lunedì 28 febbraio 2011

Resoconto di Renata Bevilacqua della settima lezione su I Ching e zodiaco cinese a Treia



Appunti di Renata Bevilacqua sulla settima lezione, del 6 febbraio 2011, del corso tenuto da Paolo D'Arpini a Treia su I Ching e zodiaco cinese.

L'inizio del nuovo anno cinese questa volta cade il tre febbraio; corrisponde sempre alla tredicesima luna nuova, cioè al secondo novilunio dopo il Solstizio Invernale.
E' appena finito l'anno della Tigre ed entrato quello della Lepre di Metallo.
Il Metallo, come tutti gli altri elementi, copre due archetipi, uno maschile ed uno femminile.

Come già detto in precedenza gli animali dello zodiaco cinese sono in numero di dodici e gli elementi sono cinque, per un totale di sessanta anni, ovvero un ciclo completo del calendario cinese.

Il precedente anno della Lepre di Metallo cadeva nel 1951.

Ed ora esaminaimo l'esagramma del momento presente:
LIN, l'esagramma della Tigre.
Esso rappresenta la forza creativa: Yang riprende a crescere come la luce dopo il Solstizio Invernale. Due animali archetipici son prossimi a questo momento, il Bufalo e la Tigre; con la Tigre il seme si spezza sotto terra e crea la vita germogliando. La capacità espressiva della vita è definibile anche come Bene (vedi lezioni precedenti).
La crescita è spontanea perché la Tigre è se stessa, non speculativa. Lavorare con decisione e perseveranza; se si ascende si potrà superare il destino nel suo aspetto regressivo. Le due tendenze infatti sono sempre presenti e per essere in sintonia con il momento attuale bisogna avere coscienza della continua alternanza tra il Bene ed del Male.

La Tigre ci incoraggia a non demordere mai, essa non conosce la sconfitta.
L'esagramma stabilisce il cambiamento in positivo: muoviti, incontra, apri la strada alle novità e sarai capace di sormontare tutti gli ostacoli ed essere un modello di buon esempio per gli altri.
Quando si segue la Via del Nobile si ottengono le qualità sopra descritte, cioè quelle della stagione attuale, evocate appunto da questo esagramma.
Fare attenzione nella foga dell'agire considerando i possibili errori; così si potrà evitare il peggio; gli errori vanno infatti di preferenza prevenuti e non corretti a posteriori.
In questa configurazione si cominciano a veder le energie Yang appena messe in moto: l'errore, se commesso, rappresenta comunque un aiuto perché ci permette di vedere dove abbiamo sbagliato. E' sempre consigliabile mantenere un atteggiamento positivo, indipendentemente dalle circostanze.


Alla Tigre segue la Lepre (Esagramma T'Ai); la Lepre simboleggia un mondo di armonia che viene prodotta dall'archetipo precedente.
Quest'anno, appena iniziato il 3 febbraio, è dedicato alla Lepre Metallo. Si specifica che per Metallo si intende l'Oro, cioè il metallo purificato, quello che porta verso la giustizia e la correttezza, simbolo del Cielo sulla Terra; esso a sua volta corrisponde all'elemento Etere del sistema elementale indiano, per inciso l'elemento più raffinato e sottile.

La Lepre Metallo è più diplomatica rispetto alla Tigre Metallo ma ci prospetta ancora la purificazione; ogni elemento si ripropone per due volte consecutive creando due distinte possibilità per raggiungere lo stesso fine; in questo caso nella polarità Yang si propone sotto forma di Tigre e nella polarità Yin sotto forma di Lepre: chi non ha accettato la lezione della Tigre potrebbe accettare quella della Lepre, che si presenta con “leggiadria”.

Ogni elemento consta di tre fasi; nel caso del metallo esse sono: la scoperta del metallo, il valore che gli viene attribuito e l'uso che se ne fa sotto forma di utensili ed altro.
(Altro esempio: Il Fuoco, che viene rappresentato nelle sue tre fasi come accensione del fuoco stesso, fuoco vivo e braci)
Le tre fasi corrispondono anche a tre animali ed ai segni zodiacali occidentali. La conoscenza sorge dall'inconscio collettivo e quindi non è a se stante, è condivisa da tutta l'umanità, ecco perché ci sono “coincidenze” tra i vari sistemi: indiano, cinese, ecc.

L'anno della Lepre del Metallo, il 2011, significa ottenere con la diplomazia più che con la forza; si tratta di ottenimenti nel campo del pensiero in tutte le sue forme artistiche ed estetiche.
Il 2011 sarà un anno proficuo e placido che arriva dopo l'energia prorompente della Tigre di Metallo; ora si consolida il cambiamento ottenuto nell'anno precedente.
In questo anno fate attenzione a non voltare le spalle al mondo! Chi ama l'estetica infatti tende a fare proprio ciò, non interagendo a sufficienza con la società.
Nel 2011 sarà possibile trovare l'equilibrio tra i regolamenti e la loro giusta applicazione, per esempio evitando discussioni e conflitti inutili. E' opportuno tendere alla diplomazia ed evitare per quanto possibile l'impulsività. Il Metallo, insieme con la Lepre, ci aiuterà a trovare la giusta mediazione.
Sarà un anno romantico: quando si compie un'azione coraggiosa subentra poi il romanticismo, seguito dall'aspetto malinconico. Si consiglia di riflettere su questi aspetti, vedi atteggiamento comportamentale del gatto, che è simile alla Lepre. Il gatto è animale telepatico per eccellenza e nasconde i suoi pensieri e sentimenti; se offeso ti ignora, ti volta le spalle.
I nati nell'anno della Lepre sanno prendersi cura di sé, sono filosofi e riassumono in loro l'armonia e la pace interiore.
Le facoltà più importanti dell'uomo sono la saggezza e l'operare, intelletto e volontà; si possono estrinsecare seguendo il Libro dei Mutamenti perché esso parla delle leggi della Terra e del Cielo e l'uomo è di per se stesso un microcosmo.

TAI, l'esagramma della Lepre:
I superiori si chinano verso gli inferiori, i quali sono ben disposti verso di essi. La situazione è l'opposto di quanto avviene di solito.
Il Luminoso corrisponde allo Yang e l'Oscuro allo Yin.
I Buoni influenzano anche i Cattivi: il vero maestro riesce a ricavare qualcosa da qualunque materiale.
Quando regna lo spirito la natura animale dell'uomo viene emendata; questo processo riguarda la nostra interiorità quanto la società.
Ne consegue che la natura inferiore non va repressa bensì regolamentata, inclusi i rapporti sociali e la sessualità; la socialità per esempio non deve degenerare nel settarismo e la sessualità deve essere temperata.
L'unione tra alto e basso porta prosperità.
Buona condotta con contentezza porta tranquillità.
Pace = unione e concordia.
Il movimento dell'esagramma produce la vittoriosa ascesa del Nobile e la ritirata degli Ignobili.
Esso corrisponde alla Primavera; il Nobile rinuncia ai vantaggi materiali se questi lo legano all'Ignobile.
Ma se due persone, di eguale nobiltà, si intendono nel profondo del loro cuore neanche il bronzo ed il ferro li possono separare e le loro parole sono soavi e dolci come il profumo delle orchidee.
Il 2011 sarà inoltre propizio per coltivare la disciplina per chi ne avesse bisogno, anche con routine molto leggere. Per disciplina si intende l'esercizio psichico volto a sviluppare la volontà e la perseveranza.

I Segni Yin:
La Femminilità descritta nel Libro dei Mutamenti si intende di due generi; per usare un esempio adatto a noi occidentali questi due tipi sono riconducibili a Venere ed a Minerva.
Gli animali che appartengono al primo tipo, alla terna che rappresenta l'intelligenza seduttiva e dolce di Venere, sono la Lepre, la Capra ed il Cinghiale.
La terna che rappresenta l'intelligenza di tipo minervino, razionale ed organizzata, è formata dal Serpente, il Bufalo ed il Gallo.
La prima terna simboleggia i sentimenti e la seconda la ragione.
I segni di polarità Yang verranno trattati in seguito; basti qui un cenno al fatto che si tratta di una terna di segno idealistico ed una di segno attuativo.

Nota:
A questo punto della lezione viene considerata per ogni partecipante una serie di caratteristiche che gli sono proprie e vengono impartiti dei consigli per sfruttare al meglio le opportunità dell'anno appena entrato ai fini dell'evoluzione personale.

Formazione del Metallo:
La Terra produce la vita proprio in virtù della sua friabilità; ricordiamo che Adamo viene creato dal fango.
La Terra tuttavia sente la necessità di solidificare una sostanza pura, non composita.
Quando la Terra incontra lo spirito del Cielo nasce il Metallo; esso è la purezza che si manifesta attraverso l'azione alchemica che avviene nel grembo della Terra e si tratta di una trasformazione radicale.

Renata Bevilacqua

Quando l'ecosistema entra fra le mura domestiche... Combattere l'inquinamento con le piante in casa




Anche in casa tira aria brutta e malsana... ma le piante ci vengono in aiuto!

Ed a proposito di inquinamento, si scopre che è meglio respirare in mezzo al traffico che tra le mura domestiche. L’ente statunitense di protezione ambientale, L’enviromemtal Protection Agency, a tal proposito non ha dubbi. Dalla sua recente ricerca sul grado di vivibilità degli ambienti, ci conferma che l’inquinamento domestico, può essere 5 volte maggiore rispetto a quello esterno. Le cause vanno ricercate nei cosiddetti Cov, ovvero composti organici volatili che si trovano nei prodotti di pulizia della casa, degli uffici ed in tutti i luoghi dove si svolge la vita quotidiana.

Sono presenti in detersivi, disinfettanti, solventi, ma anche nelle pitture, vernici, smalti, candele profumate ed anche bastoncini d’incenso.

Per finire anche nei vestiti che vengono lavati a secco in tintoria. Possono essere fonte di inquinamento, anche impianti di riscaldamento, condizionatori d’aria, quando non sono istallati in modo corretto e non revisionati, stufe a legna, caminetti, e per finire non poteva mancare il fumo di sigaretta. Inquinano anche batteri, funghi e muffe che si formano il luoghi con troppa umidità. Si crea così la sindrome dell’edificio malsano, il problema della salute nei luoghi chiusi che non va assolutamente sottovalutata.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha sottolineato con forza questo fenomeno di inquinamento indoor, questa sindrome di edificio malsano, che non indica una malattia in particolare, con una specifica causa precisa, ma può affligere chi soggiorna e lavora in spazi chiusi. Oggi più che mai le persone trascorrono in media l’80 per cento del loro tempo in ambienti domestici, di lavoro, uffici centri commerciali mezzi di trasporto. Quindi ancora di più un’atmosfera malata, ha effetti dannosi sul benessere dell’intero organismo. Mal di testa, stanchezza, insonnia, ma anche allergie agli occhi, mal di gola, e patologie respiratorie, dall’asma all’enfisema, sino al raggiungimento di malattie croniche polmonari.

L’istituto superiore di Sanità ci raccomanda sempre di arieggiare la casa, limitare uso di deodoranti d’ambiente e chimici, no agli spray mangia polvere che contengono formaldeide, meglio panni in microfibra. E per finire ricorre anche alla natura, con le piante che assorbono gas inquinanti, tra lui le azalee, le dreacene, le gerbere ed i filodendri. Ancora una volta è sempre la natura che ci viene in aiuto, quindi è d’obbligo salvaguardarla.

Rita De Angelis

domenica 27 febbraio 2011

Cultura universitaria senza baronie... si renda al popolo quel che è del Popolo!



"Università.. significa di tutti!" (Saul Arpino)

E' ben noto a chiunque che nella Funzione Pubblica la corruzione alligna sempre più.
In magna pompa la stessa casta dei magistrati lo ha confermato proprio in questi giorni.

I buoni osservatori della vita sociale sanno però che non esiste la sola corruzione economica, finanziaria, fatta di mazzette di denaro e vari altri indegni emolumenti, di cui si soffermano a parlare i giudici. Esiste pure un'altra corruzione, perfino più dannosa perché ovunque ed in profondità essa sparge i suoi malefici effetti e silenziosamente apre la strada all'altra. Questa corruzione è quella di una cultura che è rimasta ostaggio di un sistema finto pubblico, un'autentica proprietà privata degli statali, degli assunti a vita in ruoli che appartengono però alla collettività, all'intero popolo italiano, del quale antidemocratico sistema le Università in mano a baroni e baronesse sono tassello centrale e fautrici primarie.

Di questa corruzione culturale la congrega dei magistrati non tratta, avendovi essa stessa un ruolo importante. Hanno forse mai evidenziato, tali paludati giudici a vita, che con la loro pompa cercano invano di acquistare quella stima che in ben altro modo modeste e capaci persone si guadagnerebbero, il fatto che la popolazione viene metodicamente addomesticata, controllata, giudicata e repressa, oltre che gabellata, da una minoranza chiusa nei suoi privilegi, da un ordine elitario che sessantatrè anni fa non avrebbe dovuto sopravvivere alla caduta dell'apice della dittatura fascista perché proprio di quel regime esso era l'autoritario corpo burocratico, conservandosi tutt'oggi pressoché immutato nella sua concezione, piglio e struttura?

Hanno forse mai messo in discussione, tali ampollosi personaggi, il fatto che noi comuni, noi semplici, insignificanti cittadini qualsiasi, noi che NON siamo statali, noi che non ci siamo appropriati a vita di un ruolo, di un potere, di un reddito pubblico, veniano giudicati da gente che non conosce, che mai esperisce l'impotente, sconsolata sottomessa vita che invece noi ci tocca massivamente quotidianamente vivere?

Come si può ammettere, signore e signori Giudici, che i cittadini siano ancora oggi osservati, pesati, vagliati, criticati e puniti da una confraternita di persone che, accettando un ruolo pubblico a vita, si sono automaticamente trasformate in despoti, visto che proprio nella periodica restituzione al popolo di ciò che è pubblico si configura il carattere essenziale della Democrazia? Non sarebbe forse giusto, logico e dovuto che noi stessi cittadini selezionassimo tra noi periodicamente dei probiviri incaricati di compiere le loro valutazioni su fatti accaduti a loro simili e terminato che fosse un tempo opportuno di attività se ne tornassero ad altre di diversa natura per non fossilizzarsi, irrigidirsi, corrompersi in un ruolo che andrebbe ricoperto da gente sempre fresca, capace di stupirsi ed indignarsi per l'eventuale schifo che vi si fosse accumulato?

Se invece che alla vostra casta di assunti a vita la giustizia fosse affidata a rotazione a cittadini preparati forse non diminuirebbe l'esorbitante numero di leggi, spesso arzigogolate ed ignote perfino a chi ha la spudorata pretesa di applicarle con una dose zero di tolleranza, cui noi donne ed uomini qualunque dobbiamo sottostare sotto la minaccia delle armi di vostri colleghi assunti anch'essi a vita in ruoli che la definizione stessa di pubblico avrebbe dovuto, fin dal primo vagito della nostra Res Publica, far divenire oggetto di condivisione? Che forse, venendo la giustizia gestita da noi coinvolti cittadini, non scomparirebbe immediatamente l'oceano di scartoffie che invece sommerge voi? Non scaricate responsabilità che son innanzitutto vostre su politici che non vi piacciono. I politici tutti sono figli di quella stessa finzione ed incultura che affliggono le Università ed il loro superficiale operato proprio in esse trova la sua genesi.

Le Università divengano allora fucina catalizzatrice di quella continua maturazione umana e sociale, di quella evoluzione, di quel consapevole mutamento che rappresentano il senso stesso della parola cultura. Per tutto ciò ai baroni, ai giudici, agli statali tutti giunga pacificamente, legalmente, civilmente questo messaggio: gradite uscire ordinatamente fuori dai Pubblici Uffici, dai nostri Uffici, dagli Uffici che appartengono al popolo italiano e per questo da esso e non più da una sua minoranza spocchiosa meritano di essere gestiti.

Uscite dai Pubblici Uffici e cercatevi qualcosa di buono da fare. Ma non cercatelo più nel settore pubblico, di certo non per ora. Chi gli altri ha escluso non può che a sua volta venire escluso. Trovatevi invece finalmente un lavoro produttivo nel modo in cui lo fa la gente comune, in cui lo facciamo tutti noi che mai nulla abbiamo contato. Vivete la nostra vita. Così capirete cosa vuol dire essere sudditi. E se non vi piacerà, così come non è piaciuto a noi, affermate anche voi a gran voce i due sacrosanti principi della Democrazia:

1) quanto di pertinenza e proprietà della Collettività va condiviso,
2) quanto di pertinenza e proprietà della Persona va rispettato.

Gridate anche voi:

MAI PIU' STATALI, MAI PIU' ASSUNTI A VITA IN RUOLI PUBBLICI!
LARGO INVECE A SEMPLICI CITTADINI COMPETENTI A ROTAZIONE!

Solo allora guadagnerete quel diritto che a noi avete tolto per 63 anni.

Danilo D'Antonio

all'ombra del Gran Sasso
il giorno 27/02/42

col cuore preso da coloro
che si trovano prigionieri
di carceri inumane solo per esser nati
in una società mantenuta antipartecipativa
e retrograda dagli statali

Tel. 339 5014947

sabato 26 febbraio 2011

Simona Mingolla: "Terapie naturali contro i dolori senza uso di farmaci..."




"NUOVE TERAPIE CONTRO I DOLORI (E NON SOLO) SENZA USO DEI FARMACI" - Via della Villa, 1/a - Valentano (Vt) Convegno del 4 e 5 marzo 2011 - Per questioni di spazio nella sala occorre prenotare un posto chiamando il numero verde 800 770 273 in orario ufficio.

E’ noto che uno dei problemi che “affliggono” la salute pubblica sta nell’abuso di farmaci per la risoluzione e riduzione dei sintomi di patologie che possono essere trattate attraverso modalità parimenti efficaci e con effetti collaterali ridotti o nulli. In particolare ci riferiamo agli ANTINFIAMMATORI che non hanno alcun potere curativo: sono dei palliativi che possono attutire il dolore che si manifesta a seguito di varie patologie, ma non influiscono su esse né innescano meccanismi che portano a miglioramento o guarigione. Tuttavia, il problema maggiore sta negli EFFETTI COLLATERALI che sono DEVASTANTI e che, spesso, non solo vengono sottovalutati, ma addirittura omessi per far sì che quel farmaco non esca dai circuiti commerciali impedendo i profitti miliardari alle case farmaceutiche che li hanno prodotti!!!

Durante l'incontro (quello del 5 marzo è una replica del precedente per dare la possibilità a chi lavora in settimana, se libero il sabato, di partecipare) verranno illustrati i perversi meccanismi che stanno dietro alla sperimentazione, validazione ed immissione sul mercato dei farmaci (senza nulla togliere a quei medicinali veramente indispensabili per la vita e la cura di CERTE malattie!) citando casi di grosse aziende multinazionali del farmaco oggi sotto accusa per gravissimi fatti di cui nessuno ci mette al corrente!! Così come non vengono diffuse cononscenze e notizie in merito ad alternative di sicura efficacia e senza effetti collaterali che possono veramente curare e ripristinare equilibri fisiologici compromessi in presenza della malattia o da un cattivo stile di vita o dallo stress.

Ora se "la conoscenza è l'antidoto per la paura", oggi giorno più che mai (visti i molteplici bombardamenti di notizie distorte e "chiacchiere" buone solo per creare "terrorismo psicologico" e distogliere le Persone dal concentrarsi su ciò che conta veramente per il cammino di crescita personale e collettivo) l'unico modo per non soccombere all'interno di sistemi perversi e dediti ai soli profitti è quello di SAPERE come funzionano certi meccanismi per lo meno per avere elementi in più da analizzare criticamente prima di fare scelte in qualsivoglia ambito si tratti.
Ringraziando anticipatamente per la disponibilità e la partecipazione di chi vuole "sapere di più", auguro una buona settimana.

Simona Mingolla - presidenza@bancadellaconsulenza.it

venerdì 25 febbraio 2011

"Bioregionalismo urbano ed ecologia profonda nelle comunità umane"



"...me pasaría la vida viajando y pediría a la buena gente que encontrara en el camino de prestarme algo de su vida para probar a veces lo que significa sentirse en casa.." (Sbirba Aivlis)

Essendo vissuto per moltissimi anni in un contesto urbano (sono nato e vissuto a Roma ed ho anche abitato a Verona per oltre metà della mia vita), ed avendo anche tentato un esperimento di ri-abitazione di un piccolo borgo abbandonato, Calcata, con conseguente tentativo di ricostituire o -perlomeno- avviare un processo di comunità ideale (non so con quale successo...), posso affermare che massimamente il mio procedere "bioregionale" si è svolto in un ambito sociale "cittadino". Ma attenzione, essere un cittadino non significa abitare in città bensì vuol dire riconoscersi in un "organismo" di civiltà umana.

Da poco più di sei mesi mi sono trasferito in una cittadina delle Marche, Treia, e questo è un successivo passo avanti verso la mia ricerca di una sistemazione sociologica ideale.... Infatti Roma è abitata da 6 milioni di persone, è insomma una metropoli, Verona conta quasi mezzo milione di abitanti, Calcata meno di mille... Mentre Treia arriva quasi a diecimila. Insomma sto cercando una giusta via di mezzo, adatta al mantenimento di un sano rapporto con l'ambiente e gli animali senza dover rinunciare ai vantaggi della "civitas", essendo noi umani esseri altamente socializzanti....

La parola "Bioregionalismo" come pure il termine "Ecologia profonda" sono neologismi coniati verso la fine degli anni '70 del secolo scorso, rispettivamente da Peter Berg ed Arne Naess, uno scrittore ed un ecologista, ma rappresentano un modo di vivere molto più antico, che anzi fa parte della storia della vita sul pianeta ed ha contraddistinto tutte le civiltà umane (sino all'avvento dell'industrializzazione selvaggia e del consumismo). Diciamo che il "bioregionalismo" (che equivale all'ecologia profonda) contraddistingue un modo di pensare che muove dall'esigenza profonda di riallacciare un rapporto sacrale con la terra. Questo rapporto si conquista partendo dalla volontà di capire -riabitandolo- il luogo in cui viviamo.

Una bioregione infatti non è un recinto di cui si stabiliscono definitivamente i confini ma una sorta di campo magnetico (aura - spiritus loci) distinguibile dai campi vicini solo per l'intensità delle caratteristiche che formano la sua identità, alla stessa stregua degli esseri umani, contemporaneamente diversi e simili l'uno all'altro.

In una ottica bioregionale - dovendo analizzare i requisiti antropologici di una città ideale - occorre prima vedere gli aspetti di cosa è una città. Noi usiamo il termine città che deriva da "civitas" ma dobbiamo considerare anche l'altra definizione "urbs", questi due termini hanno pari valore nella fondazione ed urbanizzazione del luogo abitativo.

Dal punto di vista antropologico sappiamo che una piccola comunità di 1000 persone consente a tutti i suoi membri la conoscenza personale ed inter-relazione reciproca. Ogni cosa prodotta ha come fruitori i membri tutti ed altrettanto dicasi per quanto è scartato. Nelle comunità antiche, nelle tribù che furono la base della vita umana per migliaia di anni, la reciprocità o solidarietà era elemento di sopravvivenza e sviluppo. Quando lentamente si giungeva ad una summa di tribù dello stesso ceppo originario (diciamo cento entità di 1000 componenti) si diceva che era nato un popolo, una società, insomma una "civitas". Dobbiamo quindi partire da un elemento precostituito e cioé che l'ambito di una "comunità ideale" non dovrebbe superare i centomila abitanti. Ciò vale anche per una metropoli che andrebbe suddivisa in quartieri di tale entità. Perché? Per un semplice motivo: se tutti i componenti di una comunità "originaria" hanno interrelazioni in allargamento (diaspora) sarà possibile connettersi indirettamente o direttamente con gli appartenenti ai vari gruppi che compartecipano allo stesso luogo. Tutti individui diversi dal gruppo originario ma tutti "elementi effettivi" della stessa collettività.

Ampliando così il ramo di interesse dalla parentela vicina o lontana alla compartecipazione, somiglianza e convivenza nello stesso luogo. A questo punto le varie entità (o gruppi di individui) son paritetiche l'un l'altra, intrecciate in un contesto di relazioni e formano la base della città ideale. Forse i membri della città apparterranno a ceti diversi ma assieme a noi vivono nella città, con essi manteniamo numerosi rapporti personali come fra membri di una tribù ideale. Questa si può definire società ed il processo descritto conduce a forte correlazione e socializzazione e vivifica l'intera comunità. Ma si può dire che centomila abitanti son un limite. Giacché questo è il livello d'interrelazione possibile e la città bioregionale -secondo me- deve comprendere criteri di suddivisione sociale che rispettino questi termini numerici.

Non ho nulla contro la vita umana negli agglomerati umani, ma occore portare elementi di riequilibio all'insieme degli elementi vitali, materiali od architettonici che siano.

Il primo passo verso la riarmonizzazione delle aree urbane è il riconoscimento che esse si trovano tutte in bioregioni, all'interno delle quali possono divenire protagoste ed ecosostenibili. La peculiarità dei suoli, bacini fluviali, piante e animali nativi, clima, variazione stagionale e altre caratteristiche che sono presenti in un luogo-vita bioregionale (ecosistema), costituiscono il contesto base per l'approvvigionamento delle risorse quali: cibo, energia e materiali vari. Affinché questo avvenga in modo sostenibile, le città devono identificarsi e porsi in reciproco equilibrio con i sistemi naturali.

Non solo devono reperire localmente le risorse per soddisfare i bisogni dei propri abitanti ma devono altresì adattare i propri bisogni alle condizioni locali. Questo significa mantenere le caratteristiche naturali che ancora rimangono intatte e/o ripristinarne quante più possibili. Per esempio risanando baie inquinate, laghi e fiumi affinché possano ridiventare habitat salubri per la vita acquatica, contribuendo in tal modo all'autosufficienza delle aree urbane. Le condizioni che contraddistinguono le aree geografiche dipendono dalle loro peculiari caratteristiche naturali: una ragione in più per adottare i principi base del bioregionalismo, appropriati e specifici per ogni luogo e -soprattutto- utilizzabili per orientare al meglio le politiche municipali.

Le linee guida di questo mutamento possono essere prese da alcuni principi base che governano gli ecosistemi:
1) Interdipendenza. Accrescere la consapevolezza dell'interscambio fra produzione e consumo, affinché l'approvvigionamento, il riuso, il riciclaggio e il ripristino possano diventare integrabili.
2) Diversità. Sostenere la diversità di opinione così da soddisfare i bisogni vitali oltreché una molteplicità di espressioni culturali, sociali e politiche. Resistere a soluzioni che privilegino i singoli interessi e la monocultura.
3) Autoregolamento. Incoraggiare le attività decentralizzate promosse da gruppi di quartiere-distretti. Rimpiazzare la burocrazia verticistica con assemblee di gruppi locali.
4) Sostenibilità economica. Scopo della politica è quello di operare con interessi lungimiranti, minimizzando rimedi fittizi ed incentivando un processo di riconversione ecologica a lungo termine.

Mi sembra che il materiale trattato per il momento possa bastare al fine di una riflessione sul tema e di un ulteriore dialogo integrativo.. Lascio ai lettori la parola!


Paolo D'Arpini, referente della Rete Bioregionale Italiana
circolo.vegetariano@libero.it - Tel. 0733/216293

http://retebioregionale.ilcannocchiale.it/

http://www.circolovegetarianocalcata.it/?s=rete+bioregionale+italiana

giovedì 24 febbraio 2011

Caterina Regazzi: “La pace interiore è la causa, la pace nel mondo la risposta…”



Come potremo mai vivere in pace, nel mondo, se anche noi, nel nostro piccolo, interiormente, non siamo sereni, in pace con noi stessi e con gli altri?

Si potrebbe fare un gioco: io sono in pace interiormente e ti do un po’ della mia pace, te la trasmetto, te la comunico, te la insegno, e tu fai altrettanto con chi è vicino a te e così il cerchio si allarga, fino a coprire tutto il mondo e si finirà, con l’ultimo “arrabbiato” che si guarderà intorno, circondato e ……. Si arrenderà alla pace.

Di questi tempi pare molto di moda lamentarsi e fare il gioco di accusare tutto e tutti di qualcosa che non va. E invece la vita, la natura, ci danno tutto ed anche di più di quello che ci occorre, ma noi fatichiamo ad accontentarci.
Dovremmo prendere esempio dai nostri fratelli animali, che, anche se noi spesso li teniamo in condizioni di schiavitù, difficilmente si ribellano.

Paolo, leggendo questa frase, ha commentato: " Forse nella frase degli animali dove dici che non si ribellano.. io metterei "non si rivoltano contro di noi perché il loro affetto è più forte della rabbia"

Mia risposta: "Non è vero, secondo me loro non si ribellano semplicemente perchè accettano quello che la vita gli riserva, la loro condizione, non hanno aspettative, si accontentano di quel che hanno. Parlo di animali d'allevamento, non certo dei nostri beniamini che dormono sui letti e hanno un posto riservato nelle nostre vite (meritato se vuoi, perché ti ripagano con un affetto e una dedizione impareggiabile), negli allevamenti intensivi l'animale è solo, se va bene, un numero, che deve produrre molto e costare poco... Perché questi animali ci dovrebbero amare? Sarebbe come dire che un prigioniero potesse amare il suo carceriere...."


Paolo: "Però tieni conto di una cosa...Gli animali d'allevamento non sanno che noi li stiamo sfruttando... l'animale soprattutto se sempre vissuto in cattività riconosce il fatto basilare di essere nutrito e protetto e non è consapevole che noi lo facciamo per "mangiarcelo" o per rubargli il suo latte.... (tra l'altro la mungitura per la vacca è un piacere perché la alleggerisce dalla tensione). Per l'animale -secondo me- è normale "amare" chi gli dimostra attenzione e che è abituato a vivere nella sua presenza costante. Forse "amare" è troppo forte, per questo l'ho virgolettato ed è per questo che avevo usato la parola "affetto"... o se vuoi "affezione" E si può parlare di affezione anche quando non si tratta di cani o gatti... te lo posso assicurare. In passato ho avuto rapporti molto forti con capre, pecore, asini, galline... insomma tutto il bestiario conosciuto a noi europei.. e persino con scimmie, etc. e posso garantirti che non c'è differenza fra queste bestie ed un gatto... solo che il gatto ed il cane sono più furbi ed utilizzano le nostre debolezze per infilarcisi dentro a mo' di riempitivo...."

Rispondo: "Per i ruminanti -bovini e ovini- sarà anche vero quel che dici, ma io penso a certi allevamenti di suini, dove, pur nella legalità di quelle pratiche, le condizioni di quegli animali sono veramente innaturali e fonte di stress, vivono sul cemento, da piccoli i maschi vengono castrati, gli vengono tagliati coda e denti, come fanno ad essere affezionati a chi li tiene in queste condizioni? L'unico lato positivo per loro, è che vivono in gruppo e, purché questi gruppi non siano troppo fitti, almeno si scaldano fra loro quando hanno freddo, quando non litigano.... Stesso discorso per i polli, lo vedi anche tu, anche fra esseri umani, quando comincia ad esserci troppa densità si scatenano le zuffe".

Comunque è certo che l'uomo spontaneamente farebbe solo il bene sia degli altri esseri umani che degli altri esseri viventi...... ad esempio vi racconto una storiella che ha per protagonisti me e una gallina (vedi foto soprastante).
La foto di me che piango fu scattata da mio padre sul balcone della casa di Roma: al ritorno da una vacanza a Treia, i miei, che erano dei buongustai e che a mia memoria non acquistarono mai, dico MAI un pollo in macelleria, ma solo da contadini a Treia quella volta il pollo se lo portarono dietro vivo, ed io ero tutta felice perchè a me gli animali sono sempre piaciuti tanto (come a tutti i bambini)...... ma quando ho saputo la fine che avrebbe dovuto fare....... la disperazione più totale mi colse.
Ma evidentemente quella gallina era destinata a diventare un nostro pranzo.

Ognuno ha il suo destino, ma anche un compito e non possiamo compiere il nostro percorso senza affrontarlo e portarlo avanti.
E, il compito principale di ognuno di noi, non è proprio vivere ed essere felici?
E questa felicità può mai essere raggiunta se oltre a noi non pensiamo, non coinvolgiamo chi ci sta accanto, i nostri familiari, i nostri amici, i nostri colleghi di lavoro, i nostri vicini di casa, i nostri fratelli animali?
Mandiamo pensieri amorevoli alla nostra amata Terra con tutti noi esseri viventi, con tutti noi esseri umani; prendiamoci il tempo di amare e di occuparci di noi stessi e degli altri, abbiamo cura della natura, evitiamo di sfruttarla con consumi eccessivi, che superano i nostri fabbisogni, pensiamo che le risorse naturali non sono infinite e che altri esseri viventi su questa terra hanno bisogno come noi, di nutrirsi, di respirare aria pura e di bere acqua potabile, smettiamo di sporcare l’aria con i nostri motori e le nostre industrie, di sporcare l’acqua con i nostri scarichi.

Sogno una Terra in cui si possa vivere in equilibrio, in cui si consumino solo i prodotti del proprio ambito, in cui non si producano più rifiuti, in cui non si debba lavorare per forza 40 ore alla settimana ma in cui si possa avere più tempo per l’amore, per la convivialità, ma anche semplicemente per il riposo……

La vita è gioia, fatica, speranza, amore, tristezza, i sentimenti ci sono e ci debbono essere tutti, come in un meraviglioso caleidoscopio: non sai mai cosa ti può capitare, ma sappi per certo che tutto quel che ti capita è proprio quello che puoi vivere.

Caterina Regazzi

mercoledì 23 febbraio 2011

Libia, Nord Africa, Medio Oriente... motivo nascosto della crisi? La guerra dell'acqua....



"L'oro blù vale molto di più... del petrolio" (Saul Arpino)

Caro Paolo D’Arpini.

ABITUALMENTE SEGUO (o, meglio, cerco di seguire) LE VICISSITUDINI DEL MONDO cercando lumi ovunque. E sono convinto di azzeccarle (o, almeno, finora le ho azzeccate…) Perchè utilizzando il metodo della statistica e quello della complessità si riesce ad inquadrare ogni problema situandolo nel suo ambiente naturale.

Poichè mi hai chiesto cosa sta succedendo nel Mediterraneo, trovo naturale risponderti citando il film di prossima uscita: Il Grinta.

Si tratta della riedizione di un film di grande successo che garantì l’Oscar ad uno dei più noti esponenti del mito yankee: John Waine. Costui NON aveva Mai preso l’Oscar, anche se, impresa davvero eccezionale, aveva impressionato il giovane Gianfranco Fini il quale, dopo aver visto il film sui BERRETTI VERDI ritenne utile iscriversi al MSI, provocandone i guai che i missisti cominciano solo ora a riconoscergli. Pare che anche l’amore con la giovane Tulliani provenisse da queste infatuazioni per le imprese dei marines, berretti variopinti e quant’altro.

Ma perchè cito John Waine? Perchè questo attore, che noi abbiamo amato per la sua virilità NON ostentata, come invece Sfarzeneggar, Stallone e quant’altri che esprimono, proprio nell’ostentazione di muscoli a poco prezzo, l’assenza di virilità di “lorsignori”, fece alcuni film, giocandosi i soldi faticosamente guadagnati prima, per reagire al tracollo del Vietnam. Si trattava di FORT ALAMO e, appunto, Berretti Verdi che incassarono poco negli USA, perchè gli abitatnti di quel grande paese si erano rotti le..palle di queste storie. [ Aggiungo che all’epoca ci fu una polemica perchè il grande endocrinologo Nicola Pende aveva dichiarato che gli americani scappavano perchè erano stati evirati in giovanissima età.

Si trattava NON dell’asportazione delle coglia, come qualcuno potrebbe pensare, ma di quella delle tonsille che, secondo il noto endocrinologo, supplivano a funzioni “virili”. All’epoca negli USA,e, di riflesso, anche in Italia, si toglievano le tonsille a tutti i bambini. MISTERO DELLA FEDE! Ora si preannuncia, con gran rullare di tamburi, l’avvento del nuovi film IL GRINTA , prodotto e girato dai “fratelli COHEN”. Già pronti gli Oscar e quant’altro. (E pensare quanto ha dovuto faticare Benigni per averne uno….).

Domanda: non sarà che i COHEN, nome quanto mai onomatopeico ed indicativo, non fiutino un’altra débacle in vista e vogliono rivitalizzare le membra infiacchite degli yankee vagabondi esibendo i muscoli del vecchio e strabico GRINTA? Questo è il punto di partenza di una analisi che abbiamo già fatto in giornata, anche grazie al formidabile articolo diramato da NAPOLIBERA.
SECONDO LA MIA OPINIONE STA AVVENENENDO QUALCOSA NEL MEDITERRANEO ( epicentro, ricordiamolo bene, del mondo) che va analizzato secondo i principi della complessità.

Nel Mediterraneo si confrontano, oggi più di ieri, (ma anche ieri la situazione era instabile), le seguenti potenze: USA, Israel, GB, Francia, Italia, Spagna, Turchia, Russia, Iran, Egitto, Siria, Palestina, Libano, Arabia Saudita, Irak, Pakistan, India e….Vaticano….Ciascuna di queste potenze sta giocando le sue carte, e NON si creda che ci sia qualcuno che sta a guardare…. ma…. dietro a tutti c’è la penetrazione cinese nel Corno d’Africa. Conoscere il Corno d’Africa significa conoscere le vere potenzialità produttive di una zona dell’Africa finora MAI sfruttata.

La Cina, con la sola sua presenza, sta destabilizzando tutta l’area. Fatto del tutto naturale.

ACQUA: uno dei fattori della destabilizzazione è l’acqua. Per le ragioni orografiche note, il possesso dell’Etiopia comporta il controllo dell’acqua di tutta l’Africa (così come il controllo del Tibet significa il controllo delle acque che dal Tibet inondano tutta l’Asia). Dall’altro lato della cartina geografica della zona, la Turchia controlla le acque che dissetano Siria, Libano, Israele e Palestina, nonchè Irak.

MIA IPOTESI su quanto sta accadendo: in un primo tempo USA/Israel ha iniziato un’operazione di detabilizzazione dell’Egitto, forse perchè Moubarak, troppo vecchio, non è più in condizione di controllare la situazione. Le “agitazioni di piazza” che dovevano servire per fare un pò di chiasso, sono degenerate ad opera di forze (islamiste) che hanno preso la palla al balzo per fare un contro-contro-rivoluzione. A questo punto l’azione di forza dell’esercito si è imposta. Ma la questione non si risolve così. L’incertezza domina sovrana e, come ha dimostrato qualche decennio fa il caso SHA/Komeini, NON è detto che tutto vada liscio per USA/Israel, tant’è vero che, per tastare il terreno, l’Iran ha spedito due navi nel canale di Suez. In ogni caso, persistendo l’incertezza, è ovvio che Israel stia molto accorto. Le spalle coperte come ai tempi di Moubarak non ce le avrà mai più. Diversa è la situazione degli altri paesi Nord Afrikani, per i quali le vicende appaiono più complicate.

Fra tutti la più esposta è la Libia, da tempo nel mirino di “Lorsignori” per gli accordi, peraltro più che centenari, col nostro governo. (Quarta sponda, come ci ha ricordato Napolibera, è e resta la quarta sponda.) Poichè è molto verifica l’ipotesi che i molestatori siano agenti “colorati alla Soros”, è evidente che il Sistema si difende sparando. La mia speranza è che siano spari veri e non botti a salve. La scomparsa di questi molestatori potrebbe comportare più tranquillità nella zona. Per quanto mi riguarda, spero molto nella partecipazione “spontanea” di VOLONTARI provenienti da Afghanistan, Pakistan, Iran, Irak, Libano, Siria, Arabia Saudita, Yemen, Somalia..e chi ce ne ha più ce ne metta.

Giorgio Vitali

Decreto Milleproroghe o trappola "mille porcate"? - Ecco come le banche potranno derubare impunemente gli italiani...


"Come imbrogliare i semplici senza farsene avvedere? Chiedetelo alle banche..." (Saul Arpino)

DECRETO MILLEPROROGHE STRAVOLGE LA LEGGE E LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE E DANNEGGIA MILIONI DI CORRENTISTI

la modifica di legge, nascosta nel decreto farà fallire migliaia di aziende che hanno avviato cause nei confronti delle banche e che a seguito di questa "modifica" perderanno causa e denaro (l'emendamento è a nome del senatore Azzolini Antonio, sindaco di Molfetta, fratello di Azzolini ex presidente della Banca Cattolica di Molfetta (confluita in Antonveneta) attualmente nel cda di Banca Antonveneta attualmente MPS).

Il governo ha riproposto nel maxiemendamento al decreto milleproroghe, inserendo in maniera subdola un comma che stravolge l'ultima sentenza della Cassazione. La Cassazione con una propria sentenza (n. 24418 del 2/12/10) a Sezioni Unite, soltanto due mesi fa, aveva sancito definitivamente il diritto dei correntisti a farsi restituire tutte le somme illegittimamente addebitate dalle banche su conti correnti con la capitalizzazione trimestrale degli interessi. Consolidando così definitivamente (almeno così si riteneva) i principi favorevoli agli utenti dei servizi bancari vittime dell'anatocismo. La Suprema Corte di Cassazione infatti, aveva stabilito che la prescrizione del diritto del correntista a ottenere la restituzione delle somme, illegittimamente addebitate dalla banca sul conto corrente, scatta dalla chiusura del rapporto e non dalla data della singola annotazione a debito sul conto, riaffermando il divieto assoluto dell'anatocismo trimestrale e annuale garantendo i in questo modo la certezza matematica della restituzione dell‚indebito quantificato da una apposita perizia, in merito ad una prassi illegale, vietata dall‚art.1283 del Codice Civile, che inibiva la capitalizzazione trimestrale degli interessi praticati dalle banche.

Nelle disposizioni concernenti il sistema bancario, all'art 2 quinquies, dopo aver espunto il punto 10 che voleva modificare l'art.644 del codice penale,aumentando i tassi soglia previsti dalle legge antiusura, il Governo ha inserito nel maxiemendamento, un punto 9, in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente con l'art.2935 del codice civile, si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall'annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell'annotazione stessa. Questa interpretazione autentica della legge che sconfessa completamente la decisione, ben più qualificata della Suprema Corte di Cassazione, farà perdere ai correntisti migliaia di cause già avviate e dove si aveva la certezza della vittoria. Alla faccia della certezza del diritto.

Questo articoletto nascosto è stato evidentemente "suggerito" al governo dai banchieri con la connivenza della Banca d'Italia e produrrà conseguenze disastrose per tantissime piccole aziende che avevano avviato cause nei confronti delle banche per vedersi riconosciuti i propri diritti.

Adesso tutte quelle cause saranno perse, le aziende saranno costrette a pagare tutte le spese di giudizio ed a pagare debiti illegittimi alle banche con la conseguenza che, con la crisi in atto, falliranno per mancanza di liquidità.

Di questo nessuno ne parla. I media si soffermano sul bunga bunga che fa notizia mentre a nessuno evidentemente interessa del destino di migliaia di piccole e medie aziende. L'opposizione preferisce contrastare il governo sul piano dei gossip e non sulla sostanza dei fatti. Anche la Confindustria tace e soltanto alcune associazioni di consumatori tentano di contrastare la potenza delle banche.


Fonte: www.cesynt.net

Bioregionalismo: "Proposizione ecologica del profondo per la società in cui viviamo..."



La vera attuazione dell'ecologia profonda si realizza qui.. in mezzo a noi, in questa stessa società!

L'ecologia del profondo non ipotizza il ritorno al primitivismo bensì individua nelle attuali condizioni della società avanzata l'occasione di un riequilibrio.

La continuità della nostra società, in quanto specie, richiede una chiave evolutiva, una visione globale, per mezzo della quale aprire la nostra mente alla consapevolezza di condividere con l'intero pianeta l'esperienza vita. Questa visione è l'ecologia del profondo, la scienza dell'inscindibilità della vita.

Ne consegue che l'economia umana può e deve tener conto dell'ecologia per avviare un progresso tecnologico che non si contrapponga alla vita e che sia in sintonia con i processi vitali del pianeta. La scienza e la tecnologia in ogni campo di applicazione dovranno rispondere alla domanda: "E' ciò ecologicamente compatibile?" I macchinari, le fonti energetiche, lo smaltimento dei sottoprodotti, dovranno essere realizzati in termini di sostenibilità ecologica. Verrà avviato un rapido processo di riconversione e riqualificazione industriale ed agricola che già di per se stesso sarà in grado di sostenere l'economia. Infatti la sola riconversione favorirà il superamento dell'attuale stato di enpasse impartendo grande input allo sviluppo economico e sociale. Una grande rivoluzione umana comprendente il nostro far pace con la vita "globale" del pianeta.

Dopo oltre mezzo secolo di incertezze possiamo dichiarare concluso quell'intermezzo temporale chiamato "dopo-guerra". Chiudiamo così il momento iniziato con Yalta (di equilibri precari in termini di "destra & sinistra") per approdare ad un'alba di genuini valori umani ed ecologici basati sul reciproco rispetto delle forme esistenti. Ciò avviene anche attraverso l'acquisizione di un antico/nuovo modo di pensare che fa riferimento alla basilare legge della vita. ovvero: vivi e lascia vivere.

La possibilità che il presente sistema di civilizzazione consumista porti ad un enpasse ed alla caduta di ogni valore vitale è sempre più evidente osservando l'arretratezza con cui i nostri governanti ed amministratori affrontano le problematiche sociali ed ambientali. La chiave evolutiva da noi proposta sta nel cambio radicale di visione, passando dal criterio di "destra-sinistra" (ormai superato dalla situazione) ad una coscienza di compresenza e compartecipazione del contesto vitale, una coscienza priva di ipocrisia e furbizia, tesa all'approfondimento dei valori della vita (nella società e nell'habitat).

Questa visione è alternativa al vecchio sistema superficiale che tien conto solo dell'apparire e del consumo. Infatti abbandonando il concetto ormai obsoleto di "destra-sinistra" possiamo tranquillamente entrare nel mondo "dell'appartenenza e condivisione". La consapevolezza di essere parte integrante del tutto è l'unica strada per uscire dal vortice di una ripetitiva e rovinosa barbarie.

Paolo D'Arpini, referente P.R. della Rete Bioregionale Italiana
circolo.vegetariano@libero.it - Tel. 0733/216293

Altri articoli sul bioregionalismo:
http://retebioregionale.ilcannocchiale.it/?r=28763

Caminante, no hay camino, se hace camino al andar.
Antonio Machado (Nulla dies sine linea)

martedì 22 febbraio 2011

Salviamo rospi e rane dallo schiacciamento sulle strade asfaltate....



"In ogni rospo o ranocchio potrebbe celarsi un Principe Azzurro.." (Saul Arpino)

Ricordate quella bellissima poesia in cui si descrive la gentilezza di un cavallo che traina un pesante carretto, e pur oberato dal peso e dalla fatica, quando scorge un rospo ferito da ragazzini crudeli sulla strada, si scansa con difficoltà per salvargli la vita?

Ebbene la natura aiuta se stessa… Ed in verità i rospi sono fra i migliori amici dell’uomo. Altro che pesticidi chimici ed OGM, i veri protettori dell’agricoltura sono i rospi che si nutrono di larve ed insetti nocivi.

Ricordo quando da bambino i miei nonni materni, di Bagnoli di Sopra, mi portavano a spasso nella campagna della Bassa Padana, e mi mostravano un corpulento rospo all’opera fra le foglie verdi, essi mi dicevano “Guarda fratel Rospo che ci aiuta a lavorare i campi… mi raccomando non infastidirlo mai…”.

Ed in verità è rimasto in me un amore spontaneo ed un rispetto verso fratel rospo… e quando scorgo qualche rospetto che si trascina lentamente lungo la strada lo invito a farsi da parte… poiché troppi ne ho trovati spiaccicati sull’asfalto da malaccorti e spediti automobilisti che non si peritano di scansare di pochi centimetri l’autovettura in corsa e sfracellano i poveri anfibi, senza pietà alcuna per la vita…

In questo periodo dell'anno inizia la miragrazione riproduttiva dei rospi. Infatti le piogge e l´aumento delle temperature stanno dando il via, al risveglio dal letargo e alla migrazione dei rospi e di molte altre specie di anfibi.

Migliaia di questi piccoli animaletti, preziosi indicatori di un ambiente non ancora compromesso, effettuano degli spostamenti per raggiungere gli stagni dove riprodursi deponendo le uova.

I rospi comuni (Bufo bufo) di norma agli inizi della primavera nel raggiungere gli stagni e i corsi d´acqua attraversano le strade rimanendo spesso vittime delle automobili; infatti questi anfibi migratori, si muovono in particolari periodi dell’anno e in particolari fasce orarie, quando i valori della temperatura e dell’umidità si alzano con le prime piogge, uscendo dal letargo invernale alla ricerca di stagni e pozze dove deporre le uova; ciò accade di norma nei mesi di marzo ed aprile e nella fascia oraria che va dalle 18.00 alle 23.00.

Svolte le loro funzioni riproduttive ritornano nelle aree di origine seguiti, quattro mesi dopo, dai piccoli, che per la prima volta raggiungono un luogo adatto per rimanervi fino al raggiungimento dell’età adulta pari a 5 anni: solo allora cominceranno a loro volta le annuali migrazioni che possono arrivare a distanze di 2-3 chilometri.

I rospi sono i batraci che maggiormente diventano vittime del traffico, ciò a causa del loro attaccamento al luogo d´origine, ai percorsi di migrazione, alla lentezza dei movimenti e soprattutto al fatto che attraversando la strada, al contatto con l´asfalto ancora caldo, si fermano quasi inebriati.

Scrive Animalista Nata: "Aiutaci a far migrare il maggior numero di rospi, purtroppo a causa del traffico molti di questi splendidi animali non arrivano ai luoghi di accoppiamento rischiando durante la loro migrazione di morire sull'asfalto delle nostre strade. Per aiutarci basta un po' del tuo tempo libero serale, una torcia, giubbino di sicurezza, stivali e un secchio. Potresti venire con la tua famiglia e trascorrere bellissimi momenti"

Ognuno, che ami gli animali, può aiutare gli anfibi in amore a sopravvivere al traffico automobilistico, basta che passeggi lungo le vie provinciali e comunali, sia di giorno che di notte, in prossimita dei corsi d'acqua e degli stagni, ed appena scorge qualche rospetto lo aiuti gentilmente ad attraversare la strada, oppure lo deponga in un secchio e successivamente lo depositi in luogo sicuro.

Per il salvataggio dei rospi si stanno attivando varie associazioni animaliste: LAC, Enpa, Circolo Vegetariano VV.TT. etc. Per svolgere operazioni di salvataggio chiedere informazioni:
Italia Nord Ovest: 349/8803121 - animalistanata@libero.it
Italia Nord Est 347.9385856 – lacveneto@ecorete.it
Centro Italia e Sud - circolo.vegetariano@libero.it

Paolo D'Arpini

lunedì 21 febbraio 2011

Bioregionalismo ed Ecologia Profonda - Per la tutela e conservazione del Bosco di Fogliano e delle Grotte di San Famiano a Faleria (Viterbo)



"Meglio un drappello di combattenti che un battaglione di fuggiaschi.." (Saul Arpino)


Resoconto della visita conoscitiva compiuta da un gruppetto di volenterosi il 20 febbraio 2011.

E’ indispensabile per tutti una crescita della sensibilità ai problemi della tutela naturalistica, stimolando, dove possibile, gli assenti amministratori e i mezzi d’informazione a disposizione. Questa crescita dovrà avere chiare conseguenze anche sulla politica che dovrà, sempre e comunque, partire dal presupposto che le basi vitali naturali dei boschi non andranno MAI danneggiate, bensì utilizzate con attenzione, e dovrà intervenire (invece di speculare e sfruttare per primo) con determinazione e autorevolmente ove questi presupposti verranno minimamente a mancare, posto che una corretta gestione, per sua natura, deve prestare ovunque il massimo delle attenzioni a tutto ciò che il bosco significa e racchiude.

Il nostro patrimonio boschivo, insieme ai preziosi monumenti storici in esso contenuti quali le grotte di S Famiano e i due castelli abbandonati, dovrebbero diventare uno dei fiori all'occhiello di Faleria e occorrerà essere pronti ad investirci e curarli affinché anche i nostri nipoti potranno beneficiarne.
Serve un'informazione semplice, comprensibile, corretta e con basi naturali di buon senso, cercando di avere sempre qualcosa di interessante, costruttivo e stimolante da dire sul bosco, facendolo conoscere ed amare per le sue svariate utilità, per la sua magnificenza, per le cose grandi che racchiude. Ma anche per quelle “piccole”, altrettanto importanti e che vengono quasi sempre inavvertite e trascurate e che pur partecipano a pieno titolo a fare del bosco un’espressione straordinaria e irripetibile della natura. Chissà che riuscendo a parlare nel modo giusto (sarà che noi non ci riusciamo?) non si riesca ad innescare un “circolo virtuoso contagioso”? A trarne vantaggio sarebbe il bosco, e con esso la natura e quindi l'uomo.

Stralcio del discorso che avrei voluto leggere ai nostri misteriosi e possibili candidati alle prossime elezioni, durante la visita alle grotte. Un po’ sconnesso e ripetitivo, ma con l’intento e azzardo deciso di riuscire a smuovere qualche “corda sensibile”.

La maggioranza dei boschi faleriani purtroppo sono ambienti già degradati, ma non irrimediabilmente persi, tutt’altro. Nei nostri boschi le essenze arboree raramente riescono a superare il livello del sottobosco o si presentano in formazioni fortemente diradate con ampie radure occupate dai rovi ed altre piante infestanti, dove il taglio periodico impoverisce sistematicamente la biodiversità favorendo lo sviluppo delle piante più forti e a crescita rapida, penalizzando, fino a far scomparire, altre specie più delicate e rare.

Vi è quindi una disastrosa semplificazione degli ecosistemi forestali con la diminuzione della bio-diversità. Quindi inaridimento (tendono a scomparire le specie con bassa capacità pollonifera ed a crescita lenta a vantaggio delle piante infestanti, ossia viene impoverita la struttura del bosco. Un esempio palese lo vediamo con la drastica diminuzione dei funghi)
Il taglio del bosco inoltre porta a radicali e frequenti cambiamenti sul valore turistico-paesaggistico, ricreativo, venatorio, culturale e scientifico.
Vi è una minore efficienza nella protezione del suolo con accresciuti rischi di dissesti idrogeologici e incendi.

Maggiore squilibrio ecologico sulla regolazione dei flussi termici che arrivano sulla terra dal sole (riduzione quantitativa della radiazione efficace e ridefinizione qualitativa della radiazione che raggiunge il suolo)
L’inquinamento acustico e ambientale durante i tagli.
Il periodico allontanamento della fauna locale e distruzione microfauna (uso di mezzi meccanici invasivi). Il tutto per una produzione legnosa di scarso valore (esclusivamente legna da ardere)

Nessuno ci vieta di sentirci legittimati ad osservare, considerare, informarsi e a domandare le ragioni pratiche ecologiche e finanche tecniche di determinati interventi che, ad un’analisi pratica, non riescono a spiegare le motivazioni del proprio operato se non in un’ottica di puro sfruttamento indiscriminato dell’estrazione della legna.

Queste motivazioni si scontrano palesemente col buon senso comune, con l’intuito e sensibilità della natura di ognuno di noi, e in ultima analisi e sul lato pratico, sono incongruenti con le stesse leggi dell’uomo, dello Stato, che impongono la protezione di diverse specie sia vegetali che animali da una parte, ma che poi all’atto concreto del taglio permettono, o diciamo… tollerano, la distruzione delle stesse (ricordiamo che durante il taglio vengono usati macchinari fortemente invasivi, quali trattori a cingoli, escavatori, ecc.. che affiancati al taglio degli alberi eseguiti con potenti motoseghe, distruggono, oltre al bosco, tutta la flora, la fauna e micro fauna del sottobosco).

Mandare al taglio “scientifico” un bosco così bello, come comunemente si fa da noi, diffondendo oltretutto l’idea menzognera che detto taglio possa essere benefico, se non addirittura indispensabile per la sopravvivenza del bosco stesso, è quanto di più misero si possa fare. Giustificare un puro sfruttamento economico, qual è il taglio, adducendo detti motivi, o cercando astruse speculazioni scientifiche o pesudo-scientifiche, è un atto vile e abietto che non tiene assolutamente conto invece dell’evidente superiorità della Natura verso l’uomo e degli evidenti handicap enunciati, che detto taglio lascia dietro di sé.
Il bosco non è un oggetto da sfruttare, ma un degno, fiero e splendido soggetto portatore di diritti, che ha quindi grande e inestimabile valore in sé.
Constatiamo che i boschi sono arrivati fino a noi ed esistono assai prima della venuta dell’uomo sulla terra e quanto più sono stati lasciati a loro stessi, più hanno espresso da sempre con la loro integrità, la loro maestosità e bellezza. La ridicola presunzione dell’uomo di pensare di potere fare meglio della natura, e questo vale anche in tanti altri ambiti, è quanto di più stupido ci possa essere. Più l’essere umano si alienerà dalla natura e più sarà intensa la sua sofferenza. Non si risolveranno mai i problemi se non si affronteranno prima quelli ambientali, in affermazione di una nuova etica di solidarietà tra uomini e natura, di cui oggi tanto si parla ma che poi non se ne apprezzano affatto i risultati, almeno non qui da noi!

Il bosco ispira un senso di partecipazione, di profonda e reciproca riconoscenza, di ringraziamento e debito, di amore e mutua protezione.
Chiediamo ai nostri futuri amministratori di rimboccarsi, anzi rimboscarsi le maniche nel salvaguardare e difendere la continua presenza del bosco, con tutti i suoi valori; mediante una gestione sensibile e qualificata che non comporti distruzione, né sfruttamento, né abuso, né speculazione e che si configuri come coltivazione e cura di questa risorsa, armonizzando le esigenze della natura con quelle dell'uomo. Opponiamoci all'impoverimento ambientale derivante dal consumo del territorio chiedendo di istituire l'area e il livello di tutela della stessa; proteggiamo, rispettiamo, valorizziamo queste aree e recuperiamole dove degradate insieme agli edifici presenti legati alla storia e all'economia del nostro passato, affinché siano organici all’area.

Finiamola di una buona volta con le ridicole giustificazioni dei cosiddetti esperti che vogliono trovare a tutti i costi i loro motivi per mandare al taglio i boschi. Ricordiamo che una scienza separata dall’etica non è scienza. La risposta universale a qualsiasi quesito pone innanzi la Natura (con la N maiuscola).
Il sapere scientifico mai potrà prescindere dal penetrare nella profondità, nel divenire perpetuo dell’animo umano, della poesia, dell’arte, del sapere umanistico. L’incanto, la bellezza e le maggiori capacità dell’uomo, rispetto ad altri esseri che ci circondano, dovrebbero partire proprio da qui!

Ci piace pensare infine, che sarà la collettività a godere di questo bene, adeguatamente mantenuto e tutelato, con l’intento di migliorare la qualità della nostra vita. Sembra un’utopia?

Beh, così sarà finché sussisterà chi avrà la licenza di degradare, distruggere e sfruttare indiscriminatamente, il nostro rimarrà sempre un sogno che cozzerà con la realtà. Una squallida realtà. Eppure sarebbe un sogno di civiltà, un traguardo entusiasmante e facilmente alla portata di tutti.

Armando Marchesini

PS questo é il bel commento scritto e postato da Sergio Cecchini sul sito di faleria.info: vale veramente la pena di leggerlo!

La luce che filtrava tra le nuvole del mattino ha accompagnato il sensibile gruppo partito per la visita alla Grotta.
Il passo scelto per la discesa alle forre anticipa con grande personalità quello che attende i frequentatori di questi luoghi, un sentiero evidente, una leggera discesa che progredisce in pendenza sino al culmine nei gradini in tufo per agevolarne il passaggio.

Piegando sotto le rupi tufacee appare subito il bosco in tutto il suo splendore, querce, lecci, bagolari, aceri e carpini, i più frequenti abitanti sotto cui vive il sottobosco di pungitopo, anemoni, ciclamini, ma anche muschi, alghe e licheni, veramente un organismo, il bosco, vivente, pulsante.
Il passaggio sotto la rupe è sicuramente il più spettacolare, ampie zone di massi distaccati e staccati dal resto della formazione tufacea, crolli recenti e meno, visibili al passaggio, alcuni di essi ostruiscono e rendono comunque il luogo ancor più misterioso e magico.

Le fasce geologiche, di una formazione che pian piano si trasforma in tufo, si stagliano verso l'alto, massicce, compatte, di un colore che man mano assume il rosso mattone.

Gli animali con il loro passaggio 'intonacano' quasi le parti basse delle rupi, scavano sotto di esse le tane per ripararsi dalle intemperie e dalla notte, zone ampie particolarmente asciutte, il terriccio formatosi, trasformato dal passaggio in polvere.

Il sentiero è straordinariamente unico vale la pena percorrerlo al mattino, quando il sole, nato ad est, lo scalda.
Abbiamo istituito e lasciato in Grotta un quaderno 'Il libro di Grotta' su cui ogni vagabondo del bosco potrà annotare le sue sensazioni, pensieri o semplici riflessioni che non fanno fatica a nascere dalla visita in questo luogo.
Le grotte si presentano semi nascoste dall'edera che copre è vero ma che protegge alla vista questa opera comunque umana che, ora, si inserisce armonicamente in questo ambiente.

Una visita questa che ha rievocato ricordi di gioventù, suscitato personali interrogativi sulla sorte di questo monumento ambientale, ammirazione per chi non le aveva mai vedute, al loro cospetto non possiamo restare muti.
Un pensiero va a Pippo Giacobino, attivo frequentatore dei nostri boschi, la sua presenza resterà sempre viva in questi luoghi.
La grotta, si raggiunge agevolmente e con tutta tranquillità, in un ora e mezza, è meglio seguire il sentiero con prudenza, meglio allontanandosi dalla rupe e scendendo verso il fosso che scorre nella base della forra, per il ritorno si segue a ritroso il sentiero di andata.

Siamo sempre disponibili ad accompagnare quanti volessero visitare le grotte, in tal caso: Armando - Marco 335 1882262 - Sergio 347 4426711.

Il mondo fantastico del pittore Franco Farina....




Buongiorno!

un pensiero sull'arte e gli artisti.

Anche Lei è l'artista nel suo mondo, no?

"Ritengo che l¹artista debba far sognare, e non debba opprimere con le sue opere.

L¹artista può essere originale, può essere bizzarro, può attirare l¹attenzione in vari modi, in particolare con la bellezza e la particolarità delle sue opere d¹arte.

Che sia un quadro o un brano musicale o una poesia, questa comunicazione deve avere una qualità estetica.

Un artista è un creatore di nuovi mondi.

Come vogliamo che siano questi mondi?

Li vogliamo belli come un sogno o tetri come un incubo?

C¹è della bellezza anche negli incubi. Ma dato che ci sono già persone che si arrogano il dovere di deprimere altri creando problemi, odio, inimicizia e guerre facendo leva su conflitti primordiali insediati nell¹uomo; quindi ritengo che l¹artista anche se potrebbe farlo ma non le conviene deprimere le persone.
Anzi dovrebbe con la bellezza ed estetica creata nelle sue opere sollevare le persone, farle sognare; far piangere il diavolo e far sorridere gli angeli, o far piangere per l¹emozione così bella che si prova.

Il punto è che questo mondo è creato da tutti Noi.
Se ci accordiamo per crearlo in disarmonia, bruttezza, odio e razzismo, otterremo quello. Ma se ci accordiamo per crearlo bello ed armonioso otterremo quella bellezza ed armonia.
C'è da lavorare ma si può fare.

Non sottovalutiamo quello noi possiamo creare anche solo col nostro pensiero.
Possiamo decidere che sia un nuovo giorno entusiasmante o una nuova settimana ricca di eventi graditi; o possiamo pensare ad una nuova era.

Ignoriamo gli schiamazzi e gli odi fomentati dagli agitatori di piazza e dai giornali, e mettiamo l¹attenzione su creare cose belle, cose gradite alle persone che ci stanno accanto.
Facciamo cose che ci piacerebbe ricevere, e man mano creiamo armonia ed estetica nel nostro mondo.
E facendolo magari ci sentiamo anche più felici.

Buon lavoro.

Franco Farina
www.francofarina.it
www.francofarina.net

Nella foto soprastante un mio dipinto "Il fiore dell'anima" olio su tela cm 60x80

sabato 19 febbraio 2011

Treia (Macerata) - 27^ “Festa dei Precursori” del Circolo Vegetariano VV.TT. dal 7 al 15 maggio 2011



Verso la fine di luglio del 2010 ho lasciato Calcata, "rapito" dalla mia amata Caterina Regazzi, e dal 3 agosto ho preso domicilio a Treia. Allora scrissi anche un articolo "Dal Treja a Treia" in cui annunciavo la partenza e lo spostamento dalle rive del Treja, il fiume che circonda Calcata, al monticello di Treia, in provincia di Macerata.

Con Macerata avevo già avuto a che fare in passato, nel dicembre del 1973 tornato dall'epico viaggio che mi aveva portato prima in Africa e poi in India, ove conobbi il mio Guru, Swami Muktananda, e convalescente, per via di un epatite che mi ero beccato mangiando troppi dolcetti a Bombay, non trovai di meglio che andare nell'albergo che mio padre gestiva in quella città e vi rimasi per una quindicina di giorni a riposo. Inutile qui raccontare i vari spostamenti successivi... fanno parte di un percorso lontano e misterioso, sta di fatto che il destino mi ha fatto tornare nella provincia di Macerata, forse per finirci i miei giorni come avvenne a mio padre, le cui spoglie riposano nel cimitero maceratese...

Ma non voglio "prevedere" alcunché, il passato è conosciuto ed il futuro è ignoto, per cui mi limito oggi a rivedere alcuni aspetti del mio trasferimento, e lo farò tirando fuori da un vecchio cassetto un articolo ed un paio di lettere che testimoniano il mio vivere vegetariano e naturista a Calcata. Una testimonianza preziosa dei primi anni, quando il Circolo era in gestazione….. Ero giunto a Calcata verso il 1975/76, primo di un gruppetto di amici e parenti, ed ero già vegetariano ed oltre ad occuparmi di teatro, canti sacri, yoga e mostre d’arte (la prima galleria di Calcata fu da me fondata nel 1978 e si chiamava Depend’Arp) organizzavo anche pranzi all’aperto, ovviamente vegetariani, e con ciò iniziai -di fatto-quello che poi divenne il Circolo Vegetariano VV.TT.

Anche all'inizio usavo il sistema di “ognuno porta qualcosa” e talvolta, se non c’era spazio nella piazzetta di Porta Segreta, dove abitavo, andavamo nella piazzetta di San Giovanni, sui gradini altissimi della chiesa dove oggi c’è un piccolo museo d’arte contadina, oppure fuori porta dove c’era un ristorantino che ci accoglieva come ospiti a “mezzo-servizio”. Fausto Aphel, il proprietario, come noi un nuovo venuto in spirito pionieristico, ci preparava panini con insalata e formaggio prodotti da lui stesso. Il pomeriggio si andava a bere la cioccolata calda in un altro localetto, aperto da Giovanna Colacevich, la Latteria del Gatto Nero (ci lavorò pure il giovane Vittorio Marinelli), che a volte ospitava i nostri incontri estemporanei…. E così capitò che un bel giorno venne a trovarci Anna Maria Pinizzotto, giornalista del Paese Sera, la quale aveva ricevuto l’invito, da un comune amico e suo collega, Roberto Sigismondi, per “venire conoscere la realtà alternativa di Calcata ed il nostro programma de "La Due Giorni Vegetariana”. Emozionato per l’importanza ricevuta le fui al fianco per un’intera giornata (anche perché era una donna affascinante) e fra una chiacchiera e l’altra ne sortì fuori questo magico articolo che segue…

Domenica ‘vegetariana’ a Calcata, paese museo.

Un pugno di case rosate su una roccia di tufo. Un paese che attualmente non ospita più di cinquanta anime, e nel passato ne ospitava poche di più. Calcata (con l’accento sulla seconda) è un paesino medioevale rimasto miracolosamente intatto in uno spazio naturale molto bello. E’ circondato da colline verdi, ai suoi piedi scorre un ruscello limpido e nelle viscere si aprono grotte ed antri. Da qualche anno è diventato meta di naturisti, vegetariani, amanti dello yoga che hanno deciso di trasformarlo in un’oasi di raccoglimento. Una oasi facilmente raggiungibile. Calcata è a circa sessanta chilometri da Roma, in provincia di Viterbo. L’idea di fare del piccolo paesino arroccato su un picco di tufo un punto di riferimento stabile per chi ama la cucina alternativa e le passeggiate ecologiche è venuta ad un gruppo di romani che si è trasferito stabilmente a Calcata.

“L’idea era quella di fare una due giorni vegetariana -dice Giovanna Colacevich fondatrice della Latteria del Gatto Nero- Sabato e Domenica a Calcata per chi ama la natura e la pace. Nel programma è compresa la colazione, il pranzo ovviamente vegetariano, la merenda, una passeggiata guidata ed una conferenza su yoga e vegetarismo. Il costo è di lire cinquemila e -dimenticavo- comprende anche uno spettacolo in piazza dei Vecchi Tufi, un gruppo teatrale di Calcata”. Intanto Giuseppe, co-fondatore della Latteria, si muove con agilità tra i fornelli, tra una crepe e l’altra. Il loro locale è posto ai limiti della minuscola piazza del paese, dove si affaccia una chiesetta in cui si conserva il prepuzio di Cristo (così narra la leggenda).

All’ingresso del paese, invece, c’è la trattoria di Fausto Aphel esperto cuoco che a Roma aveva una trattoria alternativa prima di trasferirsi a Calcata. Ma il personaggio più singolare, attorno al quale ruota tutta l’organizzazione, è Paolo D’Arpini. Anche lui, come la pittrice Simona Weller, ha scelto Calcata come residenza definitiva. La pace del luogo non rovinata ancora da nessun prodotto del consumismo, gli ricorda le verdi valli dell’India dove ha soggiornato per molto tempo. E’ lui che guida la passeggiata ecologica, che parla di vegetarismo e di Siddha Yoga.

Alle ore 16 di Domenica, dopo un infuso di liquirizia offerto da Paolo, una piccola spedizione parte per fare il giro della rocca, quattro cinque chilometri di percorso. La discesa è impervia, sono circa trecento metri fra sassi, fango e rifiuti.

“La chiamo ecologica -spiega Paolo- perché voglio che la gente rifletta sul consumismo. Lattine, buste di plastica, cartacce. Alcuni paesani usano questo dirupo per scaricare i loro rifiuti. Quanti rifiuti produce una città come Roma? Dove vanno a finire?”. Una ragazza olandese si è portata dietro un coltello, “non si sa mai, è per le vipere”. Paolo cammina avanti e con il bastone si fa largo. Il viottolo scavato nel bosco consente appena il passaggio di una persona magra. Si guada il ruscello su un antico ponte di legno che si è adagiato sul fondo. Le assi di legno, ricoperte di paglia, sono oblique e c’è chi teme di cadere nell’acqua, fredda, ma poco profonda. In una minuscola spiaggia si fa tappa. C’è chi tenta invano di trovare cocci etruschi nell’acqua. Nella zona sono state scoperte alcune necropoli.

“Io parlo soprattutto dell’aspetto fisiologico degli alimenti -dice Paolo- con i cibi correnti è difficile mantenere il corpo in buona salute. La carne è ricca di tossine. Gli animali sono ingrassati con mangimi chimici e durante l’agonia le ghiandole secernono tossine che si fissano nelle cellule. Se nel mondo si scegliesse il vegetarismo non ci sarebbe più la fame. Il cibo sarebbe sufficiente per tutti. Noi dobbiamo vivere in armonia con il mondo e lasciarlo integro ai nostri figli”.
La spedizione riprende il cammino tra cornioli e prugne selvatiche e alberi di nocciole. Ai margini del viottolo crescono già i ciclamini. Seconda tappa una sorgente di acqua ferruginosa dove ci si disseta. Si riattraversa il ruscello, questa volta sugli scogli, e si risale la scarpata dalla parte opposta dove esisteva il lavatoio. Stanchi e sudati arriviamo in piazza mentre un gruppo di giovani sta ascoltando un ragazzo che suona la chitarra. La spedizione si scioglie, chi corre alla latteria per rifocillarsi, chi segue Paolo che scende in una grotta per fare meditazione e cantare mantra.

Al calare del sole avrebbero dovuto apparire I Vecchi Tufi di Calcata con le stupende maschere create da Wilton Sciarretta. Ma Sciarretta, che è anche il regista del gruppo, è caduto da una rupe proprio mentre provava la commedia che doveva allietare i vegetariani. E’ ora ricoverato all’ospedale con una spalla rotta. E’ calato il buio. Nella piccola piazza siedono come in un salotto gli abitanti di Calcata e i turisti. I primi, subito dopo cena andranno a dormire. A Calcata non ci sono cinema e teatri e pochi hanno la televisione. I secondi, quasi tutti romani, si immergeranno nel traffico caotico della via Flaminia e torneranno alla vita cittadina con il rimpianto di una domenica alternativa trascorsa in un paese-museo.
(Anna Maria Pinizzotto – 13 Settembre 1979, Paese Sera)

A commento dell'articolo, nel frattempo pubblicato nel sito del Circolo, il 4 ottobre del 2008 ricevetti una lettera di Nico Valerio:

Una permanenza mancata

Quando i naturisti erano naturisti e io ero già vegetariano da anni. Insomma, prima dell’era Portoghesi e dei vip snob saccenti e con la erre moscia che da Campo de Fiori accorsero a colonizzare Calcata. Senza pensare che lì avrebbero poi dovuto viverci… Beh lì, proprio nella piazzetta del Prepuzio, dissi stoltamente o saggiamente no a chi mi voleva quasi regalare una casetta cadente nel borgo antico… Ma andiamo con ordine.

L’articolo della Pinizzotto mi ha riportato di colpo ai felici anni Settanta, un’età lontana, pensate: pre-Aids, pre-Asdl, pre-telefonini (eppure, al contrario di oggi, avevamo sempre tante cose da dirci), pre-immigrazione, pre-porte blindate. Nei paeselli di tutt’Italia le donne lasciavano la chiave nella toppa (spesso le porte dei paesi non avevano maniglia: troppo costosa). Tutti vivevano con finestre e porte aperte.

Dell’articolo di Paese Sera mi ha colpito l’uso corretto del termine “naturista”, come salutista, igienista, chi vive secondo sistemi di vita naturale. Uso che purtroppo si è perso. Oggi sarebbe impensabile: siamo tornati indietro come cultura nei e dei giornali (lo usano ipocritamente, sia i giornalisti sia gli stessi nudisti, che è grave, come eufemismo per non dire nudista). Ebbene, il mio amarcord è che la diffusione di quell’uso si doveva, in quegli anni che solo ora sappiamo che erano felici, soprattutto alla mia azione diuturna di propaganda: comunicati giornalieri, articoli, libri e divulgazione. Quattro anni prima avevo infatti fondato la Lega Naturista, primo club italiano a usare questo aggettivo per denotare tutti i rapporti uomo-natura. E la Lega, come un partito, faceva ogni giorno qualcosa (denunce, eventi, proteste, appelli: copiavo dai radicali, presso i quali avevo la sede). Perciò ero conosciuto nelle Redazioni, dove avevo molti proseliti (anche Paese Sera, che aveva recensito benissimo la mia Alimentazione Naturale). Erano tempi in cui i giornalisti avevano un’anima, avevano idee personali, come persone normali. E potevano scrivere tutto. Non come oggi. Lo so perché ero giornalista io stesso, e conoscevo i miei polli.

Già vegetariano da molti anni, dal 1 gennaio 1970, conobbi dopo poco Calcata. E li passavo tutti i fine anno. E come guida escursionistica, col mio gruppo esplorai tutti gli anfratti, fossi, roveti, boschi, ruscelli, all’intorno. Tante volte all’inizio dell’estate abbiamo fatto il bagno nelle anse più profonde del Treja, quando era pulito e non frequentato da nessuno. Là sotto ho fatto scorpacciata di crescione selvatico (credo che con l’inquinamento non ci sarà più: è molto sensibile).

Ero così avventuroso che una volta d’inverno ci trovammo totalmente accerchiati – com’è come non è – da rovi spinosissimi fittissimi e alti 2 metri. Invalicabili. Ne uscimmo 2 ore dopo con ferite, strappi e punture varie..:-). Altro ricordo, una speculazione mancata, anzi rifiutata con sdegno. Da buon idealista e razionalista mancai l’occasione della mia vita. Un amico mi propose di comprare una casetta malandata ma abitabile a picco sullo strapiombo. Costava così poco che pur non avendo soldi potevo permettermela.

Da buon razionalista, però, feci notare che la rupe era stata dichiarata pericolante e che nessuna licenza veniva più concessa, Il sindaco aveva minacciato di far sgomberare l’intera rupe. E io da naturista ed ecologista non volevo speculare su un degrado geologico con un furbo “fatto compiuto”. Ho sempre odiato i furbi all’italiana (o alla romana) che poi chiedono il condono. E poi perché “buttare” i miei soldi, anche se pochi? E ancora, da anticonformista non volevo fare il classico cittadino che si trasferisce al paesello per incontrarvi tutti i romani che aveva lasciato a Campo de Fiori.

E poi mi spaventavano da single le lunghe noiose serate. Ancor oggi, penso che, a meno che tanti giornalisti e scrittori non l’abbiano chiesto con una petizione, non ci sarà la Adsl. E infine ero e sono dell’idea naturista alla Thoreau che o si vive nella natura selvaggia (capanna nel bosco lontano almeno 2 km da un centro abitato, il mio ideale, oppure è meglio stressarsi in modo stimolante nel caos d’una città, dove come in una foresta non c’è controllo sociale, E paradossalmente sei libero. Ma la via di mezzo del villaggio, con il fiato sul collo dei vicini, che nei paesini sono davvero vicini, curiosi, criticoni, sarebbe stata per uno spirito libero come me davvero insopportabile. E alla lunga, se non opportunamente stimolati, i single intellettuali nei villaggi si rincoglioniscono. Per tutti questi motivi, proprio sulla piazzetta della chiesa del prepuzio, da stoltamente anti-furbo e onestamente razionale, dissi di no.

Non potevo immaginare che la gente è irrazionale, cioè furba, e che dopo l’arrivo di un famoso architetto e di tanti giornalisti, scrittori, artisti e intellettuali da Roma e dall’estero, la rupe prima cadente sarebbe stata miracolosamente sanata. I vip sono taumaturgici anche per l’equilibrio geologico… Ora con la sommetta che mi chiedevano per la proprietà d’una casetta di tufo di 2 piani, ci pagherei al massimo un mese di affitto d’una stalla fuori paese. Ciao e grazie del ricordo.
(Nico Valerio)

E per delucidare meglio la situazione ecco il mio commento al commento

Nico Valerio, un nome storico del vegetarismo in Italia ci ha raccontato con enfasi il suo “non esser diventato calcatese”…. Peccato, dico io, sarebbe stata una bella prova avere assieme Nico Valerio e Paolo D’Arpini in questo scricciolo di paese…. Magari sarebbe stato un po’ stretto per due calibri di tal fatta ma le scintille avrebbero sicuramente illuminato il mondo….

Ho conosciuto a Roma, credo nel 1974 o '75, Nico quando presentò il suo libro sulla dieta vegetariana in una libreria di Viale Manzoni, a quel tempo io abitavo in Via Emanuele Filiberto. Egli però non era segnato nell’akasha di Calcata e quindi capitò che ci vedessimo solo raramente da allora. Ma abbiamo sempre collaborato, ricordo ad esempio il grande meeting vegetariano all'Arancera di Roma su “Ecologia profonda, alimentazione naturale, spiritualità senza frontiere” del 2 e 4 ottobre 2009, a cui anch'egli intervenne.

http://www.circolovegetarianocalcata.it/?s=Ecologia+profonda%2C+alimentazione+naturale%2C+spiritualit%C3%A0+senza+frontiere

All'incontro parteciparono tutti gli altri vegetariani storici, in primis Edoardo Torricella (penso che sia il primo in assoluto in Italia avendo egli festeggiato il 50° anno di vegetarismo a Calcata nel 2008), Franco Libero Manco, Ciro Aurigemma, Massimo Andellini, Marinella Correggia e tanti altri.

Manuel Olivares, fondatore di Vivere Altrimenti, nel frattempo, mi hanno chiesto di scrivere un libro sul movimento vegetariano e credo che dovrei farlo assieme a tutti questi amici (vegetariani e non) che hanno condiviso con me l’esperienza da “rompighiaccio” in Italia. Assieme abbiamo fatto “storia” ed ora scriviamola (questa storia) sempre assieme!!

Infine, eccomi al dunque, ogni anno per festeggiare la nascita del Circolo vegetariano VV.TT. facciamo festa, “La Festa dei Precursori", e quest'anno per la prima volta l'evento si svolgerà nella nuova residenza di Treia, dal 7 al 15 maggio 2011. Colgo l'occasione per invitare tutti i precursori superstiti a questa grande kermesse...

Programma di massima e presentazione:
Creando un “appeal” per la grande celebrazione Caterina Regazzi e Paolo D’Arpini invitano tutti gli amici vecchi e nuovi ad affrontare un’avventura meravigliosa da condividere e da raccontare….

Maggio a Treia: 27° anniversario del Circolo vegetariano VV.TT. – Fioriscono le rose, Wesak, Calendimaggio, Beltane…. dal 7 al 15 maggio 2011, nell’antica città dedicata a Trea / Iside

In occasione del 27° anniversario della fondazione del Circolo Vegetariano VV.TT. e per inaugurarne la nuova sede, si terranno a Treia (Macerata) alcuni giorni di celebrazioni ed eventi culturali e ludici.

Maggio è il mese dedicato tradizionalmente alla Madonna (Grande Madre), ai matrimoni, alla fioritura ed alla bellezza della natura, il segno zodiacale relativo è quello del Toro, in occidente, e del Serpente in Cina, simboli di saggezza e conoscenza. Inoltre ci troviamo in prossimità del Wesak, ovvero la nascita del Buddha, e del Calendimaggio. Perciò da parecchi anni celebriamo la festa di Maggio (verso i primi del mese), chiamata anticamente Beltane, ovvero il periodo situato a metà fra l’equinozio di primavera ed il solstizio estivo (astronomicamente il giorno corretto è il 5 maggio).

Quest’anno i festeggiamenti iniziano dal 7 maggio e comprendono vari aspetti della conoscenza della natura e della vita, in particolare ci occuperemo di cure naturali, agricoltura biologica, alimentazione bioregionale, spiritualità della natura, canti armonici e passeggiate erboristiche. L’antica città di Treia conservava la tradizione matristica, sotto forma di culto alla Dea Iside, che poi si trasformò in venerazione della Madonna Nera. La prerogativa dei questa fede è quella di mantenere la vicinanza fra l’uomo e la natura, nel riconoscimento che la natura stessa è la nostra casa e la matrice di ogni vita.

Quest’anno in particolare si terrà, il primo giorno, il 7 maggio 2011, una tavola rotonda sul tema: “Cure naturali, agricoltura biologica, alimentazione bioregionale e spiritualità ed arte della natura”, compresa la presentazione di libri in tema, e per l’occasione sono invitati esperti naturopati ed erboristici, chimici, psicologi, dietisti, rappresentanti dei consumatori e specialisti in agricoltura ecologica per un necessario dibattito e confronto sulle varie discipline e su come poter mantenere l’organismo e l’ambiente in buona salute. L’incontro sarà allietato anche da esibizioni poetiche e canore e da letture sulla tradizione contadina e dalla proiezione di diapositive.

Interventi Previsti:
Proiezioni in continuo di immagini sull’agricoltura contadina di Nazareno Crispiani
Benvenuto del Sindaco Luigi Santalucia e degli Amministratori Comunali
Saluto del Presidente Accademia Georgica, prof. Carlo Pongetti
Avv. Vittorio Marinelli, pres. European Consumers
Prof. Benito Castorina, docente Economia Agraria
Dr.ssa Milena Auretta Rosso, iridologa e naturopata
Signora Sonia Baldoni, erborista
Signora Lucilla Pavoni, scrittrice
Geologo Stefano Panzarasa, scrittore e musicista
Dr. Giorgio Vitali, chimico farmaceutico
Dr.ssa Caterina Regazzi, medico veterinario
Moderatore: Paolo D’Arpini.

Il secondo giorno, domenica 8 maggio 2011, saremo invece sul campo per apprendere i rudimenti dell’erboristeria e del riconoscimento delle erbe spontanee commestibili, a cura di Sonia Baldoni, al termine si potrà partecipare ad un semplice laboratorio per la preparazione di prodotti erboristici, soprattutto derivati dai petali di rosa che in questo momento dell’anno abbondano. Nello stesso giorno potremo condividere il cibo bioregionale vegetariano da ognuno portato, in un simposio conviviale. E’ previsto anche un momento di sharing matristico, con Antonio D'Andrea, sulle esperienze “casalinghe” da ognuno vissute, l’esecuzione di canti armonici ed una concentrazione collettiva.

Inoltre l’8 maggio si inaugura una mostra d’arte, sul tema trattato, nella nuova sede del Circolo vegetariano VV.TT. di Treia in Via Sacchette, 15/a (Vicino Porta Mentana o Montana)

La mostra resterà aperta sino al 15 maggio 2011.
Fra gli artisti che espongono si notano: Domenico Fratini, Renata Bevilacqua, Orietta Duca, Daniela Spurio e diversi altri.

La manifestazione si svolge con la partecipazione ed il patrocinio morale del Comune e dell’Accademia Georgica di Treia.

Ed ora, per contraltare con la storia su Calcata, voglio pubblicare (scusate la lunghezza dell'intera memoria..) l'articolo che un'altra donna, la professoressa Antonella Pedicelli, affascinante e culturalmente preparata, ha scritto su Treia:

Andare a Treia? No problem.. basta offrire un po’ di sana pubblicità, sperando che la voglia di “viaggiare” insita dentro ciascun libero “esploratore” di questo nostro splendido Universo, si lasci catturare amichevolmente dalle nostre parole, rivolte, con immenso piacere, alla piccola e speciale cittadina di Treia!

La Storia di Treia

380 a.C. circa, il primo insediamento, ad opera dei Piceni o dei Sabini, è lungo un ramo della via Flaminia a circa due km dall’attuale centro storico. Il luogo diventa colonia romana e prende nome da un’antica divinità, Trea.
II sec. a. C., Treia diventa municipio romano.
X sec. (inizio), gli abitanti della Trea romana, per sfuggire ai ripetuti saccheggi, individuano un luogo più sicuro sui colli e costruiscono il nuovo borgo che prende il nome di Montecchio, da monticulum, piccolo monte.
XIII sec., Montecchio si dota di un sistema difensivo comprendente una possente cinta muraria e si allarga fino a comprendere tre castelli edificati su tre colli, Onglavina, Elce e Cassero. Nel 1239 è assediata dalle truppe di Enzo, figlio naturale di Federico II, e nel 1263 da quelle di Corrado d’Antiochia, comandante imperiale che viene catturato dai treiesi.
XIV sec., Montecchio passa alla signoria dei Da Varano e poi a Francesco Sforza. 1447, posta dal Pontefice sotto il controllo di Alfonso d’Aragona, Montecchio viene in seguito ceduta da Giulio II al cardinale Cesi, e da allora segue le sorti dello Stato della Chiesa. 1778, si apre la prima sezione pubblica dell’Accademia Georgica dei Sollevati, importante centro culturale ispirato ai principi dell’Illuminismo.
1790, il Pontefice Pio VI restituisce al luogo l’antico nome di Treia, elevandolo al rango di città. Il mistero dell’infinito… Mura turrite che evocano il Duecento, ma anche tanti palazzi neoclassici che fanno di Treia un borgo, anzi una cittadina, rigorosa ed elegante, arroccata su un colle ma razionale nella struttura. L’incanto si dispiega già nella scenografica piazza della Repubblica, che accoglie il visitatore con una bianca balaustra a ferro di cavallo e le nobili geometrie su cui si accende il colore del mattone. E questo ocra presente in tutte le sfumature, dentro il mare di verde del morbido paesaggio marchigiano, è un po’ la cifra del luogo. La piazza è incorniciata su tre lati dalla palazzina dell’Accademia Georgica, opera del Valadier, dal Palazzo Comunale (XVI-XVII sec.) che ospita il Museo Civico e dalla Cattedrale (XVIII sec.), uno dei maggiori edifici religiosi della regione. Dedicata alla SS. Annunziata, è stata costruita su disegno di Andrea Vici, discepolo del Vanvitelli, e custodisce diverse opere d’arte tra cui una pala di Giacomo da Recanati. Sotto la panoramica piazza s’innalza il muro di cinta dell’arena, inaugurata nel 1818 e poi dedicata al giocatore di pallone col bracciale Carlo Didimi.

Da Porta Garibaldi ha inizio l’aspra salita per le strade basse, un dedalo di viuzze parallele al corso principale e collegate tra loro da vicoli e scalette. Qui un tempo avevano bottega gli artigiani della ceramica. Continuando per la circonvallazione, a destra la vista si apre su un panorama di campi rigogliosi e colline ondulate. L’estremo baluardo del paese verso sud è la Torre Onglavina, parte dell’antico sistema fortificato, eretta nel XII secolo. Il luogo è un balcone sulle Marche silenziose, che abbraccia in lontananza il mare e i monti Sibillini.

Entrando per Porta Palestro si arriva in piazza Don Cervigni, dove a sinistra risalta la chiesa di San Michele, romanica con elementi gotici; e di fronte, la piccola chiesa barocca di Santa Chiara con la statua della Madonna di Loreto: quella originale, secondo la tradizione. Proseguendo per via dei Mille, si attraversa il quartiere dell’Onglavina che offrì dimora a una comunità di zingari, al cui folklore si ispira in parte la Disfida del Bracciale. Dalle vie Roma e Cavour, fiancheggiate da palazzi eleganti che conservano sulle facciate evidenti tracce dei periodi rinascimentale e tardo settecentesco, e denotano la presenza di un ceto aristocratico e di una solida borghesia, si diramano strade e scalinate. Nell’intrico dei palazzi, due chiese: San Francesco e Santa Maria del Suffragio. E tra di esse, un curioso edificio: la Rotonda. Nei pressi, la casa dove visse la scrittrice Dolores Prato, ricordata da una lapide, e il Teatro Comunale, inaugurato il 4 gennaio 1821 e dotato nel 1865 di uno splendido sipario dipinto dal pittore romano Silverio Copparoni, raffigurante l’assedio di Montecchio. Il soffitto è decorato con affreschi e motivi floreali arricchiti nel contorno da ritratti di letterati e musicisti; la parte centrale reca simboli e figure dell’arte scenica.

Si può lasciare Treia uscendo dall’imponente Porta Vallesacco del XIII secolo, uno dei sette antichi ingressi, per rituffarsi nel verde. Resta da vedere, in località San Lorenzo, il Santuario del Crocefisso dove, sul basamento del campanile e all’entrata del convento, sono inglobati reperti della Trea romana, tra cui un mosaico con ibis. Qui sorgeva l’antica pieve, edificata sui resti del tempio di Iside. Il santuario conserva un pregevole crocefisso quattrocentesco che la tradizione vuole scolpito da un angelo e che, secondo alcuni, rivela l’arte del grande Donatello.
(Notizie originali raccolte da Antonella Pedicelli)

Vi saluto e vi aspetto!
Paolo D’Arpini, presidente Circolo vegetariano VV.TT.
Via delle Sacchette, 15/a – 62010 Treia (Macerata)
Tel. 0733/216293 – circolo.vegetariano@libero.it


…............

P.S. Dietro le quinte:

“L'ho letto, Amore, ma è un romanzo! So già cosa pensi e cosa, forse, mi risponderai, ma quando leggo di questo tuo Passato con la P maiuscola, tremo al pensiero. O forse no, forse per una persona che ha vissuto così anche la tua situazione attuale, essendo una sfida (?) può essere avvincente. E che te ne farai tu di una vita così semplice, con persone semplici : me, Dumì, Valeria, Crispiani, Lucilla, Tommaso, Claudio il muratore, Sonia, il Sindaco Gigetto, quando hai conosciuto donne belle e affascinanti, oltre che intelligenti, politici e precursori come te di filosofie di vita, ma sono tranquilla, non temere, ti amo per quello che sei ORA e per quello che sei CON ME, non per quello che sei stato (che poi sei sempre tu).
Se il destino ha voluto che ci incontrassimo in quel momento, un motivo ci sarà. E se l'Amore ci accompagnerà, come io desidero, per tutto il resto delle nostre vite, vivremo quello che la vita ci riserva. Io e te. E chi ci vorrà essere” - Caterina
…...

“Infatti che differenza fa? Amore mio... siamo tutti la stessa persona diceva Luciano Laffi... ed affermava Nisargadatta sono uno che appare come molti.. Quindi Mio Tesoro Amoroso che bisogno c'è di sentirsi a disagio.. e poi in fondo è solo scenografia.. nulla di più, l'importante è l'esperienza che ognuno di noi è capace di portare a casa dagli eventi vissuti.
Sii serena e sicura di te stessa, tu sei il Culmine!
Ho comunque voluto fare una panoramica "veloce" (son pur sempre 30 anni) sulla storia del Circolo in modo che si percepisse il senso della continuità anche qui a Treia” - Paolo