenti dei partiti di maggioranza e di “opposizione” dichiarano che “non se ne parla" di annullare il giubileo. Chiaro, non sono loro a rischiare la pelle. Forse nelle alte sfere c’è chi vuole sangue innocente per giustificare altre guerre di rapina?
Ci associamo alle tante voci che chiedono l’annullamento del giubileo e rendiamo responsabili il governo Renzi e il Vaticano per qualsiasi situazione di rischio di vita e danno alla salute che possa derivare dallo svolgimento di questo evento.
No alla politica di guerra, di terrore e di miseria! Uscita immediata dalle alleanze belliciste, antidemocratiche e antipopolari come la NATO e la UE! Basta con i privilegi del Vaticano, completa separazione tra Stato e Chiesa!


Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia

sabato 21 novembre 2015

Italia al collasso - Il 21% dei giovani non lavorano, non studiano e non apprendono un mestiere



Non fare niente, questa è la triste routine di due milioni e mezzo di giovani in Italia. È questo il primo, desolante dato che emerge dalla prima vera indagine realizzata in Italia sul fenomeno dei Neet, acronimo di Not in education, employmet or training: giovani che, in pratica, non fanno niente, e di cui per questo si parla molto, ma molto poco. 

“Ghost” (fantasma) è il titolo dell’indagine realizzata dall’associazioneWeWorld in collaborazione con il Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza) e la rivista Animazione Sociale, che tenta di individuarne profili e cause, e di analizzare le politiche adottate.

A tutti, più o meno, sarà capitato almeno una volta nella vita di ritrovarsi senza avere nulla da fare. Un periodo senza scuola, senza università, senza lavoro. A volte capita dopo la laurea, nella fase di inserimento nel mondo del lavoro, quando dopo lo stordimento iniziale si tenta di mettere a frutto gli anni di studio, inviando il curriculum vitae ovunque; oppure tra un lavoro e un altro, come capita agli stagionali; o quando invece, semplicemente, non si trova lavoro e lo si cerca. Ma ci sono persone per cui non avere un impegno di tipo formativo, educativo o lavorativo non è un periodo passeggero, ma una condizione di vita.

Il fenomeno, seppur taciuto, è in costante aumento e in particolare in Italia dal 2007 è cresciuto di un punto percentuale all’anno. Ecco cosa emerge dai dati Istat del 2014, raccolti nello studio: i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non si formano sono il 21%, ovvero due milioni e mezzo, di cui poco più della metà sono donne. Nella formazione di queste stime l’aspetto territoriale ha una forte rilevanza, mostrando un’Italia divisa in due macroregioni, che viaggiano a due velocità diverse, come fossero due Stati diversi: al Nord i Neet non superano il 20% dei giovani, mentre al Sud il dato arriva ad un drammatico 35%.

Considerando che il tasso di disoccupazione giovanile, seppur sceso al 40%, resta comunque al di sopra della media europea, il fenomeno dei Neet segue questa tendenza, portando lo Stivale in fondo alla classifica, superando altri paesi come Regno Unito, Francia e Germania. Perché i Neet non sono una peculiarità italiana. La disoccupazione giovanile è in aumento in tutto il mondo e secondo la Banca Mondiale proprio il numero dei Neet deve spingere a trovare provvedimenti efficaci. 

L’Unione europea si è decisa ad affrontare il problema, ponendosi l’obiettivo di arginare la dispersione scolastica, riconosciuta come la causa principale del fenomeno.

Uno degli aspetti più interessanti che emerge dallo studio è che per molti i Neet sono una categoria psicologica più che una classe sociale: molti giovani si definiscono così nonostante abbiano impegni in qualche tipo di tirocinio od occupazione, che però non riflette le loro qualifiche o aspirazioni; altri invece si autoescludono dalla categoria perché impegnati in attività di volontariato o sportive e ancora non si sono rassegnati. Perché è la rassegnazione la principale caratteristica dei Neet, oltre al senso di precarietà e l’esclusione sociale, che accomunano tutti i giovani italiani.

Giovani che nell’indagine si distinguono in tre categorie: i giovani di successo, composta da ragazzi di famiglie abbienti – su cui possono contare – e con percorsi formativi privilegiati, spesso con esperienze all’estero; quelli che occupano una sorta di area grigia, ragazzi che provano a entrare nel mondo del lavoro, ma che per diversi motivi, economici o di esperienze, fanno fatica; e infine i marginali, i Neet, che si trovano al di fuori del mondo formativo e lavorativo e si rassegnano alla loro condizione, smettono di mandare curricula e si chiudono nell’isolamento.

Solitamente al di fuori dal mondo dei social, questi giovani sono privi di figure guida: oltre all’acclarata e totale perdita di fiducia e interesse in istituzioni e politica, anche la famiglia, pur rimanendo un punto fisso importante, sembra aver perso la capacità di guidarli. 

A monte del problema sembra esserci la dispersione scolastica, con il triste primato del 15% dei giovani che abbandona il percorso di studi prima di raggiungere un titolo o una formazione professionale. Ma non solo. Oltre alla dispersione, sono le esperienze di formazione negative a incrementare il numero dei Neet: bocciature, cambi di indirizzo e titoli di studio deboli. Il fatto, più che noto, è che l’ascensore sociale in Italia è bloccato, con i soggetti più a rischio che sono proprio quelli i cui genitori possiedono titoli di studio bassi o percorsi formativi inconclusi.

Nel nostro paese la scuola sembra incapace di offrire una formazione professionale e psicologica...

Jacopo Formaioni