domenica 27 novembre 2011

Giogo senza speranza - Strozzinaggio bancario e svendita dei beni dello stato

Alegher.... Dal mare (napoletano) ai Monti (piemontesi)


Strozzinaggio - Alla televisione e sui giornali continuano a parlare di sacrifici per la crescita, giustizia sociale e salvezza dell'Europa... in verità il popolo appecoronato soffre e paga in tutto e per tutto ciò che chiedono gli strozzini...

Ad esempio Attilio Befera amministratore ...delegato (dai vampiri) agenzia delle entrate equitalia percepisce 456.733 Euro di stipendio annuo, come dire: "pagato per rapinare". I media oramai non danno più informazioni ma opinioni mettendo in risalto quello che gli interessa con tecniche insegnate all'università! L'unico spazio che sembra ancora abbastanza libero è il web. Per quanto ancora?" -

E continua:

Industrie strategiche italiane in svendita, come avessero appeso fuori dalla porta il cartello “Saldi di fine stagione”.

Finmeccanica con le inchieste in corso, scrive MF, capitalizza meno di 1,8 miliardi. Enel e’ sotto i 30 miliardi, Eni ne vale meno di 60. Insomma, per un big straniero liquido e con un po’ di audacia, portarsi a casa il fior fiore delle aziende di Stato potrebbe essere un gioco da ragazzi. L’ultimo baluardo rimasto, dopo la cancellazione delle norme anti-scalata introdotte dopo il crack Lehman dal governo Berlusconi, e’ la golden share. Anche l’ultima muraglia, però, potrebbe presto cadere. L’Ue ha deciso di deferire alla Corte di giustizia l’Italia per i diritti speciali riservati al Tesoro nelle aziende strategiche. Ma non lo fara’ subito. Bruxelles ha deciso di dare ancora un mese di tempo a Roma per cambiare le norme, poi scattera’ la procedura d’infrazione. La questione e’ delicata e l’argomento sara’ affrontato oggi da Mario Monti e dal commissario al mercato interno, il francese Michel Barnier. Il premier italiano ha affermato che andra’ incontro alle richieste dell’Ue. Fino a oggi il governo italiano ha sempre resistito al pressing europeo. red/lab

Dopo aver lasciato lo stato “in mutande” gli ex di Goldman Sachs guardano al colosso energetico. Ora che un dirigente della Goldman Sachs guida la Banca d’Italia e un consulente della Goldman Sachs si prepara a guidare il governo delle sinistre vogliamo che lorsignori lo sappiano: li teniamo d’occhio. Siamo noi, il popolo italiano, i loro datori di lavoro: se li vedremo obbedire di nuovo a Goldman Sachs lo denunceremo con tutti i mezzi. Perché le loro passate azioni non ci lasciano tranquilli. Queste azioni sono già state raccontate, ma vale la pena di metterle in luce più chiara.

Tutto comincia nel settembre 1992, quando il finanziere americo-ungaro-israeliano George Soros lancia un attacco speculativo contro la lira. Carlo Azeglio Ciampi è capo di Bankitalia. La sola cosa che dovrebbe fare sarebbe una telefonata alla Banca Centrale tedesca (Bundesbank), la più potente d’Europa e chiedere: mi sostenete? Ossia: siete disposti a spendere centinaia di milioni di dollari per acquistare lire, sostenendo il corso della nostra moneta? Se quelli rispondevano di no, ogni difesa era inutile, perché impossibile, dato che Soros usava l’effetto-leva dei derivati: per ogni dollaro che puntava, era come ne puntasse cento. Bankitalia, a quel punto, doveva fare solo una cosa: lasciare fluttuare la lira ai venti della speculazione. Invece Ciampi “difende” la lira da solo: dilapidando 48 miliardi di dollari in valuta estera e prosciugando le riserve valutarie di Bankitalia.
E come previsto la manovra non riesce. La lira si svaluta del 30%. Ciò significa che da quel momento, gli stranieri che vogliono acquistare le industrie di stato e parastato italiane, potranno pagarle il 30% in meno. La preparazione alle svendite era già avvenuta. Il panfilo “Britannia” della regina d’Inghilterra era apparso davanti a Civitavecchia (2 giugno 1992), per dettare le condizioni delle privatizzazioni. Il “Britannia” era carico di finanzieri della City, delegati dei Warburg, dei Baring, dei Barclays: costoro convocano sul Britannia (ossia su suolo inglese) esponenti di spicco dell’Iri, dell’Eni, dell’Agip, della Comit, di Assicurazioni Generali e, come si sa, Mario Draghi, allora direttore del Tesoro, dipendente pubblico italiano. Draghi scende prima che il “Britannia” prenda il largo diventando suolo inglese ma ha il tempo di fare un discorsetto in cui approva l’urgenza di privatizzare per sottrarre le industrie di Stato alla politica. Fatto sta che, sceso Draghi, i finanzieri di Londra si dividono, come al mercatino dell’usato, i gioielli dell’economia italiana. E si profilano altri sconti.

Difatti, di lì a poco, sale al governo Giuliano Amato: anche lui un coccolino dei “poteri forti” finanziari internazionali. Basta a indicarlo il fatto che Amato, braccio destro di Bettino Craxi, viene miracolosamente esentato dalla bufera di Tangentopoli. In quel frangente, guarda caso, l’agenzia Moody’s – di punto in bianco, e senza che sia accaduto nulla di nuovo – “declassa” l’Italia, mettendola fra i paesi a rischio d’insolvenza.

Risultato: lo Stato deve pagare interessi più alti sui Buoni del Tesoro, se vuole che qualcuno glieli compri. Lo Stato si dissangua; e poiché subito Soros lancia la speculazione sulla lira, tutto peggiora. È una manovra concertata fra Moody’s, Soros e i suoi banchieri di riferimento (Rotschild)? Io penso di sì. Ricordo un fatto degno di nota: fra i più accaniti speculatori contro la lira nella fase iniziale dell’attacco di Soros, si segnalano Goldman Sachs e Warburg. Quei Warburg che poi “consigliano” al governo italiano di rivolgersi a Goldman Sachs per gestire le privatizzazioni.

E così l’alta finanza internazionale si sceglie i gioielli di stato, con calma, soppesandoli come la massaia che compra i peperoni al mercato. Perché costano poco: le privatizzazioni 93-94 renderanno allo stato solo 26 mila miliardi; Ciampi da solo, nella sua inutile “difesa della lira”, ha speso il doppio (denaro pubblico, di noi contribuenti). Tutti ci commuoviamo quando il nonno d’Italia ci esorta ad aver fiducia nella Patria. Chissà se ha sventolato il tricolore anche nella riunione del Bilderberg del 22-25 aprile 1993, che si riunì in Grecia e aveva il tema Italia all’ordine del giorno. Non lo sappiamo perché la riunione, come sempre, fu a porte chiuse. Certe fonti danno presente Ciampi a quella riunione, ma non ne siamo sicuri, e non possiamo esserlo, data la segretezza che le circonda. Erano presenti, si dice, anche Gianni Agnelli coi suoi fidi: Mario Monti, Antonio Meccanico, Tommaso Padoa Schioppa, Renato Ruggero. Patrioti anche loro. Ma di quale patria?

Il fatto è che, dopo quella riunione del Bilderberg, Ciampi fa una mossa delle sue: “internazionalizza” il debito pubblico italiano, fino a quel momento prevalentemente interno. È una scelta grave e non necessaria. All’epoca gli italiani, coi loro risparmi, comprano volentieri i Bot. Per lo Stato, è un vantaggio enorme: perché s’indebita coi suoi cittadini (a cui può chiedere “sacrifici”, ossia di pazientare a farsi pagare gli interessi) e nella sua moneta, la lira, che può stampare a volontà. Invece, Ciampi offre i Bot sui mercati finanziari esteri. Dove gli interessi dovrà pagarli in dollari, ossia in una valuta su cui non ha il controllo e che non può stampare quando vuole. Di fatto, mette il debito italiano nelle mani della grande finanza – le solite Goldman Sachs, Warburg, Barclays – e alla mercè delle “valutazioni” delle agenzie cosiddette “indipendenti” come Moody’s. La mossa di Ciampi riduce l’Italia nella situazione di un paese del terzo mondo; e senza alcuna necessità.

Ecco la storia passata. Per questo dico: teniamoli d’occhio, i lorsignori che tornano al comando dell’Italia Questi vogliono ancora svendere qualcosa. Che cosa? Alcune fonti ci dicono: l’Enel, ma soprattutto l’Eni. S’intende, i due nostri relativi colossi sono già stati privatizzati. Ma, soprattutto l’Eni, non fa ancora del tutto gli interessi anglo-americani che nel settore dell’energia mirano ad accaparrarsi la disponibilità diretta delle fonti petrolifere, e mettere sotto controllo unico gli attori secondari nel gran mercato del greggio e del gas.

L’hanno provato a fare con il petrolio russo: crollo organizzato del rublo, deficit alle stelle, un Boris Eltsin ben felice di vendere le vecchie imprese sovietiche a qualunque prezzo. Fu così che i Rotschild prestarono a un piccolo avventuriero russo, Khodorkovski, i soldi per comprare a prezzi da usato la Yukos. Ora che Vladimir Putin si è ripreso la Yukos e fa una “propria” politica nazionale energetica con la sua Gazprom, gli anglo-americani cercano in tutti i modi di isolare la Russia. La presenza di aziende relativamente autonome come l’Eni ostacola questo processo di soffocamento.

Occhio a lorsignori. Italiani di destra e di sinistra, di centro e di sotto e di sopra: teniamoli d’occhio noi, perché non c’è nessun altro che faccia gli interessi italiani.

Paolo D'Arpini

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Commento ricevuto:

Se il popolo è coglione cosa ci vuoi fare vuol dire che sarà un popolo coglione sovrano!!! caro Paolo non hai idea della rabbia che abbiamo ma questo sono "anche" gli italiani!!! e magari fosse solo ENI ENEL FINMECCANICA arriveranno a disporre del culo nostro a loro piacimento!!! Con rabbia.
G. Turrisi





Fonte: Economia - Allarme scalate sui gioielli di Stato (MF)

1 commento:

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