domenica 30 dicembre 2012

Pietro Ichino, tal professor economista, da gioiello della sinistra a giullare dei banchieri, ha trovato un posto di aiuto-vampiro nella lista monti




Pietro Ichino: chi?

Questo "insigne" professore, infilatosi nel ventre della sinistra e sfilatosi dallo stesso, ora si candida quale aiuto-vampiro nelle file montiane. Ha fiutato che con le primarie del PD nessuno lo avrebbe cagato e ha pensato bene di fare il salto della quaglia: nella lista del liquidatore del nostro disgraziato paese. Corriamo il serio rischio di trovarcelo, dio non voglia, quale futuro ministro.
Breve storia di un arrampicatore sociale: ovvero, come ha potuto uno scarrafone, intrufulatosi tra le file operaie che hanno fatto dure lotte sindacali, trasformarsi, una volta giunto nel bel mezzo della piramide sociale, e mostrare la sua vera natura.


Dott. Ichino -    Esperto in lavoro (degli altri)  –
Abbiamo  letto  qualcosa di Pietro Ichino dopo aver sentito   discutere  delle  sue  opere in tv in questi giorni e soprattutto a proposito del suo  libro    ‘I nullafacenti’. Allora  abbiamo   pensato.....  Questo  qui  ne  capisce di lavoro...  lavora,  avrà lavorato?!

Insomma,    siamo  andati  a vedere  il  suo  curriculum.

L’Ichino  nasce a Milano nel 1949,   fin da giovanissimo si appassiona al  mondo del  lavoro  (non al  lavoro  ma al mondo del lavoro) ed alla tenera età di vent’anni (nel 1969) diviene dirigente sindacale della CGIL-FIOM,  incarico che ricoprirà fino al 1972.

Assolve  gli obblighi  di leva come  marconista trasmettitore (dove tutt’ora si canta  la canzoncina ‘onda su onda noi siam trasmission,  gente che non fa niente che non c’ha voglia di lavorar,  gente specializzata a stare in branda a riposar’) ed è quindi pronto a rientrare nel mondo del lavoro, ritorna infatti tra i ranghi della CGIL dove resterà sino al 1979.

Nel 1979 Ichino ha ormai trent’anni, possiamo immaginare la moglie che gli dice:  “Pie’ ormai c’hai trent’anni, se non vuoi trovare un lavoro almeno trova uno stipendio ed una pensione”.
Detto fatto l’Ichino viene eletto alla Camera dei deputati, e va pure in Commissione Lavoro. Però non è ancora contento, ha lo stipendio, si è assicurato una ricchissima ‘pensione’, che comincerà a percepire nell’aprile del 2009 dopo aver ‘lavorato’ ben  4  anni  alla Camera  (dal 1979 al 1983),   ma  sente  che gli manca qualcosa. E qualcosa arriva, nel 1981 (non vi sfugga che  nello stesso momento  era  parlamentare)  viene  assunto come ricercatore all’Università di Milano. Nel 1986 diviene docente di Diritto del lavoro dopo concorso.

Quasi dimenticavamo  la cosiddetta  Legge Mosca, una  leggina allucinante (poco) nota per aver contribuito a creare una piccola voragine nei conti pubblici italiani, tale legge era nata come legge numero 252 del 1974 e consentiva a chi avesse collaborato con partiti e sindacati di vedersi regolarizzata la propria posizione contributiva scaricando i costi sulla fiscalità complessiva e dietro una piccola certificazione presentata dal partito o dal sindacato.

In buona sostanza,  con questa legge vennero “regolarizzate” le posizioni  di migliaia  di  persone  che risultarono  essere  state impegnate come dirigenti sindacali sin dalle scuole medie.

Questa orda assetata di soldi è costata alle casse dello stato una cosuccia come 25mila miliardi di lire distribuiti tra oltre 40.000 persone; si badi bene non tra 40.000  lavoratori  ma tra  40.000 oscuri  funzionari  di  partito e  nobilissimi  rappresentanti  dei lavoratori.     Comprendiamo  bene  la vostra   obiezione: la Legge è del 1974, l’Ichino è stato sindacalista fino al 1979, se ne ha goduto è  solo per  una parte della sua carriera ed in fondo la legge c’era, lui che poteva fare.   Errore,  la legge era del 1974  ma  è  stata  prorogata  più  volte;     particolarmente  interessante per meglio illuminare il personaggio Ichinesco è l’ultima proroga, avvenuta nel 1979;  abbiamo detto  come il nostro  eroe sia stato deputato nella VIII legislatura, durata dal 20 giugno 1979 all’11 luglio 1983, ma l’Ichino  non è  arrivato alla Camera il 20 giugno 1979 ma il 12 luglio in sostituzione di un collega ed il suo primo atto, da vero alfiere dei veri lavoratori, è stato quello di  correre ad aggiungere la sua preziosa  firma alla proposta di legge numero  291  presentata  il 10  luglio 1979  ed avente a titolo    “Riapertura  di termini in  materia  di posizione previdenziale di talune categorie di lavoratori dipendenti pubblici e  privati”,  così  facendo  il  deputato  Ichino si  affrettava  ad aggiungere la sua firma sotto un progetto di legge che favoriva spudoratamente  i sindacalisti  come  Ichino,   contribuendo   a causare una voragine nei conti pubblici che il professor Ichino propone   oggi   di  sanare  per  il mezzo  di  rigore,   sacrifici e duro lavoro (degli altri).

In  buona sostanza,  noi  non  sappiamo  ancora  come e quando andremo  in pensione mentre il castigatore dei nullafacenti si trova ad  avere  già  diritto a  due  pensioni  ottime   (quella di  docente universitario e  quella  di deputato  che SONO CUMULABILI)  più un altro paio potenziali, quella di giornalista e quella di sindacalista.

Insomma  Ichino,   abbiamo capito che dovremo  lavorare  almeno fino a 70 anni  di età per pagare LE SUE pensioni,  ma almeno non potrebbe evitare di prenderci per il culo?


P.S.  Credo che già gli paghiamo anche una scorta armata 24h su 24.
(Sebastiano)

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