sabato 23 luglio 2011

Dalla fantascienza, alla fantaecologia sino alla fantapolitica.. tutto quello che occorre sapere per non dormire sonni tranquilli!


(Reperti futuribili di Gustavo Piccinini)

"Beh, dicono che quando la nave affonda i topi scappano... e noi siam pronti alla fuga (ma dove?)!" (Saul Arpino)

L'invisibilità come potere militare

Uno dei poteri che alimentano i sogni degli uomini sin dalla notte dei tempi -tanto che nell'antichità tale virtù era prerogativa esclusiva degli dèi- è l'invisibilità. Certo oramai gli dèi sono "morti" da un pezzo, ma il sogno, per così dire, resta immutato. E, dato che siamo in tempi di decadenza, così come i sacerdoti degli dèi sono stati rimpiazzati dai fisici della materia, anche i sogni sono oramai soprattutto prerogativa dei bambini, in quell'età innocente in cui si sarebbe voluto essere invisibili per fare i dispetti in santa pace al bambino antipatico o per guardare sotto la gonna della più carina della classe.

Certo da adulti le cose cambiano, la morale porta a mete più elevate, e se sull'invisibilità esistono delle ricerche serie condotte da dei laboratori di ricerca, lo dobbiamo anche per esempio al Dipartimento della difesa degli Usa, il quale, ove si riuscisse un giorno a trovare la formula per l'ambìto traguardo, potrebbe rivestire con un mantello invisibile i suoi bombardieri, in modo tale da esportare la democrazia in santa pace, senza rischi (salvo poi naturalmente tacciare di vigliaccheria chi pretende di difendere il proprio Paese con armi tradizionali magari esponendosi in prima persona a rischio della vita).

Pare proprio quindi che il cosiddetto "mantello dell'invisibilità" un giorno non lontano potrebbe diventare realtà. Esistono infatti in giro per il mondo, da diversi anni, parecchi seri progetti di ricerca, che recentemente hanno portato a risultati anche considerevoli (la foto in cima all'articolo ne è una dimostrazione). Il punto di partenza di tale filone di ricerca sono i cosiddetti metamateriali, ossia materiali che assumono proprietà fisiche sconosciute in natura, grazie a una particolare disposizione delle componenti microscopiche. In sostanza, le superfici dei metamateriali hanno la proprietà di deviare la luce che li lambisce senza rifletterla, ma costringendola a girare attorno all'oggetto fino a tornare nella direzione originaria, con l'effetto di non vedere l'oggetto. Un principio simile a quello che ci fa vedere spezzato il bastone immerso nell'acqua, ma ovviamente portato all'estremo.

Finora si era riusciti a utilizzare i metamateriali solo in superfici estremamente piccole (alcuni millimetri), solo per alcune lunghezze d'onda (ossia solo per alcuni colori e non per l'intero spettro luminoso) e soprattutto solo per superfici rigide. E' recentissima invece la notizia della creazione di un nuovo metamateriale, che i ricercatori sono riusciti a rendere molto flessibile -tale cioè da poterci ricavare un tessuto- e soprattutto inesistente per un ampio campo di lunghezze d’onda della luce. Insomma, un passo in avanti fondamentale verso la creazione di un vero e proprio mantello dell'invisibilità.

Devo ammettere, sinceramente, che dinanzi a tali percorsi di ricerca resto sempre stupìto. Mi chiedo quali intenzioni possano esserci dietro. Certo, magari l'impiego militare, come spesso capita nei vari settori di ricerca fisica, ma fatico a capire come un ricercatore possa considerare un progresso dell'umanità simili scoperte. Non posso pensare ad altro che ad una specie di nevrosi, di eccitazione infantile da parte della cosiddetta "comunità scientifica". O forse più semplicemente ci sono dietro lauti premi per gli obiettivi raggiunti.

Mi chiedo però se chi si adopera per giungere a quello che l'intellighenzia giornalistica ha già ribattezzato "il mantello di Harry Potter" -giusto per ribadire l'infantilismo di fondo della nostra epoca- ha mai riflettuto sulle possibili conseguenze di questa eventuale invenzione. Supponiamo che a qualche uomo d'affari venga in mente un giorno di commercializzare l'invisibilità per tutti (o anche solo per quei pochi che se lo potranno permettere): quali potrebbero essere i nobili scopi di impiego? Assassinare il proprio nemico senza intoppi? Rubare auto o qualche oggetto prezioso senza noiosi testimoni? Avvicinare qualche avvenente signorina che si avventura improvvidamente la sera per le strade di una metropoli? E ancora: venendo a conoscenza del compimento di simili scelleratezze, come potrebbe reagire il comune cittadino? Con gioia ed entusiasmo per essere diventati tutti dei potenziali Harry Potter, oppure con terrore e con angoscia dinanzi al dubbio di non essere mai soli, e di trovarsi di fronte, ad ogni momento e senza saperlo, ad un malintenzionato? Ci sarebbe da domandarsi se nella cosiddetta "comunità scientifica" -nome ironico se ci pensiamo, per un'organizzazione internazionale che incarna l'opposto dello spirito comunitario- prevalga di più la stupidità, l'incoscienza o il malaffare.

Le radici di queste esigenze pseudo-razionali sono in realtà molto profonde. Non è un caso che la modernità aspiri all'invisibilità completa, e tutto sommato non ne sia poi così lontana. Se ci riflettiamo bene, molte delle cose che dovrebbero stare davanti ai nostri occhi, non sono già più visibili. Il potere vero, quello detenuto dai banchieri e dalle grandi istituzioni finanziarie internazionali, è invisibile: non solo pochissimi ne conoscono nomi e identità, ma la gran parte della gente non è neppure al corrente che siano loro i veri detentori del potere, dato che i più credono che esso risieda nei vari parlamenti nazionali. Parimenti i rapporti sociali rasentano l'invisibilità dato che tra vicini non ci si guarda più nemmeno in faccia e i condomìni e le strade sono diventate un deserto (tranne ovviamente per le occasioni di produzione e di consumo). Invisibili sono diventate anche le guerre, già dal secolo scorso, quando dalla trincea, in cui si spara quasi senza vedersi, si è passati alle attuali guerre "chirurgiche" da videogame senza la possibilità nemmeno di una parvenza di scontro diretto tra uomini o tra mezzi. Invisibili sono pure i meccanismi degli strumenti tecnici che usiamo (elettrodomestici, auto, computer, tv ecc) e su cui non abbiamo alcun potere di intervento, perchè di essi solo gli specialisti conoscono qualcosa, e spesso hanno dei problemi pure loro. Invisibile perchè confuso è in generale il male: nessuna società aveva mai manifestato un contrasto così aspro tra un'esteriorità bella, pulita e ordinata, e un dolore di vivere così diffuso e radicato (pensiamo ai Paesi del nord Europa, alla Svizzera, al Giappone per esempio).

Così come invisibile in fondo è pure la sofferenza stessa, nascosta dentro un'allegrìa fasulla e superficiale, che impedendo lo sfogo, il lamento, il rapporto umano diretto e schietto -schietto nel bene e nel male si intende- finisce per soffocarla ed esasperarla.

All'invisibilità dello spirito e della trascendenza la modernità ha sostituito l'invisibilità sociale e materiale. Il mondo è diventato contorto come la luce che devia attorno all'oggetto, e lo spettacolo a cui assistiamo quotidianamente è quello di un deserto popolato di fantasmi. Anche senza bisogno del mantello dell'invisibilità.

Massimiliano Viviani
(Il Giornale del Ribelle)

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Rassegna dell'insolito e del fantastico

È in distribuzione il n. 7 di "IF Insolito e Fantastico" dedicato alle DISTOPIE, le visioni d’incubo di un futuro possibile. In questo numero Romolo Runcini offre una sua definizione inedita del termine “Distopia”, seguita da un saggio su Aldous Huxley, un’anticipazione tratta dal terzo volume de "La paura e l’immaginario sociale nella letteratura. Il romanzo industriale", di prossima pubblicazione presso l’editore Liguori di Napoli. Carlo Bordoni propone una lettura sociologica de "L’Ultimo degli uomini" di Margaret Atwood, mentre Domenico Gallo analizza l’Anthony Burgess dell’"Arancia meccanica".
Completano la densa sezione saggistica Giuseppe Panella, Gianfranco de Turris e Riccardo Gramantieri, coprendo un percorso che va da George Orwell a Philip Dick, da H. G. Wells a Doris Lessing, da Evgenj Zamjatin a Ira Levin, passando per il "Panopticon" di Jeremy Bentham.
E poi i racconti di Errico Passaro, Renato Pestriniero, Gianfilippo Pizzo, Mario Farneti, Michele Nigro.
Completano questo numero un’intervista a Douglas Preston, rassegne e recensioni di Antonio Daniele, Claudio Asciuti, Vito Tripi, Walter Catalano, Carlo Menzinger e altri.

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